Il turismo stava raggiungendo il suo apice sia a livello italiano che internazionale. Il business volava, la gente si affannava a cercare ogni tipo di esperienza, altri settori cercavano quello del turismo per legarsi e creare sinergie. Di pari paso nascevano sistemi di prenotazione, alloggio, reputazione non sempre così chiari, legali (come avevamo già avuto modo di denunciare), affidabili. Poi, il coronavirus.
La crisi di Airbnb
La pandemia ha cancellato di fatto ogni tipo di spostamento mandando in tilt gli addetti ai lavori. Eppure questa tragedia (sociale ed economica) potrebbe anche rappresentare un punto per ripartire con dei compromessi un po’ più trasparenti.
Abbiamo raccontato del tracollo di Tripadvisor, ma anche Airbnb non se la sta passando bene. In un mondo non sempre chiaro, quello degli affitti brevi, regolamentato a singhiozzo da legge e tassazioni, dove gli accordi virtuali si basano molto spesso sulla fiducia il filo si è spezzato presto e drasticamente.
Avrebbe dovuto essere questo l’anno della quotazione in borsa, il ceo Brian Chesky ancora ci crede, ma le possibilità sono remote. Perché? Perché arrivando alla soglia dell’inaspettata crisi con addosso gli occhi di molti azionisti che ritenevano “cattiva” la gestione dello steso Chesky, caderci in pieno in quella crisi non ha fatto altro che aumentare i sospetti e la diffidenza.
A spingere giù non solo l’economia, ma anche la reputazione di Airbnb, è stata anche la rabbia dei clienti che cancellando le prenotazioni si vedevano rimborsare dagli host solo la metà della somma. Airbnb ha messo una pezza garantendo almeno fino a maggio il rimborso al 100%, ma a questo punto sono stati gli host a ribellarsi perché l’accordo prevede che siano questi ultimi a decidere le modalità di rimborso. Il ceo si è scusato un po’ con tutti e ha chiesto 2 miliardi di dollari di prestito per non affondare, ma i tassi al 10% di interessi sembrano segnare un destino funesto per la piattaforma.
A questo punto però tutta la sharing economy (della quale fa parte Airbnb) viene messa in discussione dopo i fasti degli ultimi anni. O meglio: probabilmente anch’essa come molte altre dinamiche dovrà fare un passo indietro e tornare al senso originario di condivisione come tra vicini di casa, senza per forza puntare a fatturati multimilionari.