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Bar e ristoranti, e se il Covid ritornasse? Servirà “cambiare aria”

La pandemia sta lasciando spazio alla normalità. Ma se dovesse arrivare una nuova ondata, le attività sarebbero pronte ad affrontarla? Di certo c'è una maggiore attenzione dei clienti verso la pulizia e la salubrità degli spazi. Serve quindi adeguarsi. Come? Con un protocollo di sicurezza condiviso e con un nuovo concetto di sanificazione

di Matteo Scibilia
Responsabile scientifico
25 maggio 2022 | 11:02
Bar e ristoranti, se il Covid ritornasse? Servirà cambiare aria
Bar e ristoranti, se il Covid ritornasse? Servirà cambiare aria

Bar e ristoranti, e se il Covid ritornasse? Servirà “cambiare aria”

La pandemia sta lasciando spazio alla normalità. Ma se dovesse arrivare una nuova ondata, le attività sarebbero pronte ad affrontarla? Di certo c'è una maggiore attenzione dei clienti verso la pulizia e la salubrità degli spazi. Serve quindi adeguarsi. Come? Con un protocollo di sicurezza condiviso e con un nuovo concetto di sanificazione

di Matteo Scibilia
Responsabile scientifico
25 maggio 2022 | 11:02
 

Le notizie sull’andamento della pandemia, attualmente maggio 2022, fanno ben sperare, i contagi e i ricoveri  stanno diminuendo e sono sotto controllo, i numeri consentono al governo di allentare le restrizioni e far ripartire in quasi totale libertà le aziende dell’ospitalità e della ristorazione, bar compresi.

Alcuni problemi stanno però rendendo non facile la ripartenza. 

Bar e ristoranti, se il Covid ritornasse? Servirà cambiare aria

La prima piaga: la carenza di personale 

È sotto gli occhi tutti la carenza spaventosa e nello stesso tempo incredibile del personale; analisi e dibattiti non sembrano tracciare un quadro realistico del fenomeno, cambiamenti delle abitudini, una diversa percezione dei ritmi di vita con una conseguente visione in negativo dei ritmi di lavoro nel settore ospitalità, al "grido" quando gli altri si divertono noi lavoriamo, sembra infatti non sia più conciliabile lavorare durante i week end, la sera e i giorni festivi, il tutto accompagnato da denunce di stipendi bassi e contratti di lavoro non applicati. Insomma, una situazione che è diffusa anche in altri paesi occidentali, ma da noi nel nostro Paese, la situazione è ancor più aggravata, e lo denunciano a voce alta le imprese, dai tanti supporti economici erogati dal governo, reddito di cittadinanza e aiuti sulla disoccupazione elargiti sembra, con facilità e con pochi controlli.

Il tema dello smart working 

Un altro grande problema, anch’esso di non facile rimedio è lo smart working; le imprese soprattutto di servizi che applicano questa modalità di lavoro sono ancora moltissime, con una ricaduta sulle aziende della ristorazione, bar e pizzerie, dove a pranzo il servizio è paragonabile ad una mensa diffusa, che sono in grande difficoltà nella grandi città, Milano in testa. Un caso emblematico, amici parrucchieri lamentano che le impiegate in smart working sono scomparse, in genere durante l’intervallo del mezzogiorno le stesse lo impiegavano, appunto, per un ritocco veloce alla capigliatura. Una città e non solo lei, che con questa situazione fa fatica a ripartire.

E se il Covid tornasse? 

Ma il dubbio che abbiamo e su cui desideriamo aprire un dibattito è un altro: i settori della ristorazione e dell’ospitalità sono pronti o piuttosto cosa fanno o faranno per rendere più sicure le proprie attività?

Le imprese stanno preparandosi ai nuovi scenari, laddove il Covid dovesse ripartire il prossimo autunno/inverno?

Le novità all'orizzonte 

In molti sottolineeranno che le normative antiCovid sono state tutte adottate, ma forse c'è qualcosa di nuovo all'orizzonte.

Il mercato si sta attrezzando e proponendo nuove idee e soluzioni per rendere gli ambienti più sicuri e salubri, magari per evitare la discriminazione tra locali al chiuso e locali all'aperto. Lo sta facendo coinvolgendo le istituzioni e nel nostro caso anche la Fipe, la Federazione italiana dei Pubblici Esercizi.

L’obiettivo? Creare un protocollo di sicurezza in grado nel caso peggiore di ripresa della pandemia di limitare i danni, ma soprattutto comunicare al mercato, ai clienti che il settore è in grado di proteggere e proteggersi non solo contro i virus ma anche contro ogni tipo di inquinante indoor (compresi gli odori) che possa compromettere la salubrità e l’accoglienza dei nostri ambienti.

 

 

Creare nel caso anche una certificazione da apporre all’entrata dei negozi, un tema su cui sembra che l'Unione Europea stia per prendere decisioni precise, e che nei Paesi Scandinavi stiano già introducendo, con una app che possa indicare quali attività abbiano adottato un protocollo di salubrità.

L’Haccp, cioè il protocollo di sicurezza alimentare, in qualche maniera assicura una serie di garanzie su tutta la filiera alimentare, dai campi, dai mari e dalle terre fino alla cucina di qualsiasi grandezza, in tutti gli ambienti dove si manipola il cibo. Purtroppo o forse grazie al Covid questa consapevolezza è aumentata: siamo pronti a garantire una migliore salubrità e sicurezza nei locali dove si beve un caffè, si mangia una pizza o un risotto?

È ora... di cambiare aria 

Durante i lockdown molti locali hanno sperimentato l’utilizzo dell’ozono e di altri metodi per sanificare gli ambienti. Ci chiediamo allora, un caffè bevuto all’aperto o una pizza somministrata su un marciapiede al fianco di auto e motorini, rispettano sì le norme che favoriscono le strutture all'aperto, ma con quali possibili danni alla salute? 

Un ambiente sanificato forse non sarebbe meglio che un marciapiede avvolto dai gas di scarico? 

Siamo a conoscenza di nuove tecnologie innovative atte a purificare l’aria, con l’abbattimento degli inquinanti e una sanificazione delle superfici totale, soprattutto le pareti sia interne che esterne, un miglioramento della qualità dell’aria interna, utilizzando tecnologie che si basano sul principio della fotocatalisi, un processo naturale di degradazione ossidativa, rapida ed efficace sugli inquinanti e sui microrganismi nocivi, con una elevata capacità virucide.

L’obiettivo è un cambiamento del concetto di sanificazione e l’individuazione di standard e linee guida per la qualità dell’aria negli ambienti indoor, temi su cui le autorità competenti stanno già lavorando assiduamente.

Bar e ristoranti, se il Covid ritornasse? Servirà cambiare aria

Non solo pubblici esercizi 

Noi di Italia a Tavola siamo convinti che questo percorso potrebbe aiutare molto i pubblici esercizi, ma anche altri ambienti tra cui scuole, palestre, e ambienti ricreativi in genere, in collaborazione con l’azienda che distribuisce in Italia questi sistemi di purificazione, proprietaria del brevetto internazionale della tecnologia fotocatalitica innovativa con sede a Milano.

Stiamo verificando le reali potenzialità e gli aspetti economici del sistema, compreso il noleggio delle attrezzature, ma ci attiveremo presso le associazioni di categoria affinché l’impatto economico e di spesa non sia un ulteriore costo in un momento di difficoltà del settore, ma siamo altresì convinti che un cambiamento sia necessario. Il pubblico esercizio, il ristorante, l’albergo, il bar, la pizzeria, ma anche la mensa aziendale dovranno trasformarsi e adottare tutti gli accorgimenti e le misure per garantire ai propri ospiti e ai propri clienti una sempre maggiore e migliore sicurezza. Solo cosi, con un nuovo inizio e una nuova barriera al Covid, una vera ripartenza sarà possibile.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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