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Alberghi e ristoranti: “Ci rubiamo i dipendenti l'uno con l'altro”

Prosegue il nostro viaggio che dà voce ai professionisti di ristorazione e accoglienza, nel tentativo di comprendere i motivi dell'ormai cronica carenza di personale nel settore. Ne abbiamo parlato con Ivan Famanni, Marina Danieli, Andrea Berton e Michela Reginato

13 maggio 2022 | 05:00
Alberghi e ristoranti: “Ci rubiamo i dipendenti l'uno con l'altro”
Alberghi e ristoranti: “Ci rubiamo i dipendenti l'uno con l'altro”

Alberghi e ristoranti: “Ci rubiamo i dipendenti l'uno con l'altro”

Prosegue il nostro viaggio che dà voce ai professionisti di ristorazione e accoglienza, nel tentativo di comprendere i motivi dell'ormai cronica carenza di personale nel settore. Ne abbiamo parlato con Ivan Famanni, Marina Danieli, Andrea Berton e Michela Reginato

13 maggio 2022 | 05:00
 

Il personale non c'è e così si finisce a contendersi il poco che rimane, nella speranza di riuscire a portare avanti l'attività e non, come già capitato, essere costretti a chiudere perché senza lavoratori. La crisi di ristorazione e accoglienza è evidente e da giorni noi di Italia a Tavola stiamo portando avanti un viaggio, dando voce ai professionisti del settore, nel tentativo di trovare una spiegazione a un problema divenuto ormai cronico e nella speranza di trovare, insieme, una strada per uscirne. 

Questa volta sono quattro i professionisti con cui abbiamo parlato: Ivan Famanni, Marina Danieli, Andrea Berton e Michela Reginato. Scopriamo cosa ci hanno detto.

Alberghi e ristoranti: “Ci rubiamo i dipendenti l'uno con l'altro”

Ivan Famanni di Villa La Bollina: «I ragazzi diventino imprenditori di sé stessi»

Ivan Famanni dirige, insieme alla moglie Arianna, Villa La Bollina (Serravalle Scrivia, Alessandria), antica residenza nobiliare dei marchesi Figari di Genova sulle colline dei Gavi e immersa in un parco secolare. Ivan vanta un percorso lungo, costellato di esperienze di alto livello. Insieme allo chef Matteo Torretta porta avanti un interessante percorso ristorativo con Tracce, ristorante gourmet della Villa. 

«È da oltre due anni che il nostro settore risente di crisi di personale: purtroppo oggi non viene data importanza alla sala, mentre questa è una professione fatta di gesti e di curiosità… Sono cresciuto nella trattoria piemontese dei miei genitori dove si cucinava secondo tradizione il bollito e il pescato di fiume. Ho frequentato la scuola alberghiera, a 18 anni sono entrato nella Folgore poi dopo quattro anni sono ritornato nel ristorante di famiglia, dove mi sono re-innamorato del mondo dell’hospitality. Ho girato il mondo dell’alta cucina, da Juan le Pins al Savoy Hotel dove lavoravo in sala, nel frattempo ho frequentato un corso di sommelier e sono diventato professionista. Era la mia vita, i miei giorni liberi li passavo tra le vigne ad assaggiare e testare... Nel 2000 al Park Hotel di Gstaad, poi al Baglioni... In questi ultimi dieci anni sono stato chiamato da cuochi stellati per seguire le aperture. Il fatto di essere stato fino al 2001 al Savoy Hotel mi ha aperto le porte del mondo, ma soprattutto vent’anni fa era considerato il massimo dello stile. I docenti dovrebbero insegnare ai ragazzi a diventare imprenditori di sé stessi, perché nel nostro lavoro bisogna far guadagnare soldi all’azienda. Purtroppo, alcuni proprietari di alcune strutture provengono da altri settori, così hanno danneggiato il nostro mondo. Ipotesi: se io dovessi dare a un collaboratore un aumento di cento euro, se li dovrebbe guadagnare. Lavorare con me significa crescere. Quando la struttura rimane chiusa per un mese di riposo, per me si trasforma in un periodo fatto di lavoro e di degustazioni». 

Famanni ha spiegato che a cambiare, oltre al mondo del lavoro, sono stati anche i giovani. «Anni fa riuscivo a formare dieci ragazzi l’anno - ha spiegato - Oggi faccio fatica a formarne uno. Spesso sono pieni di pretese: lavorare tante ore di seguito significa sacrificio, ma si dovrebbe provare piacere a stare un’ora in più con un cliente. Basti pensare che negli anni Settanta era fonte di orgoglio lavorare 17 ore continue al Ritz di Parigi, oggi sarebbe impensabile. Mio figlio, quando è in vacanza da scuola, indossa il grembiule e vive il nostro lavoro. Anche questa è formazione. Per diventare un bravo maître occorrono cinque o sei anni di preparazione: una professione dove occorre tecnica e mentalità, così da potere avere controllo sui ragazzi del proprio staff».

Alberghi e ristoranti: “Ci rubiamo i dipendenti l'uno con l'altro”

Ivan Famanni e la moglie Arianna

Marina Danieli dello Scacciapensieri: «Un clima poco stimolante per i ragazzi»

Marina Daniele è proprietaria dello Scacciapensieri, alloggio agrituristico di Buttrio, in provincia di Udine. «Abbiamo dodici stanze e cinque alloggi nell’agriturismo, ma sono stata costretta a ritardare di un mese l’apertura della mia struttura per mancanza di addetti - ha detto - È da ottobre che siamo alla ricerca di personale, dall’aiuto aiuto cuoco alle cameriere ai piani. Prima ci eravamo appoggiati a una cooperativa esterna, poi anche loro sono rimasti privi di collaboratori. Qui ce li stiamo rubando uno con l’altro. Adesso abbiamo trovato tre profughe ucraine con permesso di soggiorno e contratto di lavoro, quindi con la possibilità di lavorare in regola. Di questo problema esistono cause e concause: il settore dell’hospitality è un lavoro faticoso, quando gli altri si divertono, noi lavoriamo. Poi si è aggiunto il reddito di cittadinanza, in certi casi lavorano per quattro mesi poi, una volta a casa, percepiscono la disoccupazione. I ragazzi respirano un clima poco stimolante, inoltre i genitori li lasciano a casa, in molti casi coccolandoli eccessivamente. Qui in questa zona poi tutti hanno l’orto, le galline, quindi il cibo non manca mai né si muore certo di fame. All’estero, come avviene in Austria, al secondo rifiuto viene tolto il sostegno economico, mentre in Italia c’è poco rigore. A volte i giovani si demoralizzano di fronte agli impegni: dopo due giorni un aiuto- cuoca non ha retto i ritmi della cucina. Si è messa in discussione, dimostrando una certa fragilità nell’affrontare la sua vita lavorativa. Va sottolineato che non eravamo in alta stagione e quindi senza ritmi sostenuti». 

Marina Danieli Alberghi e ristoranti: “Ci rubiamo i dipendenti l'uno con l'altro”

Marina Danieli

Il cuoco Andrea Berton: «Va riformato il sistema scolastico»

Andrea Berton, inizia la sua avventura in cucina nella brigata di Gualtiero Marchesi, poi nei migliori ristoranti del mondo. Oggi il Ristorante Berton di Milano ha una stella Michelin. «Stiamo passando un momento fisiologico di carenza di personale. In realtà il nostro è uno dei mestieri più belli al mondo e io cerco di trasmettere la passione ai miei collaboratori. È un lavoro di grande soddisfazione, dove si è a contatto con le persone: stimolo non da poco. Certamente ha orari diversi da un lavoro normale, ma chi lo sceglie, sa che dovrà lavorare la sera. Trovo esagerate alcune valutazioni estreme che ho letto sui giornali. È sempre stato così questo lavoro, è impegnativo». 

Come risolvere il problema?
Per crescere oggi è fondamentale confrontarsi, attraverso contatti e relazioni. Innanzi tutto andrebbe riformato il sistema formativo scolastico, perché il servizio di sala è cambiato.  Occorrerebbe ripensare ad una divisa fatta bene... Chi serve in tavola deve essere un attore, deve saper recitare, essere determinato e saper vendere… Andrebbe modificato il termine “cameriere”, il servizio in tavola racchiude una serie di competenze: prima di tutto un giovane dovrebbe imparare ad essere orgoglioso.  Gli imprenditori devono combattere con un costo del lavoro altissimo, che per noi è gravoso.  In Italia è esagerato: mi piacerebbe poter aumentare lo stipendio di 500 euro ai miei collaboratori, ma questo implicherebbe triplicare la cifra. Siamo tutti scontenti e un imprenditore a fine mese è costretto a tirare le somme. 

È un problema circoscritto all'Italia
È un problema generalizzato, sia in città che in provincia, ma diffuso anche all’estero

Andrea Berton Alberghi e ristoranti: “Ci rubiamo i dipendenti l'uno con l'altro”

Andrea Berton

 

 

Michela Reginato di Cocciuto: «È offensivo dire che i ragazzi non vengono pagati»

Tutto è nato da un'idea di Michela Reginato e Paolo Piacentini: nel 2018 venne aperto il primo Cocciuto a Milano, in via Bergognone. Oggi i ristoranti sono tre. Michela si occupa della parte amministrativa e delle risorse umane, mentre Paolo dell'offerta gastronomica. 

«Abbiamo 65 dipendenti, suddivisi tra sala, cucina in tre locali. Di solito noi stipuliamo contratti a tempo determinato inizialmente per vedere se la persona è idonea a proseguire, poi in caso positivo il rapporto si trasforma in contratto a tempo indeterminato. Sono in molti durante la pandemia ad avere cambiato totalmente settore, hanno fatto un’altra scelta di vita, spostandosi verso lavori meno impegnativi. A volte capita che si presentino giovani appena diplomati che pretendano di ricoprire ruoli direttivi, senza rendersi conto di non avere nemmeno le conoscenze basilari. Tanta ricerca di personale, poche risposte stanno rendendo il mercato del lavoro “drogato.” Non esistono 22 ore lavorative, ma solo turni di lavoro di otto ore, dove in alcuni casi si sfora di mezz’ora o al massimo di un’ora. Per noi un dipendente è una risorsa che ci consente di sviluppare il nostro lavoro. A Milano non esiste lavoro nero: basti pensare che ci sono chef con stipendi da direttori di banca. Per noi è offensivo sentire che i ragazzi non vengono pagati. Conosco alcuni bravi pizzaioli che hanno preferito ritornare al sud, dove percepiscono il reddito di cittadinanza, integrato da uno stipendio in nero. A Milano chi ha voglia di affrontare sanzioni o multe salate? Bisogna stare attenti. Il problema spesso si nasconde in provincia o in sud Italia. A volte capita che non si presentino ai colloqui di lavoro, dimostrando poca correttezza. Per noi lo stage implica molta fatica: sembra strano, ma pochi ragazzi si rendono conto di quanto sia impegnativo formare le persone. Per fortuna siamo una realtà felice e ci arrivano tanti curriculum… Visto che mi occupo di gestire il personale, noto che molti giovani sono fragili e poco addestrati ad affrontare e risolvere anche un problema semplice. Di fronte a incomprensioni preferiscono rinunciare o andare a lavorare in un’altra struttura, senza pensare che invece sono loro ad essere poco capaci di condividere la giornata lavorativa con altri».

Michela Reginato e Paolo Piacentini Alberghi e ristoranti: “Ci rubiamo i dipendenti l'uno con l'altro”

Michela Reginato e Paolo Piacentini

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