Tra “Osservatorio del Vino” e tavoli vari, di vino, non c’è che dire si fa un gran parlare. Ma al di là delle parole al momento si vedono pochi fatti, poche decisioni che confermino i tanti bei discorsi che si sono sentiti soprattutto negli ultimi tempi. Per provare a fare chiarezza e a capire davvero a che punto è il mondo enologico italiano, abbiamo avuto piacevole ed interessante conversazione con Antonello Maietta, presidente Nazionale dell’Ais, Associazione Italiana Sommelier.
Differenziare le vendite per sopravvivereCiao, caro Antonello. Sto notando che un giorno sì e l'altro pure, si possono leggere notizie inerenti al mondo del vino. Si contrabbandano per novità eclatanti trend preesistenti alla pandemia. La pandemia li ho solo catalizzati. Parlo dell'offering nella Gdo, del ruolo dell'enoteca per l’edutainment, dell'e-commerce e della crisi di posizionamento del canale horeca. Tu, nel tuo ruolo di presidente Nazionale Ais, come vedi tutto ciò, qual è la tua opinione?Lungi dall'idea che la pandemia possa essere stata un'opportunità, come spesso si legge, perché solo di sciagura si tratta, possiamo dire con certezza che ha accelerato un processo già in corso, facendo emergere anche dei lati inesplorati in tutti i campi, compreso il settore enogastronomico quindi.
Prima di addentrarci nello sconfinato mondo del vino, una battuta sulla vostra professione di sommelier. In Francia i vostri colleghi si sono esposti chiedendo di essere priorità per i vaccini perchè perdere gusto e olfatto danneggia il lavoro. Lei cosa ne pensa?Penso che sia una bella idea, ma irrealizzabile almeno in Italia. Sarebbe sicuramente utile per noi perchè effettivamente ho sentito di colleghi penalizzati, ma prima ci sono vite da salvare. La perdite di due sensi è temporanea e passeggera, la perdita della vita è definitiva.
Facciamo così, Antonello. Teniamo fermo il vino, come se fosse il sole e gli facciamo girare intorno i pianeti. Tu, per ciascheduno di essi mi dici come vedi scenario e trend. Cominciamo dal pianeta produttoriI produttori hanno compreso che, come in tutte le attività economiche, è fondamentale saper differenziare il proprio target di riferimento, soprattutto per le realtà di dimensioni medio/grandi. Un produttore che realizza 10mila bottiglie è sempre in grado di controllare il suo mercato, ma già su dimensioni di 100mila bottiglie (una media molto vicina alla realtà del nostro paese) devi pensare che non tutte possono andare nell'horeca, perché se qualcosa scricchiola sono guai.
La Gdo non è un male se gli accordi sono chiari, l'e-commerce non fa arrabbiare i tuoi clienti che hanno l'enoteca se i rapporti sono corretti. Infine, puoi scoprire che i visitatori della tua cantina non sono degli scocciatori che interrompono la tua quotidianità, ma sono denaro fresco e immediato, nonché ambasciatori formidabili della tua realtà.
Tocchiamo un punto importante: l'enoturismo. Quale valenza strategica gli riconosci?Sull'enoturismo, noi come Ais abbiamo iniziato a parlarne almeno vent'anni fa, poi il dibattito è diventato sempre più serrato, fino a dedicargli in nostro ultimo Congresso Nazionale (purtroppo 2019 perché il 2020, che doveva caratterizzare e illustrare nei dettagli una figura professionale come la vediamo noi, è saltato). Occorre a nostro avviso una figura di riferimento per le aziende medio grandi, ma anche i piccoli devono comprendere, come sta avvenendo, che il loro ruolo è fondamentale non solo per vendere una bottiglia di vino, ma per raccontare l'intero territorio. Gli appassionati oggi sono assetati non solo di vino, ma soprattutto di conoscenza, e insieme al vino gli puoi vendere le bellezze che ti circondano.
Altro pianeta: Gdo e dettaglio specializzatoA mio avviso
due scelte di acquisto che non devono essere viste come alternative, ma complementari. Considerando che oggi la Gdo è in grado di poter proporre (e ne ha la forza) qualunque tipologia di vino di qualunque cantina, anche di quelle più restie a vendere direttamente, perché... le vie del vino sono infinite, oggi dal dettaglio specializzato ci si aspetta appunto... specializzazione, ossia proposte più mirate, selezionate e possibilmente originali. Inoltre, il grande vantaggio del dettaglio è il dialogo con il cliente. Anche chi è già sufficientemente formato apprezza i suggerimenti e il confronto con il suo rivenditore preferito, con cui stabilisce un rapporto di fiducia, circostanze impossibili per la Gdo, che sa benissimo che oggi il suo tallone d'Achille sul vino di fascia medio alta è la mancanza di stabilire con il cliente un rapporto socializzante, tanto è vero che sta rincorrendo con qualche fugace apparizione di sommelier tra gli scaffali oppure il surrogato di un "sommelier virtuale" con un totem dove digiti il piatto che hai in mente e lui ti suggerisce le migliori opzioni.
Antonello MaiettaEd eccoci al pianeta, particolarmente sorvegliato: Horeca, con la "Re" in primo pianoUn settore che soffriva già prima della pandemia, perché negli ultimi vent'anni c'è stato un proliferare di aperture e di insegne, le più variopinte possibili. C'è stata anche molta improvvisazione, perché bastava avere la mamma, la moglie o la zia che cucinava bene per aprire un locale. Oggi i nodi sono venuti al pettine, è triste dirlo ma probabilmente una selezione naturale potrebbe dare ossigeno al settore e nuova linfa. Però non devono essere penalizzati quelli che hanno lavorato bene, ma hanno avuto poco accesso al credito o ai cosiddetti ristori. La discriminante non deve essere la forza economica, bensì la serietà e la qualità della proposta, altrimenti è un gioco al massacro che non agevola il cliente finale.
Mi dici, caro Antonello, a proposito di ristorazione perché a tuo avviso non viene presa in considerazione la modalità del conto vendita? Io penso che ci si arriverà... ma perché così lentamente? Quali gli ostacoli?A mio avviso si tratta soltanto di una forma mentale da scardinare, ma ci arriveremo. Il produttore dovrà riflettere sul fatto che se le bottiglie sono sugli scaffali dell'enoteca oppure nelle carte dei vini dei ristoranti potranno avere una maggiore opportunità di promozione o di vendita rispetto che trovarsi al "buio" (in tutti i sensi, perché pochi le vedono) della sua cantina. Gli aspetti fiscali e gestionali sono facilmente risolvibili, ma il problema vero potrebbe essere rappresentato dalle modalità di conservazione presso i locali, che non sempre sono le migliori. Se poi mi rendi le bottiglie di vino che non hai venduto, ma le hai conservate male, che si fa? Anche qui dovrà prevalere la specializzazione dell'esercizio.
Caro Antonello, nella tua carica di presidente Ais, una tua previsione: come sarà questa estate per il vino italiano?Una delle frasi più belle che abbiamo sentito in questo periodo è stata "nessuno si salva da solo". Occorre per forza un patto solenne, anche senza contrattualizzarlo, magari la sana ed efficace stratta di mano del passato, che aveva un valore morale più alto dello stesso pezzo di carta siglato. Un rapporto più serio e diretto, dove ciascuno rispetta il lavoro altrui. Sarà un sogno?
Se sarà solo un sogno allora... non si salva proprio nessuno. Un'ultima domanda molto impegnativa: è quasi ora di pranzo. Non ti chiedo cosa pranzi, ma ti chiedo cosa ci sarà nel caliceLa pandemia ci ha fatto scoprire lati poco noti del nostro bellissimo Paese. Le mie radici sono in Irpinia, ad Atripalda per la precisione. Il Taurasi è uno dei vini del mio privilegio, però con la bella stagione ho scoperto un rosato di Milena Pepe (Tenuta Cavalier Pepe) che si chiama “Vela Vento Vulcano Irpinia rosato Doc dedicato a Napoli e al suo Golfo, da uve aglianico, che si beve meravigliosamente. Del resto, è appena arrivata una mozzarella di bufala...
Buon appetito, insomma!Ah, l’appetito non ci manca, caro Vincenzo. Vorrei ringraziare tutti quelli che come voi sono impegnati nella comunicazione, perché avete tenuti accesi i riflettori su un settore che sta soffrendo. Grazie di cuore.
Prosit !