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Gli stagionali del turismo: “Ecco perché è difficile lavorare in Sardegna”

Dopo aver dato voce agli imprenditori, ora parla l'altro lato della medaglia: dipendenti, sindacati e insegnanti dicono la loro sulle difficoltà dell'isola nel reperire forza lavoro

 
16 marzo 2022 | 16:58

Gli stagionali del turismo: “Ecco perché è difficile lavorare in Sardegna”

Dopo aver dato voce agli imprenditori, ora parla l'altro lato della medaglia: dipendenti, sindacati e insegnanti dicono la loro sulle difficoltà dell'isola nel reperire forza lavoro

16 marzo 2022 | 16:58
 

In un articolo pubblicato pochi giorni fa abbiamo affrontato lo spinoso tema del lavoro stagionale che, soprattutto nelle aree ad alta vocazione turistica come la Sardegna, manca nella sua forza lavoro. L’indagine ha interessato imprenditori e rappresentanti di associazioni di categoria, che hanno fatto emergere preoccupanti segnali ed un futuro allarmante. Leggi avverse, forme contrattuali penalizzanti, formazione scadente, emigrazione, sono le voci che si sono ripetute nelle varie dichiarazioni. Di altrettanta importanza si sono rivelate ragioni che si rifanno sull’aspetto sociale, con una nuova generazione che avrebbe “perso” il significato intrinseco del lavoro, per cui una mancanza di motivazioni, di entusiasmo e di volontà di affermazione. 

Ora, con questo nuovo articolo, abbiamo dato voce a coloro che stanno dall’altra parte della barricata, lavoratori, sindacati, insegnanti.

Stagionali in Sardegna: la storia di Alessandra Abeltino 

Alessandra Abeltino è originaria della Gallura e, nonostante la sua giovane età, ha esperienze su entrambe i fronti, come dipendente e come imprenditrice. «Mi sono diplomata all’Istituto Tecnico Industriale di Tempio Pausania - ci racconta Alessandra - ed ho iniziato a lavorare in Costa Smeralda, nell’ufficio amministrazione di una delle più importanti strutture ricettive di Porto Cervo. È stata un’esperienza di grande formazione professionale che mi ha avvicinato al mondo dell’élite, dove le regole sono ferree, fortemente impegnative ma perfette per chi ha volontà di crescere ed imparare». 

In seguito, per la sua fame di conoscenza, Alessandra ha voluto confrontarsi con metodi e logiche diverse, lavorando alle dipendenze di altri settori merceologici, per poi decidere di mettersi in gioco in prima persona. «Ho preso in gestione il bar principale del mio paese, Sant'Antonio di Gallura - continua Alessandra - e con la mia famiglia lo abbiamo tenuto per qualche anno, un’esperienza importante che mi ha fatto vedere anche l’altro lato della medaglia, quella che da dipendente mi sfuggiva». 

 

 

Racconta di aver vissuto così in prima persona le problematiche dipendenti dalla burocrazia e dalle leggi che si modificano continuamente e, quasi sempre, a sfavore dell’impresa che, inevitabilmente, si riflette sul lavoro dipendente. Lasciata l’esperienza imprenditoriale, Alessandra torna alle dipendenze di un locale di ristorazione sempre in Costa Smeralda, accompagnata dalla lacuna di una insufficiente conoscenza della lingua straniera che, in una realtà turistica internazionale come la Sardegna, la penalizzava. Decide così di partire per Londra. «Trovo lavoro in una casa londinese, impiegata in tante mansioni, compresa la custodia dei figli - spiega Alessandra - e da quel giorno ho capito il motivo per il quale tanti giovani scelgono di lasciare l’Italia. Altri compensi, ampia scelta e burocrazia ridotta al minimo». 

Sottolinea che la regola che deve seguire la scelta di espatriare è la volontà di impegnarsi e lavorare seriamente. «Non si può prescindere da questo - conclude Alessandra - e bisogna pensare che si è lì per quello. Andare con l’idea di fare serate e di divertirsi tra amici, è garanzia di un’esperienza fallimentare. In caso contrario, invece, si cresce tanto e in fretta, ed è consigliabile a tutti». 

Alessandra Abelti 

Alessandra Abeltino

La voce di chi il turismo lo insegna 

Dopo aver appurato che alla base, ovunque ci si trovi, serve una decisa e convinta volontà di rispondere alle esigenze imposte dal lavoro, abbiamo incontrato Francesco Giorgioni e Umberto Ferrigno.

Francesco insegna all’istituto alberghiero di Arzachena che forma, ogni anno, numerosi studenti per inserirli nel settore turistico. «Se il mercato del lavoro nel settore turismo ha difficoltà a trovare in loco un numero sufficiente di addetti - ci spiega Giorgioni - le cause sono svariate e di natura diversa. Al primo posto metterei la sempre più ridotta durata di apertura delle attività. Fino ad una decina di anni fa la stagione turistica in Costa Smeralda e dintorni, iniziava a Pasqua e da quella data decorrevano i primi contratti dei lavoratori stagionali. Un anno dopo l’altro, l’apertura degli alberghi è slittata sempre più avanti, fino ad arrivare a fine maggio o agli inizi di giugno, e anche la chiusura veniva anticipata, riducendo la durata delle assunzioni. Per molti dipendenti del settore queste condizioni non erano sostenibili e non restava che cercare alternative al di fuori della Sardegna, in realtà dove la stagionalità è meno estrema».

Questa è una delle ragioni che hanno portato forze lavoro al di là dell’isola. Francesco Giorgioni però affronta un altro aspetto molto interessante che esce dalle logiche strettamente lavorative e relazionali. «Vi è poi una questione di carattere, per così dire, sociologico - precisa Giorgioni - I giovani di una volta vedevano la prospettiva di un impiego in un albergo o in un ristorante della Costa come una grande opportunità, un trampolino di lancio verso una carriera che poteva realizzarli e offrire importanti occasioni di affermazione. I tempi sono cambiati e forse questo appeal non risulta più così trascinante, mentre è diminuita la disponibilità al sacrificio e a certe rinunce che il lavoro nel settore turistico impone». 

Questo aspetto portato in luce da Giorgioni è alquanto spinoso, capace di accendere gli animi di chi, soprattutto sui social, pensa che le responsabilità di determinate situazioni si collochino solo ed esclusivamente dalla parte dell’impresa, della formazione, dei contratti di lavoro. «Personalmente, come docente della scuola alberghiera di Arzachena - conclude Giorgioni - posso anche affermare che la quasi totalità dei ragazzi ha possibilità di iniziare a lavorare quasi subito, ma che una buona parte di loro coltiva la legittima ambizione di poter mettere a frutto quanto imparato in contesti diversi da quello sardo, anche per un comprensibile desiderio di mettersi in gioco». 

Torniamo alle esperienze all’estero o in altre aree italiane dove il turismo è espressione di un mercato di alto livello, sia nella qualità dell’offerta che nella programmazione

Francesco Giorgioni 

Francesco Giorgioni

Azioni precise e mirate per istruzione e formazione

Umberto Ferrigno insegna una materia professionale specifica per chi ha scelto il turismo come mestiere. Lo abbiamo intervistato perché opera fuori dall’isola, all’interno di uno dei più storici e qualificati istituti a livello nazionale, Il Filangieri di Cava de' Tirreni, in provincia di Salerno. Inoltre Ferrigno ricopre anche un ruolo istituzionale, in quanto consigliere comunale e, nell’ultima tornata, anche candidato sindaco del Comune porta d’ingresso alla Costiera Amalfitana. «La scuola oggi ha bisogno di rivedere le regole basilari - inizia Ferrigno - non a caso è stata reintrodotta nel percorso didattico curriculare l’Educazione Civica, materia di notevole importanza nella formazione degli studenti».

Educazione Civica è una materia introdotta nel 1958 da uno dei padri della Repubblica, Aldo Moro, e soppressa inopinatamente nel 1990. Chiediamo però a Ferrigno di entrare più nel merito circa la formazione del settore turistico-alberghiero, dei suoi meriti e delle sue eventuali criticità. «Ritengo che il problema venga da lontano - riprende Ferrigno - proprio dalle diverse riforme della scuola, tanta burocrazia e progetti finalizzati solo per elargire qualche soldo allo staff della scuola… Va inoltre ricordata la riforma degli istituti professionali alberghieri che ha eliminato le ore di laboratorio delle discipline caratterizzanti, ossia enogastronomia, vendita del prodotto e accoglienza turistica, con tutte le varie derivazioni, quali arti bianche, pasticceria etc…». 

Non va per il sottile il docente di Cava dè Tirreni, tipico di chi un mestiere lo svolge con il senso della missione. E chi può ignorare che l’insegnamento non sia una professione di grande responsabilità e valore per la costruzione di una società virtuosa? E che quindi ha in sé una forma di missione? «Cosa ancora più grave è che in molti istituti non sono stati programmati i percorsi di istruzione e formazione professionale (Ie FP) - continua Ferrigno - attraverso i quali si garantiva all’allievo un monte ore di attività pratica laboratoriale dei tre indirizzi sopra citati, con conseguimento di qualifica specifica». 

 

 

Nelle sue parole Ferrigno esprime tutta la passione che mette ogni giorno al servizio dei suoi studenti, per cui prosegue: «inoltre le attività di Asl rimodulate in Pcto (tirocini scuola lavoro) non hanno prodotto alcun risultato, anzi hanno allontanato spesso gli apprendenti dal settore alberghiero perché gestiti, in taluni casi, come una sorta di lavoro nero o sfruttamento».

E qui si torna alla triste realtà della contrapposizione lavoratore-imprenditore che Ferrigno però affronta mettendo in luce tutte le svariate responsabilità. E come sempre lo fa senza mezze misure. «La verità è che oggi parte degli studenti ammette candidamente che non sceglie questa scuola per il mestiere del futuro, ma piuttosto perchè il percorso di studi è più agevole o solo per adempiere all'obbligo scolastico - afferma Ferrigno - e allora è venuto il tempo da parte delle istituzioni scolastiche, dei sindacati, degli imprenditori di fare quadrato con una linea univoca e condivisa. Probabilmente questa è l’unica via per riprendere una filiera culturale capace di rispondere alle esigenze di tutti, studenti, lavoratori e imprenditori, anche attraverso una formazione basata su contenuti comunicativi e pratici». 

Conclude il suo intervento spiegando come questo problema riguardi l’intera nazione e che la soluzione va affrontata immediatamente, con azioni precise e mirate, proprio iniziando dall’istruzione e dalla formazione.

Stagionali e sindacati: parla la Cisl 

Entriamo ora nel mondo del sindacato e lo facciamo con la Cisl. La Cisl di Olbia opera nel centro nevralgico della Sardegna, quella Gallura che rappresenta oltre il 50% del traffico turistico isolano e dove è concentrata la più vasta pluralità e tipologia di offerta. Nella presentazione del Progetto Gallura che prevede un nuovo modello di sviluppo del territorio e della sua offerta complessiva, dalle infrastrutture all’agroalimentare, poi sanità, trasporti, servizi e turismo in tutte le sue forme, Mirko Idili, riconfermato segretario generale della Cisl Gallura, ha messo in evidenza anche il problema occupazionale. Per dare una svolta determinante alla società gallurese si deve partire dal lavoro, ha sostenuto, per questo è necessario istituzionalizzare un tavolo di concertazione tra sindacati, amministrazioni locali e regionali, associazioni e forze sociali. «Serve mettere in campo tutta la capacità di innovazione - ha precisato Idili - investendo in modo significativo sul capitale umano per puntare ad un’offerta formativa avanzata, che consenta la formazione di figure professionali capaci di rispondere in modo adeguato alle esigenze del nuovo mercato. Oggi queste figure, nel nostro sistema turistico, sono presenti in una misura insufficiente». 

Su questo punto è intervenuto anche Angelo Colombini, segretario confederale della Cisl nazionale, per precisare che «il bisogno di lavoratori preparati e competenti è essenziale ovunque, specie in terre meravigliose come la Gallura e tante altre del territorio italiano. Qui è fondamentale trasferire anche la consapevolezza del patrimonio di bellezza e di unicità del nostro paese, per saperlo tutelare e valorizzare». 

In chiusura Colombini ha voluto rimarcare l’impegno dovuto verso i giovani galluresi, ritenendo fondamentale lavorare con grande attenzione alla loro formazione, consentendo di poter rimanere, anzichè essere costretti ad andar altrove per trovare un’occupazione dignitosa.

L'opinione del Centro per l'impiego di Olbia

In buona controtendenza è Sergio Arnò, una figura fondamentale per entrare nel merito della questione con dati ufficiali, poiché coordinatore del CPE Centro Impiego di Olbia, che fa capo alla Regione Sardegna e che dispone di una sezione Borsa Lavoro dedicata nel portale istituzionale attraverso il quale il disoccupato in cerca di occupazione può caricare il curriculum e aderire alle offerte delle aziende. «L’area sulla quale operiamo comprende la costa da Budoni a Santa Teresa Gallura, e nell’entroterra fino a Buddusò, Alà dei Sardi e quella parte che confina con la Barbagia e il Logudoro. Noi siamo molto attivi sul mercato del lavoro, ovviamente, e attenti alle offerte di lavoro proprio in virtù della nostra mission che vuole mettere in contatto l’offerta con la domanda. Quest’anno si era presentata come una grande stagione, con numeri importanti già a partire da Pasqua, poi è arrivato il conflitto in Ucraina e da lì si è tornati a fare i conti con le incognite di tutto ciò che è sconosciuto», ha detto.

Molti operatori turistici davano il tutto esaurito già ad aprile e le prenotazioni arrivavano fino ad ottobre. La stagione sembrava potesse ricalcare quella del 2021, con la proiezione a numeri di presenze ancora superiori. Anche la tipologia di turismo appariva leggermente modificata, migliorata nella qualità del viaggiatore che spingeva la propria scelta anche verso l’entroterra dell’isola. «Noi ai primi di marzo abbiamo pubblicato 304 annunci di lavoro, per oltre 650 posti da coprire - ha proseguito Arnò - Dai nostri riscontri abbiamo verificato che la pandemia ha inciso anche nella formazione dei lavoratori, come se le competenze e la preparazione della nuova forza lavoro fossero significativamente calate. Contemporaneamente le nuove imprese che in tempi recenti entravano sul mercato del turismo e necessitavano di personale qualificato, si scontrava con questa criticità. La scelta diventava forzata, per cui la selezione che partiva da personale esperto e preparato, si tramutava in personale anche senza alcuna esperienza. Anche così, però, il problema non era risolto, perché abbassando anche le richieste la forza lavoro risultava ugualmente insufficiente alle esigenze delle imprese». 

Arnò sostiene che le aziende hanno iniziato ad andare a fare reclutamento all’estero, fino dal Vietnam, dove trovano studenti universitari e neolaureati disposti a trasferirsi, capaci ad esempio di parlare più lingue. È una tendenza che già da qualche anno si verifica e le aree maggiormente attenzionate sono quelle africane, in particolare Tunisia e Marocco. Rimane il problema dell’occupazione locale che deve essere affrontato. «Come Regione abbiamo organizzato un webinar che riguarda proprio il tema offerte di lavoro stagione 2022. Il titolo del webinar è “Candidati con Aspal” e si svolgerà venerdì 18 marzo, dalle 10.30 alle 11.30, ed è rivolto a tutti i lavoratori del settore turistico della Sardegna. Nel corso del seminario verranno presentate le offerte nei settori ricettivo e ristorazione, mettendo di fronte le due parti, aziende e lavoratori, spiegando il funzionamento del sistema Borsa Lavoro, le modalità di pubblicazione del Curriculum e di candidatura. L’incontro online è organizzato dal Centro Per l’impiego di Olbia e si può inoltrare richieste di informazioni a aspal.cpiolbia@regione.sardegna.it. Riteniamo che questo, seppur sotto data, possa aiutare a nuove collocazioni presso aziende in cerca di forza lavoro». 

Santa Teresa di Gallura

È una guerra tra poveri 

È un mondo in fermento quello del turismo che iniziava a vedere la luce in fondo al tunnel della pandemia, ma un altro evento disastroso sta scombinando i piani. Quelle che sta succedendo in Ucraina è alquanto decifrabile, nei tempi e sviluppi. Tuttavia, gli operatori del settore devono rimanere concentrati su quanto è di loro pertinenza, sperando che la guerra possa terminare al più presto, per il bene di tutti.

Tornando ai nostri interlocutori abbiamo potuto constatare che i nodi portati al pettine si rifanno in gran parte a scelte governative. Questo sfugge alle parti in causa però, per cui lo scontro tra imprese e lavoratori genera una delle tante “guerre tra poveri”, che vedono nell’altro la responsabilità, il colpevole. E questa contrapposizione è facile appurarla sui social, tra facili accuse e semplificazioni. Chi lavora lamenta una paga e un trattamento inaccettabile, chi assume trova nella serietà, nella bassa formazione e nell’impegno le criticità. Serve uscire dalla semplificazione per affrontare più seriamente un problema che merita un pensiero più articolato. Perché la vera ragione sta molto più in alto, oltre l’impresa e oltre il lavoratore, ma alberga laddove si decidono le sorti di un Paese e della sua comunità. Meglio ripartire dalle considerazioni di chi abbiamo incontrato, di chi ha vissuto il lavoro su vari fronti, da quanto dichiarato dai docenti, dalle considerazioni e dai progetti di chi è impegnato nella tutela dei lavoratori. 

E usciamo dalle contrapposizioni, consapevoli che domanda e offerta si muovono nello stesso mare di difficoltà, a bordo di una barca per nulla confortevole. Guardiamo invece nella direzione di chi deve agevolare e facilitare la navigazione in questo burrascoso mare, di chi è chiamato a portare in salvo la nostra barca, evitando di farla affondare. Guardiamo e puntiamo il dito nella direzione giusta. Solo così potremo aiutare ed aiutarci a ridare valore a quel bene che è il lavoro, che è dignità, quel bene che è al punto primo della nostra bella, preziosa Costituzione Italiana.  

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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