A Bolgheri, dove “le stelle si allineano”. Con questo claim Marilisa Allegrini ha introdotto la presentazione della nuova referenza di Poggio al Tesoro, la versione in bianco del Sondraia. Stelle che rappresentano quelle dei tersi cieli notturni di questa splendida parte di costa toscana ma anche quelle dei produttori di punta di questa piccola denominazione, capaci di portare i vini di Bolgheri ad essere protagonisti nelle guide di settore e nelle tavole dei ristoranti di tutto il mondo.
Sondraia bianco
La storia di Poggio al Tesoro
Poggio al Tesoro, la dependance bolgherese della famiglia Allegrini, il 15 ottobre di quest’anno festeggerà i 20 anni da quei primi tre ettari acquistati nel 2001 da Marilisa e dal fratello Walter (scomparso prematuramente nel 2003). Oggi gli ettari sono diventati ben 105 di cui 64 vitati, suddivisi in quattro aree e gestiti con giovanile energia dalle figlie di Marilisa, Carlotta e Caterina e la prossima estate sarà pronta anche la nuova guest-house per esportare anche a Bolgheri il proverbiale stile di accoglienza enoturistica di famiglia.
L'esordio del Sondraia Bianco
Nel frattempo in queste settimane, anticipando i festeggiamenti del ventennale, al possente e pluripremiato rosso “Sondraia Bolgheri Superiore”, taglio bordolese di Cabernet Sauvignon, Merlot e Cabernet Franc, fa il suo esordio il primo millesimo, il 2019 del Sondraia Bianco. Vino ottenuto da grappoli scelti di Viognier in purezza, coltivati nella parte bassa del podere Valle di Cerbaia, in un zona più fresca, più vicina alla costa e al ridosso del torrente Livrone, con vigneti poggiati su terreni argillosi con sabbie sciolte e ben drenate che esprimono un bianco elegante e profondo.
Vendemmia notturna, pigiatura a freddo e sosta in acciaio sulle bucce per circa 8 giorni per estrarre al meglio i profumi dei pruinosi acini di Viognier, cui segue la vinificazione suddivisa fra acciaio, legno e anfora. Nel calice il lucente giallo paglierino intenso con riflessi dorati espande note fruttate e floreali (gelsomino ed elicriso) di grande intensità, con agrumato sottile, bella mineralità e sentori macerati non ossidativi. In bocca è ampio, avvolgente e sapido, complesso e bilanciato grazie all’attenta selezione in pianta e all’esperto assemblaggio in cantina del valente enologo Lorenzo Fortini delle parti separate vinificate in acciaio (50%), rovere francese di secondo passaggio (30%) e anfore di terracotta (20%).
Un bianco croccante e verticale, di bella struttura e ottime capacità d’invecchiamento ma fin d'ora godibile. Versatile e da tutto pasto si abbina a piatti di pesce strutturati come il cacciucco livornese o gli spaghetti ai frutti di mare (ma anche ai formaggi caprini e al foie gras). Da sorseggiare anche da solo, con lo sguardo che vaga fra le dune e la macchia mediterranea della Costa degli Etruschi e gli alti e schietti cipressi di San Guido, cari al vate Carducci.