L’industria distillatoria italiana incarna l’essenza della sostenibilità e dell’economia circolare. È quanto emerge dal report di sostenibilità di AssoDistil, associazione che da oltre 70 anni riunisce, rappresenta e tutela le principali realtà del settore della distillazione italiana. Ad AssoDistil attualmente aderiscono infatti più di 60 aziende che coprono circa il 95% della produzione nazionale di acquaviti e di alcole etilico prodotto da materie prime di origine agricola.
E tra gli obiettivi prioritari che il sodalizio e le aziende associate si pongono c’è quello di promuovere i temi dell’economia circolare e della sostenibilità i cui moderni schemi produttivi del settore rappresentano un indubbio esempio virtuoso.
Obiettivi messi nero su bianco nell’ultimo Report di sostenibilità, un documento che fotografa l’andamento 2020 e 2021 dei principali indicatori della sostenibilità ambientale e sociale. Abbiamo quindi chiesto a Sandro Cobror, direttore generale del sodalizio, di tracciare la panoramica di un comparto che continua a investire nell’innovazione nonostante le difficoltà causate proprio dall’aumento dei costi energetici.
Sandro Cobror, direttore di AssoDistil
Le distillerie, esempio virtuoso di sostenibilità
Le distillerie rappresentano un esempio di circolarità: massima valorizzazione delle materie prime e seconde, efficienza energetica ed economia circolare sono i tre fattori principali che permettono alle aziende distillatorie di essere sostenibili dal punto di vista economico e ambientale.
È quanto emerge dall’ultimo rapporto di Assodistil legato alla sostenibilità dell’intero settore distillatorio. Particolare rilievo è stato dato all’analisi della sostenibilità ambientale con approfondimenti su consumi energetici, emissioni in atmosfera e gestione dei residui di processo e dei rifiuti.
La produzione di energia incarna infatti uno degli elementi più innovativi dell’industria distillatoria. Dallo studio è emerso infatti che la percentuale di energia rinnovabile autoprodotta dalle distillerie risulta essere più che doppia (63,5%) rispetto alla quota di energia fossile acquistata sul mercato (31,5%).
«È innegabile che anche il nostro settore, essendo energivoro, abbia subito drasticamente gli aumenti spropositati dell’energia, in particolare del gas - ha premesso Sandro Cobror, direttore di Assodistil - La distillazione richiede infatti un imput energetico molto elevato. Ma non solo, abbiamo visto accrescere considerevolmente in questi anni anche costi legati ad altre fasi della produzione, come quello del vetro necessario a produrre le bottiglie. Ma per fortuna da tempo dal punto di vista energetico, le nostre aziende hanno cercato di fare di necessità virtù trovando dai residui della lavorazione l’energia necessaria per produrre biocarburanti. Mi riferisco in particolare al biogas ottenuto dalle vinacce e dalle fecce, ma anche al bioetanolo ottenuto sempre dagli stessi sottoprodotti».
In questo caso si tratta in gergo tecnico di un biocarburante avanzato, cioè di un biocarburante che associa alle elevate capacità di ridurre le emissioni il fatto di derivare da sottoprodotti e quindi di non confliggere con la catena alimentare.
Dai residui della lavorazione si produce biogas
Elementi che lo rendono quindi particolarmente virtuoso e circolare. «L’autoproduzione di energia termica ed elettrica da residui di lavorazione consente di minimizzare l’acquisto di energia dal mercato e ridurre l’impatto ambientale e il costo energetico per le imprese, che altrimenti sarebbe eccessivamente oneroso a causa del notevole input energetico necessario nei processi di distillazione, in particolare negli ultimi mesi in cui il prezzo del metano ha raggiunto valori molto elevati - ha ripreso Cabror - Ma oltre alla produzione di bioetanolo le aziende del comparto in questi anni hanno investito molto nella produzione di energia rinnovabile attraverso i pannelli fotovoltaici. E così dal 2018 al 2021 la produzione di energia elettrica a zero emissioni è cresciuta del 300%».
Le varie percentuali di energia usate dalle distillerie
Si riduce anche il consumo dell’acqua
L’acqua è un elemento essenziale nella produzione dei distillati in particolare utilizzata sottoforma di vapore e visto che l’industria ne consuma parecchia il comparto ha cercato da tempo di ridurre gli sprechi. «Nell’ultimo biennio abbiamo assistito a una forte contrazione degli sprechi idrici - ha spiegato Cobror - Alcune aziende hanno iniziato a riciclare l’acqua utilizzata nelle lavorazioni arrivando in alcuni casi anche al consumo zero».
Le risorse idriche usate nel processo produttivo provengono principalmente da fonti sotterranee e da fonti di terze parti, mentre si ricorre in misura inferiore alle fonti idriche di superficie. Le acque utilizzate dall’industria distillatoria italiana vengono opportunamente trattate affinché acquisiscano un livello di qualità tale da permettere lo smaltimento negli impianti di depurazione idrica civili. L’immediata conseguenza dell’oculata gestione delle risorse idriche è il contenimento dei consumi di acqua registrato negli ultimi anni, da 1.904.300 metri cubi utilizzati nel 2018 si è arrivati a 1.672.900 metri cubi del 2021.
Risorse idriche usate dal 2019 al 2021 in metri cubi
Un packaging sostenibile
L’approccio anti-spreco dell’industria distillatoria italiana si riflette anche nella gestione dei materiali da confezionamento e dei rifiuti. Nonostante la scelta dei materiali usati è già orientata verso soluzioni riciclabili e sostenibili come vetro, sughero, legno, alluminio e carta, si registrano investimenti da parte di alcune aziende associate per trovare soluzioni innovative che possano ridurre l’impatto ambientale del packaging. Ad esempio, l’utilizzazione della vinaccia esausta pressata come tappo, della carta di fiori come etichetta, oppure il primo prototipo di bottiglia realizzata integralmente con materiali ecosostenibili sviluppata da AssoDistil assieme a primarie aziende del comparto packaging.
La gestione virtuosa dei rifiuti
Nel caso della gestione dei rifiuti, osservando il report è possibile affermare che la circolarità dell’industria distillatoria ne implica una produzione molto modesta, o quasi nulla in alcuni casi grazie a un’attenta differenziazione dei rifiuti. È interessante notare come il quantitativo di rifiuti non recuperati rappresenti solo lo 0,22% della materia prima alimentata (circa 1.850 tonnellate all'anno rispetto a una materia prima in ingresso di circa 900 mila tonn/a).
Materiali e rifiuti prodotti nel biennio 2020-2021
Nello specifico i rifiuti del settore risultano essere: 85,7% rifiuti non pericolosi destinati al recupero e riciclo, 13,7% rifiuti non pericolosi destinati allo smaltimento, 0,6% rifiuti conferiti in discarica non recuperabili e assimilabili ai rifiuti pericolosi, una quota marginale nonostante nel biennio il dato sia affetto dalla dismissione da parte di alcune distillerie di attrezzature obsolete.
Per Cobror il prossimo passo per spingere ulteriormente in alto l'asticella della sostenibilità sarà quindi quello di «ridurre drasticamente le emissioni di gas serra, cosa che alcune grandi aziende già stanno cominciando a fare», ha spiegato il direttore generale di AssoDistil.
Occupazione: tiene in settore nonostante la difficile congiuntura
Il report di sostenibilità non si ferma solo agli ambiti economici e ambientali, ma dà un quadro anche della sostenibilità del comparto da un punto di vista sociale. Emerge che dal punto di vista occupazionale, nonostante le difficoltà del biennio 2020-2021, il settore ha garantito la tenuta occupazionale.
«Nel periodo pandemico la diversificazione della produzione è stata una delle armi vincenti - ha ripreso Cobror - Non solo per il mantenimento dei livelli occupazionali del settore, ma anche per garantire, attraverso la produzione di alcol etilico, l’offerta di disinfettanti e sanificanti, destinati in alcuni casi anche a iniziative benefiche a sostegno della popolazione e di enti impegnati nella battaglia contro il covid. Responsabilità delle distillerie italiane è di preservare il forte radicamento con il territorio e garantire il rapporto con le comunità locali. Il territorio rappresenta non solo la collocazione geografica delle aziende, ma proprio il loro carattere distintivo. Infatti, nonostante molte distillerie a livello nazionale producano lo stesso tipo di prodotto, questi si differenziano poi per caratteristiche che sono espressione del territorio da cui provengono. Ed è anche per questo legame con il territorio che le imprese si impegnano in azioni di mitigazione e contenimento delle emissioni con investimenti sia sul fronte della riduzione delle emissioni in atmosfera e sia sul fronte dell’ampliamento degli impianti di trattamento delle acque reflue».
Impianto di distillazione