«Nel settore dei vini di lusso l'Italia è cresciuta molto negli ultimi anni, ma a mio parere c'è ancora tanto da fare. Anche perché il potenziale è enorme, ma non è ancora stato sfruttato al meglio». Parole di Alessandro Marzotto, brand manager di Cà Maiol, storica e iconica tenuta vinicola in Lugana e business developer per diversi brand del Gruppo Santa Margherita, una delle realtà enologiche più importanti d’Italia, fondata dal Conte Gaetano Marzotto nel 1935. Ancora oggi il Gruppo è nelle mani della famiglia Marzotto, di cui Alessandro Marzotto rappresenta la quarta generazione.
Per Alessandro Marzotto, intervenuto durante il convegno Luxury Hospitality Conference, che si è svolto nei giorni scorsi a Milano, nel settore del vino di lusso l'Italia ha bisogno di crescere ancora per primeggiare a livello mondiale. Come? Facendo rete tra le aziende del settore. L'occasione è servita anche per intervistare il manager di Santa Margherita e fare il punto sul mercato del lusso in Italia e su quali direzioni sta prendendo il Gruppo dal punto di vista del settore vitivinicolo.
Alessandro Marzotto
Alessandro Marzotto, com'è la situazione del vino di lusso italiano nel mercato mondiale?
Il settore nel nostro Paese negli ultimi cinquant'anni ha vissuto una trasformazione epocale. A livello qualitativo è infatti cresciuto moltissimo e oggi a mio parere potrebbe competere a pari merito con la Francia, regina del settore. Peccato che a livello di listini i vini italiani siano a oggi molto penalizzati. A livello mondiale nella classifica dei migliori mille vini l'Italia ha soltanto 100 etichette e di queste ce ne solo solo 15 nella top 100 e nessuna nella top 50. Il potenziale è altissimo, ma la strada da compiere in questo settore è ancora tanta.
Cosa manca al settore del vino di lusso italiano per primeggiare?
È ancora molto carente nella comunicazione. In particolar modo nella capacità di fare story telling, ovvero di saper raccontare la peculiarità dei rispettivi prodotti. Prodotti che a livello vinicolo e agroalimentare sono delle vere e proprie unicità del nostro Paese. Per fortuna c'è Alta Gamma (Fondazione che riunisce i marchi di lusso italiani ed è composta da aziende nei settori del design, della moda, dell'alimentazione, della gioielleria, delle automobili e dell'ospitalità, ndr), che ci supporta a livello mediatico. Ma è comunque necessario fare di più. Ovvero le aziende italiane devono saper fare "massa critica", devono saper fare rete. I francesi lo hanno saputo fare già da tempo e anche per questo stanno primeggiando in questo settore.
In che direzione si sta muovendo il mercato del lusso in Italia?
In questi anni e poi c'è stata una forte spinta legata all'innovazione. In particolare, nel settore vitivinicolo si sente molto l'esigenza di esaltare e valorizzare i prodotti unici che è in grado di fornire il nostro territorio. Per farlo, come ho detto, è necessario lavorare molto anche sulla comunicazione, saper fare story telling, raccontare al cliente queste unicità di modo che possa scoprirle e apprezzarle. Tra l'altro l'innovazione e la capacità di comunicare le proprie peculiarità si applicano anche nel settore dell'enoturismo. Il nostro Gruppo ha una decina di cantine che si stanno aprendo sempre di più al pubblico e abbiamo quindi cercato offrire al cliente delle esperienze immersive uniche, basate sulle diverse tipologie di strutture. Allo stesso tempo abbiamo cercato un approccio di accoglienza innovativo, di tipo alberghiero, per essere sempre più efficienti. In sintesi, al giorno d'oggi bisogna essere in grado di valorizzare i propri prodotti e i servizi, saperli comunicare e puntare sull'innovazione; è una sfida da vincere quotidianamente per riuscire a stare al passo di un mercato in continua espansione ed evoluzione.
Come si sta evolvendo la domanda nel mercato del lusso?
Una volta i nostri clienti erano in preferenza cinquantenni anglosassoni; adesso restano predominanti nel numero, ma si sono affacciati sul mercato anche molti giovani, provenienti in larga parte dall'Asia Pacific (Australia inclusa). Quindi si tratta di persone con bagagli culturali differenti. Sono così cambiati tanti aspetti nel nostro settore legati al mercato del lusso. Pensiamo alla capacità di fidelizzare il cliente, di affezionarsi al brand. Una volta era più facile farlo, adesso ci sono molte più variabili, la gente vuole essere più consapevole nelle scelte e quindi vuole essere più informata. Quindi c'è bisogno di molta più comunicazione. Alle aziende si chiede inoltre di essere sempre di più sostenibili, ma per evitare che questa parola si svilisca e diventi vuota bisogna fare scelte coerenti e poi essere anche in grado di comunicarle.
L‘intervento di Alessandro Marzotto a Milano alla Luxury Hospitality Conference
In che direzione si stanno focalizzando gli investimenti del vostro Gruppo?
Abbiamo cercato di portare sullo stesso livello tecnologico e qualitativo tutte le nostre aziende. In particolare ci siamo concentrati sulle nostre ultime acquisizioni, Cantina Mesa (azienda di Porto Pino, fra le realtà più note del Sulcis sardo, ndr) e Cà Maiol (celebre azienda vinicola Bresciana, capofila del Lugana Doc, ndr). Abbiamo investito molto anche nell'enoturismo per rendere le nostre cantine sempre più ospitali e ricettive. Adesso stiamo lavorando molto nel settore della comunicazione per poterle posizionare al meglio sul mercato. Invece, a livello di acquisizioni, ultimamente, oltre a monitorare la situazione in Italia abbiamo iniziato a guardare anche all'estero (il Gruppo a inizio 2022 ha comprato la maggioranza della tenuta americana Roco Winery in Oregon, ndr).
Quali sono gli interventi più significativi del vostro Gruppo in termini di sostenibilità?
Il nostro cammino da questo punto di vista è iniziato una decina di anni fa, in occasione della precedente crisi energetica, che tra l'altro è stata decisamente meno grave di quella odierna. Avevamo preso la palla al balzo per diventare sostenibili dal punto di vista energetico e siamo di fatti diventati praticamente autosufficienti (esempio lampante è quello di Villanova, la più grande fra le cantine di vinificazione di Santa Margherita, che ha un impianto fotovoltaico sul tetto largo ben 2mila metri quadrati, ma ha anche una centrale a biomasse, ndr). Non sembra, ma anche le aziende vitivinicole, specialmente quelle che producono vino bianco, in alcuni periodi dell'anno sono a tutti gli effetti delle aziende energivore.
Quali sono le criticità più evidenti che state affrontando causate dalla crisi energetica e del caro materie prime?
I problemi maggiori li hanno avuto i nostri fornitori; in particolare i produttori di bottiglie, ma più che altro a causa dell'effetto Covid. Le aziende avevano ridotto la produzione e oggi stanno facendo fatica a tornare a regime, nonostante la domanda sia altissima. Alcune fabbriche hanno invece chiuso o hanno tagliato le esportazioni e il vetro ha quindi iniziato a scarseggiare. Di conseguenza il numero di bottiglie sul mercato si è drasticamente ridotto. Ma anche la carta e i cartone hanno iniziato a ridursi. Ma non solo, oltre alla penuria abbiamo assistito anche all'aumento del costo delle materie prime. Per ora ce ne siamo fatti carico senza ritoccare il prezzo delle nostre bottiglie, ma temo che questa politica non potrà continuare a lungo. In ogni modo, finora il mercato del vino di lusso è riuscito a resistere alla contrazione della domanda che inevitabilmente c'è stata in altri settori a causa dell'inflazione e del caro energia.
Come sta andando invece la vendemmia?
Sta procedendo a macchia di leopardo, in alcune zone è già terminata, mentre in altre deve ancora iniziare; d'altronde abbiamo cantine sparse un po' in tutta italia. In linea di massima ci aspettiamo una vendemmia buona. La siccità ha evitato, per esempio, che le piante soffrissero delle malattie causate dall'eccesso di acqua. Abbiamo al tempo stesso dovuto irrigare le nostre viti per evitare di danneggiare le piante e per farlo ci siamo avvalsi dei più moderni sistemi di irrigazione per sprecare la minor quantità di acqua.