Chianti. La sua genesi si perde nella notte dei tempi, mentre il significato del nome divide gli storici, potrebbe ricondurre a “battito di ali”, a “clamore e suoni di corni” o ancora alla parola etrusca “Clante”. Oggi è un brand rinomato nel mondo, che più toscano non si può, e coinvolge 3mila aziende su una superficie vitata di circa 15.500 ettari, con una produzione totale che si attesta sui 100 milioni di bottiglie. Un vino apprezzato e riconosciuto dagli intenditori, forse perché fin dai primordi le cose si sono fatte seriamente. Sono trascorsi oltre tre secoli da quando, con il Bando di Cosimo III de’ Medici, si sono delineati i confini delle zone vinicole del Chianti. Un disciplinare ante litteram, che conteneva un insieme di regole a tutela del produttore e del consumatore, comminando pene severe ai contraffattori. E così quel vino toscano tanto amato poteva arrivare a tutte le latitudini, diventando motivo di prestigio per il Granduca.
I passi intrapresi negli anni a venire confermeranno il desiderio di continuare in quella direzione e faranno crescere in modo esponenziale la reputazione del Chianti. Prima le indicazioni di produzione vergate da Bettino Ricasoli nell’Ottocento e i suggerimenti dell’Accademia dei Georgofili; poi la costituzione del Consorzio del Chianti nel 1927; a cui seguiranno il Decreto del 1932 che include la parola “Classico” al Chianti; il riconoscimento della Doc nel 1967 e della Docg nel 1984; la denominazione autonoma nel 2010 e la definizione della “Gran Selezione” nel 2014. Ed ora ecco alcune etichette che mi hanno entusiasmato e che voglio condividere con voi, proposte in abbinamento a piatti di cuochi Euro-Toques Italia.
Vigneto Bellavista - Castello di Ama
Varietà: 80% Sangiovese, 20% Malvasia Nera
Forma di allevamento: spalliera verticale con taglio a Guyot semplice
Prezzo medio: 180 euro
Abbinamento consigliato: cacciagione, parmigiana di melanzane
“Filetto di cervo affumicato, crema di porcini, chiodini, prugne e vin brulé” di Luca Marchini (foto: Rolando Paolo Guerzoni)
La prima annata di questo grande vino vedrà la luce nel 1982 grazie al lavoro di Marco Pallanti, preceduta da quattro anni di ricerca che metteranno a fuoco alcune parcelle con caratteristiche pedoclimatiche di assoluto pregio. Quasi 23 ettari con alcuni reimpianti che risalgono al 1974 e che utilizzano negli ultimi anni anche il terrazzamento, più efficace per esposizione e maturazione, dando vita a meno di 6mila bottiglie. Un vino moderno, che rivela freschezza e acidità, con profumi floreali, di viole, mirtillo nero, melograno, tabacco e dopo lungo invecchiamento esprime morbidezza, eleganza, potenza. Un vino di razza, appagante, a tratti muscolare e soave, che sbalordisce per la complessità.
Vigna del Sorbo - Fontodi
Varietà: 100% Sangiovese
Forma di allevamento: Guyot
Prezzo medio: 58 euro
Abbinamento consigliato: selvaggina, formaggi a lunga stagionatura
“Filetto di cervo, salsa ai mirtilli, barbabietole al caffè, grue di cacao, pane alle ghiande in abbinamento” di Stefano Basello
Una delle perle della famiglia Manenti, proprietaria di Fontodi dal 1968, una tenuta a regime biologico certificato, ispirata al più ampio concetto di sostenibilità, che si sviluppa su circa 70 ettari vitati. Le uve sono raccolte a mano su terreni di proprietà, con esposizione a sud-ovest e viti di oltre 40 anni. La maturazione si avvale di barriques di Troncais e Allier per 24 mesi, mentre la vinificazione e l’affinamento in legno hanno luogo all’interno dell’avveniristica cantina, ricorrendo alla gravità dei diversi livelli discendenti. Colore seducente e gran bella struttura, per un vino impattante molto denso, dal corredo aromatico ampio ed evoluto, che gioca con trama e tannini setosi di notevole piacevolezza.
Colonia - Fèlsina
Varietà: 100% Sangiovese
Forma di allevamento: Guyot semplice con 5-8 gemme per ceppo
Prezzo medio: 80 euro
Abbinamento consigliato: gnudi di ricotta, bietole e pecorino, fegatelli con la rete
“Coniglio Ripieno in porchetta su spuma di fegatello e cipolla caramellata” di Emiliano Rossi
Un vino che è la sintesi della dedizione alla ricerca verso nuove forme espressive della famiglia Poggiali, con il nonno Domenico e suo figlio Giuseppe che nel 1966 furono gli iniziatori di questo progetto ripreso dal nipote Giovanni nel 1991. Le prime barbatelle verranno impiantate nel ’93, su terreni ricchi di magnesio, ferro e marna calcarea, la prima raccolta avverrà nel ’97 e la prima annata nel 2006. Un vino dedicato da Giovanni al nonno Domenico che esce in sole 3mila bottiglie numerate. Complesso, con note di terra, spezie, tabacco e sentori di frutti rossi. Un mix di potenza ed eleganza, per un vino molto fine, fatto per invecchiare, che conserva grande acidità, grande freschezza e tannini. È buono subito, ma dà il meglio di sé dopo 4-5 anni.