Ormai non c’è più nemmeno rabbia. Se dovessimo sintetizzare il momento drammatico in cui ci troviamo ed esprimere un sentimento, non ci sarebbero che poche parole: lo schifo della politica. Per i bar e i ristoranti italiani il premier Conte, dopo essersi rimangiato ogni impegno preso (confermandosi fra i peggiori bugiardi nella storia della Repubblica), decreta quella che ormai è la condanna a morte per decine di migliaia di locali che a questo punto non riapriranno più. Al punto che persino la Fipe, la più importante associazione dei pubblici esercizi, abbandona ogni diplomazia e parla apertamente di una “morte annunciata”. A meno di non pensare che qualche promessa di ulteriori ristori (645 miloni di euro, fra qualche settimane e il 2021) possa salvare un comparto colpito a morte.
L’associazione presieduta da Lino Stoppani non usa mezzi termini per bollare di incapacità il Governo e le istituzioni che in queste ultime settimane hanno dato davvero il peggio di sé con un vergognoso balletto fra aperture e chiusure, con il totale disinteresse del mondo dell’accoglienza e della ristorazione. «Per mascherare il suo fallimento nel contenimento del Covid-19 - si legge in una nota della Fipe - il governo ancora una volta decide di scaricare l’onere della riduzione del contagio sui pubblici esercizi, sottoposti da ottobre ad uno stillicidio di provvedimenti. Che si tratti di zone rosse o arancioni, per noi significa una cosa soltanto: bar e ristoranti resteranno chiusi dal 24 dicembre al 6 gennaio».
E questa non è una chiusura come tutte le altre. Nel precedente Dpcm e nelle dichiarazioni di vari Ministri si era sempre parlato di aperture, sia pure con il limite della chiusura serale, e molte imprese avevano deciso di riaprire proprio in vista di questo appuntamento. Si tratta infatti di un periodo, ricorda la Fipe, «che da solo vale circa il 20% del fatturato di un intero anno».
E dopo tutte le perdite registrate, senza compensi adeguati coi ristori, la situazione a questo punto è davvero tragica e si apre la prospettiva delle decine di migliaia di chiusure e di fallimenti che da tempo sono stati previsti senza che il Governo abbia messo in atto una sola azione per ridurne l’impatto tremendo che avranno sul piano sociale. «Il governo, con questa decisione, se confermata, si assume la responsabilità di decretare la morte di un settore fondamentale per i valori economici e sociali che esprime - dice seccamente la Fipe - I pubblici esercizi non sono solo numeri; sono i volti e le mani dei gesti quotidiani, una componente simbolica e materiale della vita quotidiana degli italiani, dei loro ricordi e della vita trascorsa insieme. E vorrebbero continuare a lavorare: lavorare non per mettere a rischio il Paese, ma per mettere in sicurezza un patrimonio imprenditoriale e sociale che contribuisce al futuro di tutti».
E tutte queste limitazioni sarebbero solo «la “Cronaca di una morte annunciata” perché senza adeguati e immediati ristori per tante, troppe aziende del settore sarà impresa impossibile reggere ai nuovi ingenti danni che le limitazioni determineranno».
Ed è proprio sui nuovi ristori - che non possono essere l’elemosina finora elargita - che la politica può giocare la sua ultima carta per non essere spazzata via dall’indignazione popolare che non può non cogliere l’enorme divario che esiste fra la serietà dei provvedimenti, anche drastici, adottati in altri Paese, per tempo e con adeguate risorse per salvare le aziende (la Germania per tutte, che ha deciso in un'ora).
L'impegno di Conte, è però fin troppo vagio e non si può non ricordare che è preso da un Governo che, nei fatti, si è barcamenato e forse ha voluto lasciare un’illusione ai pubblici esercizi perché ripartissero, evitando così di dover sostenere degli oneri per compensare per tempo la loro chiusura. Una strategia tremenda che fa da tempo pensare ad una volontà di colpire un comparto per coprire, come abbiano più volte scritto, le gravissime colpe e responsabilità delle istituzioni che non hanno fatto i giusti controlli per evitare i focolai di contagio scoppiatio ovuqnue. Non ultimo il fatto di avere riaperto tutto senza attivare dei controlli sugli assembramenti nei centri commerciali e nelle vie dello shopping e, anzi, incentivando la gente a correre nei negozi con l’improvvida (per i tempi scelti) iniziativa del cash-back.
È comprensibile perché a questo punto dalla Fipe vengano solo parole di amarezza e sfiducia verso questo governo: «Rimangono due sensazioni poco gradevoli. La prima, più generale, è quella di un Paese stanco, stanco di reagire, persino di capire che - spossato da incertezze e instabilità - sta perdendo il senso e la rotta. La seconda, che riguarda i pubblici esercizi, è la perdurante impressione di uno spiacevole pregiudizio che lo accompagna, con la fastidiosa distinzione tra attività economiche essenziali e non essenziali che finisce per oscurare la realtà».E a ciò aggiungiamo il fatto che dagli aiuti annunciati da Conte sono scluse la gran parte delle aziende che fanno cateting o banqueting, visto che non avranno contributi le imprese che suoperano i 5milioni di fatturato annuo...
Eppure basterebbe davvero poco. E anche questo impegno tardivo poteva essere gestito meglio. Se si doveva chiudere per evitare il peggio, e di questo i ristoratori possono essere consapevoli, perchè non dirlo subito e perchè non mettere subito sul piatto dei soldi sicuri e certi per garantire famiglie e lavoratori che non hanno più risorse. Conte ha parlato di 645 milioni di euro di nuovi ristori, ma va detto che anche su quesa decisione c'è stato scontro nel Governo. La proposta della Ministra Bellanova non aveva molti sostenitori, al punto che aveva minacciato dimissioni immediate se non ci fosse stato uno stanziamento.... E poi ci sarebbero i 3 miliardi del recovery plan per il turismo. Li si impegnino subito per salvare la ristorazione. In caso contrario, ormai c'è solo il baratro.