Vi siete mai domandati perché il nostro Paese è una delle nazioni più importanti al mondo per la produzione del vino? O perché molti dei Maestri enologi più famosi al mondo sono italiani? Da dove nasce questa nostra attitudine alla produzione e al consumo di vino? Per rispondere bisogna fare una breve introduzione storica, per poi capire come il vino sia diventato parte integrante del Dna degli italiani.
I palmenti di Pietragalla
La storia del vino ha radici profonde e la sua tecnica produttiva ha subito molte evoluzioni nel corso dei secoli, sviluppando tipicità singolari a seconda delle culture e dei territori. Nonostante l’exploit della diffusione della viticoltura e della lavorazione dell’uva in tutte le colonie greche antiche del Mediterraneo, è in Italia che si sviluppa particolarmente questo processo come “arte”, tanto da essere definita nei secoli “Enotria”, patria del vino. Non troviamo infatti altro Paese al mondo che abbia una così vasta varietà e una così alta qualità.
L’Italia, prima di diventare simbolo di questa cultura e di attribuire ai “progettisti” del vino (come enologi e agronomi) il successo del risultato finale, è stata terra di sperimentazione intensiva utilizzando quello che la natura offriva o che gli elementi del luogo concedevano: i mosti venivano anche qui (non solo in Georgia) messi in anfora o interrati in profondità. Quest’ultimo processo ha dato vita alla realizzazione di vasche scavate nella roccia chiamate “palmenti”, che talvolta potevano essere anche al coperto oppure a cielo aperto.
Con il passare delle epoche e con l’affinamento dell’abilità produttiva da parte dell’uomo, i palmenti vennero coperti e progettati per essere costruzioni dedicate alla vinificazione o addirittura inglobate nella costruzione della dimora. In alcune antiche comunità votate a questo tipo di lavorazione si è avviata la costruzione di zone adibite a questo tipo di strutture rurali in raggruppamento, al fine di creare l’opportunità per tutta la popolazione di poter utilizzare le vasche per la pigiatura e la fermentazione: alcuni esempi di questo passato produttivo li troviamo in Liguria, lungo la costa marchigiana e in Versilia, ma è a Sud, in particolare in Basilicata, che troviamo un’importantissima testimonianza.
I palmenti di Pietragalla
Abbiamo visitato la cittadina di Pietragalla (Pz), nel cuore del Vulture, che affonda le sue radici in un lontano passato dove al centro della comunità vi è sempre stata la zona dei palmenti. Oggi vi si trova il Parco dei Palmenti (dove alcuni sono ancora in funzione), ma un tempo era tappa principale e pienamente attiva del ciclo produttivo della sussistenza locale, facendo da punto di collegamento fra il prodotto raccolto a valle e portato alle vasche a schiena d’asino o su bigonce e la parte di affinamento.
Quest’ultimo passaggio merita una menzione d’interesse nella produzione del Colatammurro (il vitigno autoctono di Pietragalla): il vino uscito dal palmento veniva infatti trasportato e messo in botti in luoghi più freschi e ideali per l’affinamento, come le “rutt”: queste cantine-grotta sono spazi ancora oggi visitabili e che si espandono sulle fondamenta del piccolo borgo. Erano frequentate non solo come cantine di affinamento, ma anche come classiche e intime taverne nelle quali bere un buon bicchiere ristoratore alla fine di una pesante giornata di lavoro.
La storia di Pietragalla è davvero un gioiello nella memoria del nostro Paese e il sindaco
Paolo Cillis sta valorizzando questo passato per scrivere il futuro turistico del territorio, dando continuità ai valori produttivi e tramandando le tradizioni della sua terra alle generazioni di più giovani. Motivo per cui noi “innamorati” di maestria e vino abbiamo deciso di accettare la sfida di far conoscere prima e valorizzare poi questo sito straordinario.
Helmuth Köcher e Paolo Cillis
Le nostre iniziative di supporto al sindaco cercando un “ritorno alle origini” sono arrivate alle orecchie di innumerevoli tecnici e guru del mondo del vino internazionale, focalizzando l’attenzione sulla scoperta della storia produttiva di questa cittadina e sul suo Colatammurro. Un esempio di personaggio illustre del settore è stato
Helmuth Köcher che, visitando Pietragalla accompagnato dalla nostra “ambasciatrice” del territorio Antonietta Tummolo, non ha potuto non rimanerne affascinato definendola «un’impressionante scoperta».
Ne siamo sempre più convinti: nei nostri territori c’è davvero molta Maestria ancora da valorizzare. Credo che sia chiaro ora perché noi italiani viviamo il vino in modo così speciale e perché siamo diventati tra i migliori al mondo nel produrlo: sono centinaia di anni che i nostri avi studiano, sperimentano e lavorano la vite per offrire il miglior prodotto possibile. Teniamo questo concetto ben presente quando acquistiamo una bottiglia di vino, attribuendo a questa antica Maestria il giusto valore.