A non volere prendere atto dei mutamenti sia sociali che economici, laddove i secondi trainano i primi, si corre poi il rischio di ritenere attuale quanto è sorpassato dagli avvenimenti e di opporre lamentevoli considerazioni a quanto andrebbe invece affrontato facendo analisi lucida del presente e avendo vision sullo scenario prossimo venturo.
Ristorazione sempre più social per comunicare con la clientela
Il mutamento epocale che la pandemia ha catalizzato ma non provocato, dacché era già nel suo naturale divenire, è il dissolvimento del paradigma frutto della società industriale secondo cui c'è un tempo di lavoro e c'è un tempo libero. In buona approssimazione il tempo di lavoro è lunedì – venerdì dalle 8am alle 5pm e il tempo libero è il fine settimana e i giorni festivi in rosso sul calendario. Canoniche le quattro settimane di ferie, da mettere in conto permessi e malattie come altresì da mettere in conto gli straordinari.
Tutto sommato, scenario netto e chiaro.
A fronte di tali comportamenti certi e predefiniti del secondario, il terziario, e qui facciamo focus volutamente sulla ristorazione, rispondeva accettando il metodo della certezza della scansione dei tempi, pur ovviamente adottando nel merito orari diversi. Proviamo a farne sintesi estrema. Aperto a pranzo e cena dalle . . . alle . . . chiuso il. . ..
Ne conveniamo, vero, che era all'incirca così.
Chiusi il lunedì i cosiddetti ristoranti di pesce. Chiusi la domenica i ristoranti ubicati nei centri direzionali, nelle aree degli uffici e delle banche delle città medie e grandi.
Basti pensare alle cosiddette informazioni utili presenti nelle guide ai ristoranti. Nome del locale, indirizzo, numero di telefono; ma anche orari di apertura, giorno di chiusura, ferie: informazioni scolpite sulla pietra.
Sì, stiamo tagliando di accetta, ne siamo consapevoli, ma l'importante è che si renda l'idea: comportamenti noti e condivisi a cui fanno seguito regole di comportamento tutto sommato ragionevoli e ben funzionanti.
Ma tutto ciò, ecco l'elemento di novità, appartiene al . . . c'era una volta!
La pandemia, dramma e scossa per il lavoro
L'effetto pandemia: occasione di riflessione sul lavoro nel mondo della ristorazione
La fine della società industriale e la complementare crescita dei servizi insieme ad una rivalutazione del settore primario (era ora!) ha iniettato nuovi paradigmi, e qui ci sta anche il fenomeno pandemia con lo scaturente fenomeno dello smart working.
Fine dell'orario di lavoro rigidamente prestabilito, diluizione della dicotomia tra tempo di lavoro e tempo libero e con essa dello stesso marcamento netto tra middle week (quando si lavora) e weekend (quando "bisogna" divertirsi e consumare).
Di questo fenomeno evolvente, dell'insinuarsi del concetto forte della YOLO society (You Only Live Once = si vive solo una volta), della fluidità nella gestione del tempo individuale e del tempo collettivo, dei modi nuovi di fare convivialità partendo dai social media, dei modi nuovi di acquisire reputazione tra gli stakeholders, clienti innanzitutto, il mondo della ristorazione ha acquisito contezza?
Saremmo propensi a rispondere con un melanconico "no".
Lamentele della scorsa primavera, con picchi estivi e poi oblio: non si trova personale. Perché non si trova: a) vogliono avere il weekend libero; b) colpa del reddito di cittadinanza; c) e comunque non hanno voglia di lavorare.
Lamentele dello scorso autunno sfociate in manifestazioni malaccorte e risibili: a) con questo caro bollette qui si chiude (bollette esibite in vetrina); b) se il governo non ci aiuta è la fine.
E se, non la soluzione definitiva, non la panacea, ma comunque una mossa giusta, accorta e vincente fosse esplorare e percorrere sentiero nuovo in merito agli orari di apertura? Dallo scolpito sulla pietra alla flessibilità che oggi i nuovi mind set di noi tutti e la tecnologia di rete ampiamente consentono.
Rileggere gli orari di apertura
A mo' di esempio ma . . . hai visto mai fosse esempio percorribile per i prodi, per i coraggiosi, per coloro i quali si chiedono il perché no delle cose piuttosto che il perché? . .. con gennaio oramai già alle spalle nella sua prima metà, guardiamo a marzo. Come guardiamo a marzo? E febbraio? va bene che è corto ma pur sempre quattro settimane piene ci sono a febbraio! Tranquilli, non ce lo siamo mica dimenticato il mese di febbraio. Dunque, abbiamo la seconda metà di gennaio per riflettere, per progettare e per agire, ci poniamo l'obiettivo di rendere noto alla domanda, clienti acquisiti e potenziali clienti, entro il 13 febbraio il nostro calendario di marzo. Sì, proprio così, il calendario mensile dei giorni di apertura e dei giorni di chiusura, dei giorni che si eroga servizio di pranzo e di cena e dei giorni in cui si eroga solo pranzo oppure solo cena, dei giorni in cui ci sono serate a tema, dei giorni in cui si tiene il wine club, dei giorni in cui si tiene cooking class, del giorno in cui è guest star lo chef forestiero, dei giorni in cui . . . altro ancora.
Insomma, alla metà del mese precedente, la domanda, il mercato, la nostra clientela acquisita, la nostra clientela potenziale (il mondo intero) sa quando siamo chiusi e soprattutto nel sapere quando siamo aperti, sa anche se c'è un menù particolare, una serata a tema, un wine club e via di seguito, le cose che abbiamo detto e quelle, tantissime, percorribili, attuabili, quasi certamente graditissime che qui non abbiamo detto.
E come fa il cliente a sapere tutto ciò? Ma che domanda è questa! Siamo stati così bravi a farci dare i numeri di telefono e le mail ed è così che comunicheremo il calendario mensile. Via mail sarà la newsletter mensile. E poi comunichiamo sul nostro sito e sui social media dove proviamo ad essere presenti con queste informazioni piuttosto che con i selfie. E poi sui tavoli quando portiamo il conto.
Entro il fatidico giorno 13 abbiamo stilato il calendario del mese successivo.
Il giorno 13, i social, la flessibilità
Nel fare il calendario abbiamo tenuto conto di fattori endogeni e di fattori esogeni.
Il giorno tot devo e voglio stare chiuso, è la laurea di mia figlia.
Il giorno tot mi sa che è meglio stare chiuso a cena, alle 8pm c'è la finale di Champions League; per questo stesso giorno, però promoziono e comunico il servizio di delivery e di take away erogabile fino alle ore 19.
Il giorno tot apro All Day Long, c'è l'apertura gratuita del museo qui vicino e ci aspettiamo flussi considerevoli di visitatori.
Il giorno tot, essendo andato io il giorno prima a comprare i tartufi, tengo cena a tema a base di tartufi. Ci saremo tutti.
Il giorno tot, presente il produttore, tengo wine club alle 6pm.
Il giorno tot . . . e via così, unico limite la fantasia anzi, attenzione, l'unico limite è il timore che alberga in noi nello sbrigliare la fantasia. Quale fantasia? Ovvio, la mia. Mia di "me" che sono il proprietario, il titolare, ma sì, diciamolo pure, il padrone!
Ah, bene, e se cooperassimo con il team? Con la brigata di cucina, con la sala, con la plonge? E se indicessimo sui social inviti a dare idee su cosa fare? Il noi che è più forte dell'io. Il vincere sapendo cantare in coro.
Entro il fatidico giorno 13 abbiamo reso noto il calendario del mese successivo. Evviva!
Titolari e "mentedopera"
Ripensare gli orari di lavoro
Un momento, tutti insieme, titolari e mentedopera (i collaboratori che una volta erano manodopera) abbiamo anche fatto il calendario interno dei turni di lavoro. Anche qui un mix di fattori endogeni ed esogeni e a cornice del tutto, il monte ore mensile contrattualmente stabilito.
Collaboratore A: il giorno tot, per piacere, vorrei mi si esentasse, si laurea mia sorella.
Collaboratore B: il giorno tot, abbiate pazienza, ho una visita medica.
Titolare: il giorno tot, ci dobbiamo essere tutti: avremo il pieno sia a pranzo che a cena.
Titolare: il giorno tot, saremo chiusi.
Ecco la gift card per due persone per andare a cena al ristorante ABC. Ricordiamoci tre giorni prima di sorteggiare; il baciato dalla sorte approfittando che noi saremo chiusi andrà a cenare lì. Collaboratore C: il giorno tot a cena dobbiamo assolutamente essere aperti, al palazzetto c'è una partita importante di pallavolo e come sovente accade poi la squadra al completo viene qui.
Quanti casi ancora possiamo raccontarci?!?
Difficoltà concrete di attuazione? Poche e di sicuro affrontabili e quasi certamente risolvibili.
Difficoltà di ordine diverso? Sì, una sola che è un macigno. La neofobia!
La paura del nuovo. Ma dove si è mai vista una cosa del genere!
Ma come faccio a cambiare il giorno settimanale di chiusura!
Ma dove si è visto mai che chiedo ai dipendenti un loro parere.
Ma, verrebbe da dire, con tutti i fardelli che hai, caro ristoratore imprenditore, ti prendi volontariamente anche il fardello di avere persone che dipendono da te (dipendenti = dipendono da me)? Non ti bastano i carichi familiari e sociali?
Comincia a guardarli non come dipendenti, ovvero soggetti che dipendono da te, bensì guardali come risorse alle quali attingere per condurre al meglio la tua impresa.
Ma, attenzione, una risorsa è tale quando è motivata.
La motivazione; non sono soldi
E ancora attenzione. I soldi NON motivano. NO! I soldi demotivano se vengono percepiti come "pochi", ovvero un salario inadeguato rispetto alla mole di lavoro, nulla più, Ripetiamolo: i soldi NON motivano; i soldi demotivano se percepiti come pochi. Ma da soli non motivano.
Per motivare la risorsa bisogna innanzitutto reputarla mentedopera e non manodopera. Può arrecare contribuiti di pensiero utili. All'inferno la frase del capetto all'operaio metallurgico che ardì esporre un'idea "non sei pagato per pensare". Che suicidio !
E poi coinvolgerla, senza snaturare la dinamica dei ruoli e quindi anche dei diritti e dei doveri, nei comportamenti che tendono a migliorare prestazioni e risultati.
In definitiva, a chiudere: la YOLO economy è una grande opportunità di sviluppo e di miglioramento della qualità della vita, non è una minaccia ai risultati di un conto economico al raggiungimento del quale si pretende di ambire mediante metodi del passato che non torna.
Cominciamo dal dibattere in merito al "calendario mensile": ne sortiranno risultati lusinghieri.