Gavino Sanna significa pubblicità. È il professionista della comunicazione per antonomasia. Pubblicitario, grafico e scrittore, è l’incarnazione della locuzione “non ha bisogno di presentazioni”. A tal punto che la Treccani gli dedica diverse righe. Lo abbiamo incontrato a Milano mentre presiedeva la giuria del Premio Mesa, concorso regionale dedicato a giovani chef e ristoratori emergenti sardi promosso da Cantina Mesa, azienda vitivinicola fondata da Sanna nel Sulcis Iglesiente.
Gavino Sanna
Un inno alla forza di un popolo
Nato a Porto Torres nel 1940, è un uomo tenace e garbato, con uno sguardo buono, ma risoluto. È sardo in ogni cellula. Ama la sua terra con un trasporto assoluto tanto da aver recentemente firmato il progetto di un murales a Orgosolo, Barbagia, il paese dei muri dipinti, un museo sotto il cielo. «Mi sono inventato una trama per raccontare l'attualità di questa terra e ho voluto realizzare un dipinto che sia un inno alla gioia, all'amicizia, alla forza di un popolo», ha dichiarato all’Ansa lo scorso giugno nel corso dell’inaugurazione dell’opera.
A Milano ha valutato i piatti di tre giovani sardi; lo sguardo in avanti, sul futuro.
Cantina Mesa, un Premio che è volano per la Sardegna e soprattutto per i giovani?
Questo è molto importante da chiarire. In tutto quello che faccio c’è un sottofondo: amo la Sardegna, ma l’amo ancora di più attraverso i giovani. I giovani che non trovano lavoro, i giovani abbandonati, i giovani che passano il tempo senza obiettivi. Ecco, questo mi fa piangere. Io li accolgo con questa manifestazione, perché la Sardegna ne ha bisogno e vorrei che si ricominciasse a parlare e a sperare con loro.
Mesa, un nome che è una dichiarazione d’intenti: l’incontro tra terra, vino e tavola.
È una cosa straordinaria. Questo nome nasce quando mi trovavo a New York. Stavo e stavo facendo una passeggiata per andare a trovare un amico. Arrivato in prossimità della sua porta, vedo di lato un enorme pannello di vetro con un piccolo segno, un piccolo nome appiccicato lì. Mi avvicino e trovo scritto “mesa”. In principio ho pensato che si trattasse di un ristorante o comunque di un riferimento sardo. Un segno grafico talmente carino, con quei quattro colori, che mi ha entusiasmato. In ogni modo, quell’apparizione fortuita ha dato origine a una promessa con me stesso. Decisi che se mai avessi dovuto fare qualcosa per me, l’avrei chiamata appunto “mesa”, che in Sardegna ha un significato ben preciso. E così è stato.
L’Italia enogastronomica sa comunicare bene i propri valori al turismo internazionale?
Assolutamente sì. Noi raggiungiamo posti impensabili sempre portando nel cuore quella che è la nostra casa. In questo viaggio di comunicazione io continuo a parlare della Sardegna. Nelle occasioni come quella di oggi trovo che il cuore dell’identità è sempre vivo e batte forte, soprattutto nei giovani. E ne sono felice.