Le vacanze sono alla fine, l’estate 2022, dopo due anni di chiusure, sembra abbia riportato al nostro Belpaese turisti e forse ripreso un buon giro d’affari.
Ma il periodo è stato attraversato da molte polemiche, alcune tipiche della stagione, tipo i prezzi alti, a cui si sono aggiunte, potenti discussioni sulla mancanza di personale, che reale è per molti settori, dai servizi all’ospitalità, ai ristoranti.
Non vogliamo affrontare il problema sollevato dai tanti sulla colpa del reddito di cittadinanza ed altri sostegni al reddito, che parrebbe influiscano sulla volontà o “voglia” di lavorare di molti connazionali.
Lasciamo ad altri commentatori lo sviluppo della questione, a noi invece piace anzi desideriamo approfondire altri aspetti di alcune problematiche che l’estate 2022 ha portato alla ribalta non senza grossi e a volte feroci dibattiti.
I prezzi del cibo accendono il dibattito
Per esempio, i prezzi: neanche le esorbitanti bollette della luce, provocano reazioni così forti quali uno scontrino di un caffè o una spremuta d’arancia bevuti in Galleria a Milano da Carlo Cracco, 9 euro per la cronaca, o del mollusco raro, le Cicale di mare o Batti Batti, carissime, oltre 100 euro al kg, per non parlare della pizza di Briatore.
Insomma, uno stillicidio che sui social provoca migliaia e migliaia di commenti, a cui si aggiungono anche le polemiche sollevate da qualche nota influencer, che mette in rete gli scontrini del gelataio veneto, un gelato pagato in contanti, l’altro con carta di credito maggiorato del 3%, portandolo per questo alla gogna mediatica in un mix di antipatia/simpatia, di rivalse sociali, fino al solito grido: «Commerciante evasore fiscale».
Noi ci chiediamo, perché il cibo ha la capacità di creare reazioni cosi forti?
Cibo, esperienza condivisa
Molti settori commerciali avrebbero motivo di forti proteste e riflessioni: per esempio una camicia che oscilla dai 5 euro del negozio cinese ai 100 euro del negozio di moda, per non parlare di scarpe, borse. Forse nell’abbigliamento c’è una forte componente personale, edonistica, mentre il cibo è condivisione.
O forse perché il cibo è ormai reso culturalmente povero, quasi incapace di protezione. In ogni angolo del paese i discount imperano insieme ai All you can eat. O forse perché i cuochi e i ristoratori non sono più capaci di comunicare la storia e il loro territorio, spesso valori sacrificati ad una creatività non sempre capibil.
La pizza di Briatore, sarà anche cara, ma poi si svia sul fatto che è ricoperta di Pata Negra, un prosciutto da 100 euro al kilo. Ed anche la polemica appena nata del barista che ha ritoccato il prezzo del caffè a 1,50 euro, difendendosi, giustamente a nostro giudizio, che il buon caffè costa, la qualità costa. Ed aggiungiamo che nel nostro Paese la tazzina costa meno che in tutti i Paesi europei. Poi vai in autostrada e negli autogrill e la tazzina già la paghi 1,30 euro.
L'esempio della Lunigiana
Sono due anni che trascorro le mie vacanze in Lunigiana, precisamente a Filetto e Bagnone. Territorio fantastico, ricco di storia, borghi, castelli, natura imperante, con il vantaggio di essere a 30 minuti dal mare con alle spalle i monti delle Apuane. Territorio ricco anche di gastronomia, ma una ristorazione a mio giudizio, stanca, ancorata ai testaroli con pesto, spesso serviti stracotti, appiccicati uno sull’altro e guarniti da qualche cucchiaiata di pesto di tipo industriale.
Oppure nello storico ristorante in quel di Bagnone, in cui i vini sono ordinati in elenco alfabetico, senza specifica se sono rossi o bianchi, fermi o briosi. Ed alla domanda alla ragazza di sala, appunto, se l’etichetta scelta fosse bianco o rosso, la risposta è stata «non lo so», aggiungendo che avevano un ottimo vino della casa, scelta quasi obbligatoria.
Ma quello che mi lascia perplesso è il costo della maggior parte dei ristoranti, mediamente basso, a mio giudizio troppo basso. La ristorazione merita di più: un giusto prezzo permette un servizio con migliori materie prime, permette a livello d’impresa una migliore reddittività e di conseguenza migliori stipendi.
Il consumatore tradito
La tendenza a tenere i prezzi bassi, che in questo momento può avere una logica, in realtà, tradisce il consumatore due volte, per la qualità ma anche per la provenienza dei prodotti. I supermercati sono pieni, per esempio, di pomodori ramati di provenienza Olanda e Paesi Bassi che costano poco, ma i pomodori italiani, soprattutto del sud, costano di più ma sono molto più buoni e sicuramente con qualità salutistiche migliori. Discorso che vale anche per tanta frutta limoni e agrumi in particolare, traditi da tre paroline che i consumatori fanno fatica a capire, "buccia non edibile". Spesso si tratta, appunto, di frutta estera a cui in superficie vengono aggiunte sostanze antifungine che hanno il compito di prolungare la vita del prodotto.
Serve fare informazione: se ordini uno spritz o altri aperitivi dove è prevista la presenza di bucce di frutta, è necessario chiedere che la frutta sia con buccia edibile, quindi non trattata e più sicura per la salute. Si parla di green e di sostenibilità, ma in realtà nei comportamenti individuali e giornalieri poco si fa per proteggere il made in Italy.
Serve ridare al cibo il giusto valore
Bisogna ridare al cibo il giusto valore, ma bisogna anche ribadire, al riparo da proclami e influencer, che una spremuta in Galleria a Milano o in piazza San Marco o in piazza del Popolo, non è solo una spremuta, è una esperienza in un luogo speciale, con costi di gestione speciali. Sorseggiare un calice di vino in un luogo speciale rende anche quel vino speciale. Un insieme di cose che ha un costo speciale, perché l’affitto o la gestione di un bar o ristorante in Galleria o in Piazza San Marco hanno costi diversi e maggiori di altri. E la pizza di Briatore non è soltanto una margherita con su del prosciutto crudo, in genere mattonelle di crudo senza una Dop con costi intorno ai 10 euro al kg, ma una pizza con il prosciutto Pata Negra con costi intorno ai 100 euro al kg.
La Galleria Vittorio Emanuele di Milano
Contro i prezzi al ribasso
È arrivato quindi il momento di sollevare il coperchio su questa questione: i costi del turismo e in particolare del Food.
Siamo in un momento in cui si vende il food e quindi la ristorazione in particolare con prezzi sempre più al ribasso. Delivery dove il costo delle commissioni e della stessa logistica in molti casi è superiore al cibo trasportato e consegnato. Sono, siamo alquanto perplessi dinanzi al silenzio del settore sulla pubblicità che invita a frequentare e cenare o pranzare al ristorante con lo sconto del 50%. Un po' sappiamo di food cost e ci piacerebbe sapere con quali margini l’impresa che aderisce a queste promozioni vive.
Il nostro paese ha il cibo nel Dna, ma sembra che pian piano se ne stia dimenticando. Le nostre città sono sempre più aggredite da catene di sushi bar o simili. All you can eat che offrono cibo in continuazione con costi intorno ai 15 Euro, senza poi dimenticare l’aspetto di ospitalità, direttamente proporzionale alla qualità del personale di sala: scarsa capacità di dialogo con il cliente, scarsa capacità di raccontare il cibo e il vino.
Il cibo, in fondo, è una emozione raccontata.