Al posto della neve, i prati. Con questa immagine il cambiamento climatico si manifesta e travolge il turismo. Dopo gli anni terribili del Covid, le montagne speravano in un ritorno alla normalità, ma sulla loro strada hanno incontrato una crisi climatica senza precedenti. La neve fa capolino soltanto in quota sulle Alpi e lascia, invece, all'asciutto tutto il Centro Sud, mettendo a rischio il futuro di impianti, hotel, ristoranti e tutte le altre realtà commerciali che ruotano attorno alle località montane.
Mai come questo inizio d'inverno, infatti, l'Italia sembra essere spaccata in due. Da un lato il Nord, che ha beneficiato delle nevicate di novembre e, grazie alle temperature basse in quota, è riuscito a sfruttare al massimo le festività natalizie per lo sci. Dall'altro il Centro e il Sud, che dopo un inizio di stagione promettente ha, di contro, dovuto affrontare venti caldi e piogge che hanno cancellato la neve e bloccato gli impianti e il turismo. Sull'Appennino, alle 19 del 3 gennaio, a mille metri si registrava una minima di 2 gradi e una massima di 8 gradi. Temperature troppo alte anche per l'utilizzo di cannoni sparaneve.
Poca neve sugli Appennini, preoccupa il futuro del turismo dello sci
Manca la neve, turismo sugli Appennini in crisi
Al Nord, dicevamo, sono in sofferenza soltanto le stazioni sciistiche a medio-bassa quota, mentre sopra i 1.500 metri le condizioni sono quasi perfette. Dal Sestriere all'Alta Badia, da Cervinia a Bormio, tutto gli impianti funzionano senza intoppi. Il quadro, se si scende verso Sud, è invece drammatico. Sul Terminillo, nel Lazio, gli impianti sono chiusi. Stesso discorso per Campo Imperatore, in Abruzzo, dove funziona soltanto la funivia. Restando in Abruzzo, a Ovindoli le piste da sci sono chiuse (funziona la cabinovia), così come a Roccaraso e Pescasseroli.
Non va di certo meglio in Toscana e in Emilia Romagna. Sull'Abetone non c'è la neve e già si parla di perdite per 10 milioni di euro, con la speranza che nelle prossime settimane e fino a marzo il cielo porti buone nuove. «La perdita è pari al cento per cento per tutto il sistema neve, dagli impianti ai ristoranti. L’inizio del 2023 si può definire solo con l’aggettivo “drammatico“», ha dichiarato alla Nazione Rolando Galli, presidente del consorzio Società Abetone Funivie. Sul Cimone, invece, ci si aggrappa con le unghie e con i denti a quel poco di neve che c'è, nel tentativo di tenere aperta almeno una pista. Le immagini sono però impietose: una lingua bianca circondata dall'erba. «Stiamo cercando in tutti i modi di tenere aperta questa pista - ha spiegato al Carlino la società che gestisce gli impianti - più per spirito di servizio che per un reale guadagno. Normalmente dal 24 dicembre al 6 gennaio si realizza il 50% del nostro fatturato. Quest'anno siamo praticamente fermi».
Abruzzo, Emilia Romagna e Toscana chiedono aiuto
La situazione non sembra destinata a cambiare nel breve periodo. Nel prossimo fine settimana dovrebbe nevicare su tutte le montagna italiane, ma sugli Appennini continuerà a fare molto caldo, con il rischio che la neve si sciolga in fretta. E, al di là del breve periodo, a preoccupare è soprattutto il futuro più lontano. La scarsità di neve e l'aumento delle temperature sembrano infatti un trend inarrestabile, anche a livello europeo, e spaventano l'intero sistema turistico che ruota attorno alle montagne e allo sci, che deve suo malgrado fare i conti con il cambiamento climatico in atto.
Nel frattempo, Abruzzo, Emilia Romagna e Toscana, le tre regioni più colpite da questa crisi, hanno già chiesto aiuto allo Stato. «Bisogna che il Governo intervenga in primo luogo con risorse fresche per compensare, almeno in parte, i danni prodotti da questa anomalia climatica, poi con provvedimenti per posticipare i mutui e con aiuti per la sostituzione dei vecchi impianti di innevamento con quelli di ultima generazione che permettono di mantenere la neve artificiale anche a temperature più elevate», hanno evidenziato. L'obiettivo degli enti è «cercare di mettere gli operatori nelle condizioni di resistere e di non essere costretti ad abbandonare le nostre montagne di cui sono un presidio importante».
Il ministro del Turismo Daniela Santanché ha confermato il sostegno: «Al più presto verrà attivato un tavolo di lavoro congiunto per definire un piano straordinario per l'Appennino senza neve. Il mio Gabinetto è già al lavoro sul tema».