Nell’antica Grecia tovaglie e tovaglioli erano dei perfetti sconosciuti, al loro posto i commensali si strofinavano le dita su un impasto morbido; invece nell’antica Roma veniva usato un pezzo di pane, il cosiddetto “pane da bocca” che veniva poi mangiato o gettato ai cani. I romani introdussero anche due tipi di stoffa legati alla tavola: il sudarium, una sorta di salvietta per pulire il viso e un grande drappo per mangiare sdraiati. La tovaglia fin dall’antichità ha rappresentato un elemento decorativo. Nel medioevo, soprattutto nelle occasioni importanti, erano in lino, ornate con balze colorate, a volte si usava profumarle, anzi venivano sovrapposte, scegliendo tonalità in nuance con le pietanze. L’abitudine di mangiare con le mani obbligava ad usare tessuti adatti che asciugassero le mani. I tovaglioli nel medioevo si condividevano, poi nel Rinascimento cominciarono ad essere individuali, in tessuti pregiati, piegati in tre o in quattro, messi sopra il piatto insieme ad un biscottino, da questa consuetudine è nato il termine “coperto”. Dalla fine del ‘700 tornano di moda le tovaglie bianche, lunghe sino al pavimento, mentre il tovagliolo veniva poggiato sulle ginocchia, per preservare gli abiti dei commensali.
La mise en place oggi
Per un ristorante la scelta della biancheria da tavola è un aspetto importante: delinea lo stile, che dovrà essere coerente con i colori predominanti del locale. Lo stile classico vuole un tavolo coperto da mollettone, tovaglia candida, sopra-tovaglia e tovagliolo in tessuto. È una questione di igiene ed eleganza, non solo poi le coperture sono utili per attutire i rumori delle posate e dei piatti. La tovaglia classica, base di ogni apparecchiatura, può essere arricchita da un runner per dare un tocco elegante, oppure si usa il coprimacchia, molto pratico e veloce da sostituire. A volte le scelte sono dettate dall’estetica, come nel caso della Pasticceria Gattullo di Milano che ha scelto tovagliette rosa per coprire i tre tavoli esterni, mentre all’interno i tavoli in marmo in stile francese sono lasciati scoperti.
Per un ristorante la scelta della biancheria da tavola è un aspetto importante
Tovaglia antimacchia, no-stiro e in TNT (tessuto non tessuto)
La tecnologia viene in aiuto alla ristorazione. Le tovaglie antimacchia e no-stiro subiscono un trattamento speciale idrorepellente, che permettono di non assorbire lo sporco e facilitare la stiratura. A questo proposito Lusini, azienda che da oltre 30 anni si occupa di attrezzature alberghiere: “il mercato delle tovaglie è in continua discesa per vari motivi. Il possesso di tovagliato causa notevoli investimenti in termini di costi e tempo alle aziende di ristorazione. Per questo motivo negli ultimi anni l’attenzione si è spostata verso le tovagliette americane, più veloci e meno costose del classico tovagliato. Lusini ha da tempo portato sul mercato alcuni modelli di successo, specie quelli realizzati in similpelle, che sono molto apprezzati dai nostri clienti. Per quanto riguarda le classiche tovaglie, sono sempre le tovaglie in poliestere ad avere la meglio: più economiche e di semplice cura rispetto al cotone. Nel futuro la nostra attenzione si sposterà verso tovaglie no-stiro e antimacchia, poiché la richiesta dei nostri clienti si muove in tal senso”, così sottolinea Fabrizio Deidda, responsabile marketing e showroom Lusini.
Tavolo privo di tovaglia
Da qualche tempo anche gli stellati hanno scelto di non usare la tovaglia, posando le posate su un supporto. La tendenza verso il minimalismo è evidente nello stile di molti locali, ma l’essenzialità a tutti i costi non sempre è la strada giusta. Possono essere diverse le motivazioni che spingono verso questa soluzione: evidenziare il tavolo di design, i piatti ricercati, i bicchieri particolari, magari acquistati al brocantage o le posate color oro. Senza contare che togliere le tovaglie comporta risparmio di denaro, tempo e personale che si occupi di stirarle. Come nel caso delle Pizzerie Giolina e Marghe che “per scelta estetica non usano tovaglie, tovagliette o runner”, così sottolinea Ilaria Puddu contitolare dei marchi Giolina ,Marghe e Gelsomina.
L'utilizzo in tavola del runner
Una scelta sempre più diffusa è quella del runner, lungo e stretto con una larghezza che non supera i 50 cm. Viene utilizzata sulle tavole in stile minimale come unico ornamento, oppure al posto del coprimacchia, sopra la tovaglia classica. Il runner, infatti, valorizza lo spazio tra due commensali seduti di fronte, arricchendo così la tavola dal punto di vista estetico e preserva dalle macchie la tovaglia che si trova sotto. L’unico limite dei runner è che non possono essere usati sui tavoli rotondi. Tra i materiali quello che più si avvicina alla stoffa in termini di consistenza e piacevolezza al tatto è senza dubbio l’airlaid o carta a secco. I runner in tessuto non tessuto airlaid sono realizzati con fibre di cellulosa, adatti al contatto con gli alimenti. È piacevole al tatto, antistatico, resistente se bagnato, igienico perché si può sterilizzare durante la lavorazione. È stampabile o colorabile anche in tonalità decise.
Il runner è sempre più diffuso
I primi runner e le prime tovaglie in tessuto non tessuto sono stati introdotti sul mercato per la prima volta negli anni ‘80 con grande successo. Hanno la particolarità di poter essere riutilizzati, anche se è considerato un materiale, ideale per il monouso. «Piacciono tanto i tessuti anti-macchia, grazie alla loro praticità e al fatto che possono essere igienizzati in lavatrice, mantenendo la loro caratteristica antimacchia. In primavera-estate sono molto richiesti i colori floreali, fuxia, verde mela, turchese ecc., sottolinea Simona Monteleone, Isacco Srl, società specializzata in abbigliamento da lavoro, Un’ottima alternativa alle tovaglie sono i runner, molto trendy e versatili, indicati sia per locali di passaggio, in cui la consumazione è veloce, che per locali molto eleganti. I runner in tessuto sono molto igienici in quanto lavabili in lavatrice e non stiro, con asciugatura rapidissima».
Le tovagliette all’americana
Le troviamo in diversi tipi di ristorante, dalla trattoria al locale elegante, perché è molto versatile. La differenza sta nella scelta del materiale: la tovaglietta potrà essere di un tessuto pregiato e ricercato nella finitura, magari in cotone o lino, fibre con buona capacità assorbente ma che richiedono frequentemente lavaggio e stiratura, mentre i tovaglioli possono essere uguali o in carta. Quelle in carta, usata per tovaglie usa e getta risolve i problemi di igiene nelle mense e nella ristorazione, tecnofibre, usate anche in mischia con le fibre naturali evitano la stropicciatura e di conseguenza la stiratura, materie plastiche, garantiscono l'impermeabilità.
Ad esempio a Milano tra via Solferino e Via San Marco troviamo tanti bar che offrono pranzi veloci a molti impiegati della zona: da TedOne ad esempio hanno tovagliette in carta con il logo del locale, mentre al Bar Treves il piatto viene messo su una semplice tovaglietta di carta. Sono materiali venduti a pacchi anche dai grossisti o alla Metro. Anche Lorenzo Panzera nella sua pasticceria milanese usa semplici tovagliette e tovaglioli in TNT e sottolinea: “i nostri tavoli in marmo sono belli e a mezzogiorno da noi il pranzo è semplice e veloce, così usiamo tovagliette e tovaglioli in TNT, racchiusi in una fascetta logata».
Quelli che non rinunciano allo stile classico e quelli che seguono la tendenza dello stile minimale
Paolo Griffa nel suo Caffè Nazionale, il locale situato nel centro storico di Aosta
«Non rinuncio alla tovaglia, la trovo una parte elegante del servizio, perché offre al cliente una sensazione tattile. Nel mio locale preferisco la classica tovaglia bianca, certamente è un lavoro e un impegno in più: devono essere stirate perfettamente poi ripassate per togliere eventuali pieghe. I 14 tavoli del mio locale hanno tutte le tovaglie in misura: i tovaglioli e le tovaglie sono in lino bianco, poggiate sul mollettone, così si adattano perfettamente ai piatti bianchi di Limoges».
Matteo Lattanzi e chef Michael Mayr Quellenhof Gourmetstube 1897, San Martino in Passiria (Bz)
«È stato scelto volutamente un tovagliato chiaro, dato che il nostro ristorante è arredato in tonalità scure, antracite o bronzo. Le tovaglie sono colore champagne/ crema di cotone e poliestere. Sono in perfetta sintonia con l’illuminazione del ristorante, sia quella individuale che quella al tavolo, creando il punto focale per una cena raffinata. L'atmosfera ideale per presentare e gustare i nostri piatti nella luce e nell'ambiente migliori! L'ospite preferisce ancora tavoli ben apparecchiati con tovaglie in un ambiente nobile. Questo è importante anche nel settore del gourmet fine dining, poiché la tovaglia e il mollettone sottostante assorbono il rumore prodotto da piatti, bicchieri, posate, ecc. La scelta sicuramente non è stata facile perché i tessuti e i materiali sono innumerevoli. Una tovaglia su misura è sempre più costosa di una tovaglia acquistata in un negozio, ma con una corretta gestione (lavaggio e stiratura appropriati) è più durevole rispetto a quelle tradizionali.» Alcuni ristoranti hanno optato su tavoli privi di tovaglia, dando maggiore importanza alla scelta dei piatti, bicchieri e posate: «per i ristoranti in stile bistrot o à la carte, queste scelte hanno senso in quanto consentono di risparmiare sui costi e sono anche molto più veloci da pulire quando si cambia rapidamente tavolo, come accade spesso nei bistrot o à la carte. Gli svantaggi sono certamente che il rumore dei piatti e dei bicchieri è più forte, e anche la sensazione che si prova quando l'ospite appoggia l'avambraccio sul tavolo è fredda e non crea una piacevole sensazione. La scelta su bei piatti/posate/porcellane/bicchieri è probabilmente una tendenza ancora in atto: si cerca di vendere le proprie creazioni in una luce ancora migliore, perché sono anche più attraenti alla vista. Noi della Quellenhof Gourmetstube 1897 siamo ancora orientati verso piatti di porcellana bianchi, in modo che le pietanze possano essere presentate in modo più puro, con il loro colore».
Nicoletta Rossi, responsabile di sala per il ristorante “Piazza Repubblica” di Milano
«Nel nostro ristorante usiamo il mollettone, una tovaglia écru e poi un copri-macchia bianco, i tovaglioli richiamano il colore della tovaglia. Mi piacciono i runner, ma richiedono tavoli particolari e noi non ne abbiamo; la mise en place sul tavolo rotondo è complessa. Il costo della manutenzione della biancheria da tavola non è indifferente: il coprimacchia e i tovaglioli costano circa tre euro; cinque per il tavolo completo. Da quattro anni ci serviamo sempre della stessa lavanderia, arrivano imballati con il certificato di sanificazione. Non mi piace il tavolo completamente nudo, a mio parere mettere le posate sul tavolo non è igienico. Credo sia più razionale avere la tovaglia: sul tessuto si possono raccogliere con la paletta facilmente le briciole, mentre su un tavolo nudo no…».
Nei tre ristoranti di Ventimiglia e di Bordighera della famiglia Pani
«Nel ristorante Marco Polo di Ventimiglia, racconta Marina Pani, abbiamo tovaglie lunghe in cotone bianco e un coprimacchia bianco, nella trattoria di fronte al mercato abbiamo tovaglie bianche coperte da una tovaglia a quadretti mentre nella locanda ai Marinai di Bordighera vecchia abbiamo tovaglie bianche corte per mantenere quel sapore lontano nel tempo... Io e Diego abbiamo deciso di tenere le tovaglie nei nostri locali, perché ci sembra una attenzione in più nei confronti della clientela».
Chi ha optato per il senza tovaglia
Sandra Ciciriello, 142 Restaurant, a Milano
«Nella mia vita di ristoratrice sono passata dalle tovaglie al tovagliolo. Il perché: nel primo Alice in via Adige le tovaglie bisognava averle perché il tavolo non raccontava nulla. Quindi gli ospiti avrebbero mangiato su un tavolo insulso. Erano d’obbligo sotto-tovaglia e tovaglia per rendere ovattato il tavolo e dargli un senso di morbidezza. Quando abbiamo aperto all’interno di Eataly (Smeraldo) i tavoli erano talmente belli che non avevamo bisogno di nulla, solo di essere raccontati. Il legno, anche dopo essere tagliato ha vita propria, un po’ come il vino messo in bottiglia. Il legno te lo porti dietro per anni, mentre il vino aperto dopo po’ finisce e hai solo un bel ricordo. A questo si è unito un discorso all’inizio di risparmi sui costi e in seguito un risparmio anche ecologico, idrico e tutto ciò che comporta una lavanderia industriale.
C'è chi opta per il senza tovaglia
Poi è arrivato il 142. Anche qui la scelta è caduta sull’utilizzo del solo tovagliolo. Abbiamo dipinto noi con le nostre mani i nostri tavoli con vernici apposite. Ogni tavolo è diverso, in ciascuno c’è un po’ di tutti noi. Ogni tanto qualcuno ci chiede addirittura dove li abbiamo comprati e se li possono acquistare. Non è possibile. Sono nostri, sono unici e pensati uno per uno. Appoggiare sopra una tovaglia, toglierebbe l’arte. Oltre a questi, ne abbiamo due di marmo: si chiamano Avoccadus, un nome meraviglioso».
La formazione: Intrecci, Accademia di Alta Formazione di sala
La preparazione dei tavoli e il servizio in tavola sono materie che fanno parte del piano di studi di ogni scuola alberghiera. A questo proposito abbiamo sentito l’opinione di Marta Cotarella, titolare insieme alla sorella di Intrecci, Accademia di alta formazione di sala (www.intreccialtaformazione.com), unica ad occuparsi esclusivamente di questa materia, oltre a un Diploma Privato di Alta Formazione di Sala, rilascia un attestato Haccp e un titolo di secondo livello Wset (Wine & Spirit Education Trust). «La nostra giovane Accademia è nata nel 2017 con lo sforzo impegnativo di preparare 25 ragazzi ad inserirsi nel mondo lavorativo. Il percorso di studi è rivolto a diplomati di età compresa tra i 18 e 30 anni. Il programma comprende una prima parte teorica di 1200 ore di lezione, conclusi i primi 6 mesi di lezione in aula, il percorso prosegue con uno stage di 6 mesi presso l’Alta Ristorazione e/o Luxury Hotel italiani ed internazionali. Sono 40 gli stage attivati in media ogni anno, anche all’estero (Regno Unito, Francia, Svizzera, Austria, Slovenia, Stati Uniti).
Qualche esempio: Da Vittorio, Le Calandre, Osteria Francescana o al Four Seasons…Alcune strutture aiutano i nostri stagisti, offrendo viaggio, vito e alloggio, non solo cerchiamo di abbinare il loro talento alla struttura, così che possano rimanere. Ad oggi ne abbiamo diplomati 150 e il 100 per cento sta lavorando. I nostri allievi? Molti sono figli di albergatori, altri dopo una laurea hanno capito che questa è la loro strada…. In Accademia insegniamo tutti gli stili, dalla tovaglia placé fino al senza tovaglia. Le lezioni di sala sono tenute il lunedì alla presenza maître internazionali e italiani, così i nostri allievi vengono a contatto con stili diversi, come nel caso del ristorante romano “La Pergola” che ha uno stile classico alla francese a quello gourmet Kresios dello stellato Giuseppe Iannotti a Telese Terme (Benevento) con una sala giovane under 40, molto leggera.»
Come mai avete creato questa Accademia?
«Siamo tre sorelle e abbiamo ereditato una azienda vinicola, ma sentivamo molti ristoratori che si lamentavano del personale di sala…così abbiamo iniziato questa avventura.» Una opinione sui ristoranti che scelgono di non mettere la tovaglia? «Da una parte abbiamo l’aspetto economico non trascurabile, avere le tovaglie implica un costo, mentre un tavolo nudo ha una gestione semplice. Dobbiamo considerare l’influenza del mondo orientale non trascurabile, ovviamente questa tendenza dipenderà dalla filosofia del locale».
Igiene, innanzi tutto: la parola ad Assosistema
Il tema dell’igiene e della pulizia dei tavoli merita un approfondimento, per questo Assosistema Confindustria ha realizzato un protocollo con le buone prassi di igienizzazione del tovagliato per la ristorazione e così ne riportiamo una parte: «E’ necessario pulire e igienizzare l’ambiente e il tavolo ad ogni cambio cliente. Per fare questo è necessario che l’ambiente di sala, compresi gli arredi, gli accessori del servizio e il tavolo, siano oggetto di preventiva sanificazione da parte di un operatore opportunamente e adeguatamente formato sull’igiene. Risulta ora importante evidenziare la necessità che il tavolo sia coperto da un tessuto riutilizzabile con un livello di sanificazione garantito da lavanderie specializzate e certificato in base ad una specifica norma, la UNI EN 14065 e Linee Guida Assosistema, che garantiscono un controllo sul biocontaminazione del tessile attraverso un sistema di Risk Analisys Biocontamination Control».