Due anni di pandemia avevano fatto, forse, dimenticare a molti gli effetti del turismo di massa. Sono bastati pochi mesi di normalità per riaccendere un dibattito che ciclicamente torna a fare capolino, quello sulla limitazione degli accessi in determinate località turistiche.
Gli esempi di chi invoca il numero chiuso negli ultimi mesi si succedono con sempre più frequenza. C'è infatti chi l'ha paventato anche se non ancora applicato, come Barolo in Piemonte o Braies in Alto Adige e chi invece l'ha ufficialmente messo in pratica, anche se ancora in fase di rodaggio, come Venezia.
La domanda però sorge spontanea: limitare il turismo è davvero la soluzione a tutti i mali?
Numero chiuso ai turisti: chi vuole e chi riesce
Dicevamo di Barolo, dove nei fine settimana l'arrivo dei turisti secondo più di qualcuno crea disagi sia ai residenti sia ai turisti stessi, che si trovano imbottigliati e a caccia di un parcheggio, senza potersi godere cantine e panorami. O del Lago di Braies, in Val Pusteria, la cui fortuna, che lo ha portato a essere uno dei luoghi più amati dell'Alto Adige, si sta rivelando una condanna. Qui siamo di fronte ad un fenomeno sociale mai visto prima - aveva detto al Corriere l'assessore provinciale al Paesaggio, Maria Magdalena Hochgruber Kuenzer - Migliaia di persone che anche in questa stagione scelgono di andare a Braies per un selfie da pubblicare sui social e che non hanno nessuna conoscenza dell’ambiente montano in cui si trovano. Persone che non sanno valutare il pericolo di un lago ghiacciato in primavera. La questione di fondo rimane sempre la stessa: quale tipo di sviluppo territoriale vogliamo per la nostra provincia?».
Il lago di Braies
Venezia dopo una lunga sfida la sua battaglia sembra averla vinta. La città lagunare, che con la ripresa dei viaggi post pandemia è tornata a fare i conti con vere e proprie invasioni di visitatori (anche 100mila in un giorno) aveva già annunciato la volontà di rinnovare il suo piano per la gestione dei flussi turistici e ad agosto inizierà la prima fase sperimentale, per poi arrivare alla piena operatività nel 2023.
Con l'inizio del nuovo anno (il 16 gennaio 2023) la nuova gestione dei flussi turistici entrerà nel vivo. Tutti i turisti che arriveranno da fuori regione e non pernotteranno in città dovranno pagare un contributo obbligatorio. Chi pernotterà invece non dovrà versare nulla, perché già paga la tassa di soggiorno.
Il costo del ticket varierà in base a quanto prima lo si richiederà e all'afflusso previsto in città nel giorno prescelto. Per esempio, durante la Pasqua o il Redentore, momenti di fortissimo afflusso, il ticket potrà arrivare anche a 10 euro.
Il caso delle Isole Eolie
L'ultima località in ordine di tempo ad aggiungersi alla lista di chi chiede limitazioni sono state le Isole Eolie. L'arcipelago siciliano, composto da Lipari, Salina, Vulcano, Stromboli, Alicudi, Filicudi e Panarea deve infatti fare i conti durante l'estate con una vera e propria invasione di turisti. Normale, per una località balneare, ma i problemi del sovraffollamento si fanno sentire e, spesso, soprattutto nei casi delle isole minori, si tratta di turisti "mordi e fuggi", che in loco restano per un tempo ridotto.
La soluzione? Una proposta l'ha avanzata Christian Del Bono, presidente di Federalberghi Eolie, dalle colonne dell'edizione siciliana de La Repubblica. «Da un lato è vero che sbarcano visitatori che potrebbero tornare - ha detto - Dall'altro però va assolutamente evitato il sovraffollamento. Contingentare gli sbarchi non è facile, ma una soluzione potrebbe essere istituzionalizzare il Parco nazionale. In questo modo si potrebbero contingentare gli sbarchi. Non dico che le mini crociere non debbano esserci, ma i numeri andrebbero calcolati in base alla grandezza dell'isola».
Panarea
Un esempio che funziona
Il caso delle Eolie può essere in qualche modo collegato con un altro arcipelago, anche se posto fuori confine. Stiamo parlando delle isole Cies, in Galizia, nel nord della Spagna. Vero è che, a differenza dell'arcipelago siciliano, le Cies non hanno popolazione residente, ma soltanto turisti. Altrettanto vero è però che l'istituzione di un parco nazionale le ha salvate dal turismo di massa e le ha trasformate in una delle mete più ambite del turismo internazionale. L'accesso all'arcipelago durante la stagione estiva è infatti limitato. Soltanto duemila persone possono salire sui traghetti che dalla città di Vigo portano alle isole. Il risultato? Una natura incontaminata e preservata e la totale assenza di sovraffollamento in qualsiasi momento dell'anno.
Le Isole Cies
Da che parte sta la verità?
Tornando in Italia, tutti i casi citati hanno in comune il problema dell'affollamento, ma differiscono per molti aspetti. E qui si apre allora il dibattito: quando è giusto e quando no limitare gli accessi? Sono tanti, troppi i fattori in gioco.
In alcune situazioni, le limitazioni sono necessarie al fine di tutelare ecosistemi delicati. Stiamo parlando di Venezia, per esempio, ma anche de La Pelosa di Stintino. La spiaggia sarda, certamente tra le più belle al mondo, è un piccolo gioiello con un ecosistema unico, ma fragile. Per questo motivo d'estate è stato imposto il pagamento di un biglietto, una capienza massima di 1500 persone e l'obbligo di utilizzo di stuoie sotto l'asciugamano.
Ecco, in questi casi c'è poco spazio per posizioni diverse: il numero chiuso è (quasi) d'obbligo. In altri casi però...
Pensiamo alle Eolie, di cui abbiamo approfonditamente parlato, e utilizziamole come esempio. In che modo si potrebbero limitare gli accessi? Se lo si facesse a livello di arcipelago, il rischio sarebbe di lasciare a bocca asciutta alcune isole a discapito di altre. Messo infatti un limite "x" di accessi, se tutti decidessero liberamente di andare, chessò, a Salina, quale sarebbe l'effetto per le altre isole?
Al contrario, se si mettessero dei limiti di accesso per le singole isole, un turista che decidesse di restare alle Eolie per più giorni, non sarebbe libero di muoversi?
C'è poi sullo sfondo un aspetto altrettanto importante, quello commerciale. Per località piccole e con una forte stagionalità, si possono imporre limitazioni sui flussi turistici, limitando così anche gli introiti? Parliamone...
Di contro, esiste anche un rischio contrario. Un turista che ha dovuto fare i conti con un costante sovraffolamento, con la calca e con i disagi tipici di un luogo preso d'assalto da migliaia di persone, tornerà volentieri in quel posto? Lo consiglierà agli amici? Difficile...
Insomma, è giusto parlare di numero chiuso e confrontarsi su possibili strade per migliorare l'esperienza turistica, sia per chi viaggia sia per chi nelle località turistiche vive. È però sbagliato credere che limitare i flussi possa essere la panacea di tutti i mali.