La Milano Wine Week è entrata nel vivo con la presentazione dell’indagine Fipe-Federazione italiana pubblici esercizi “La carta dei vini nella ristorazione post pandemia”. Nei saloni di Palazzo Serbelloni la giornalista del Corriere della Sera Alessandra Dal Monte ha moderato la tavola rotonda a cui hanno partecipato Luciano Sbraga, direttore Centro studi Fipe-Confcommercio, Paolo Porfidio, head sommelier Excelsior Hotel Gallia Milano, Fabio Acampora, fondatore della catena di bar e ristoranti Dorrego Company e Alessandro Negrini, socio Euro-Toques, cuoco de Il Luogo di Aimo e Nadia a Milano.
Alessandra Dal Monte, Luciano Sbraga, Fabio Acampora, Paolo Porfidio, Alessandro Negrini
Si modifica la gestione della cantina
«Se nel 2020 il valore complessivo del mercato del vino venduto attraverso l’Horeca aveva subito una flessione del 38% - ha spiegato Luciano Sbraga - un anno più tardi ecco un parziale effetto rimbalzo: +28,5%. A guardare i dati nel dettaglio, tuttavia, ci si accorge che a beneficiare della riapertura dei ristoranti sono i prodotti di maggior pregio. L’analisi Mediobanca sulle società vitivinicole evidenzia che le vendite di vini premium sono cresciute del 14,5% in valore assoluto, i super premium addirittura del 24,5%, gli ultra premium del 32,7% e gli icon, bottiglie dal costo per il ristoratore superiore ai 50 euro, del 33,2%. Ma i ristoratori, complice la difficile situazione determinata dal caro materie prime e dall’impennata delle bollette, devono fare i conti con variazioni di prezzo che incidono anche sulla composizione della cantina. Il 98% degli operatori del settore ha registrato una crescita dei prezzi di acquisto del vino; in media +12%. Anche la crisi pandemica ha suggerito di modificare la gestione della cantina. Il 55,5% dei ristoratori ha ridotto i quantitativi acquistati, mentre il 29,9% ha deciso di limitare il numero di etichette presenti in cantina e dunque in carta. In generale, si predilige l’acquisto di vini il cui costo varia tra i 5 e i 20 euro, con una spesa media a bottiglia da parte dei gestori di circa 17 euro. Nell’impostazione della cantina il 58% degli operatori effettua una selezione in base alle proprie competenze e il 55,7% valutando il rapporto qualità prezzo. Un’attenzione particolare è posta alla provenienza. Il 73,9% dei ristoratori italiani seleziona le bottiglie da tenere in cantina sulla base delle regioni dei vitigni: Trentino Alto Adige Friuli per i vini bianchi, Toscana e Piemonte per i rossi e Puglia per i rosé. Complessivamente la fanno da padrone i rossi: mediamente in una cantina ne troviamo 57 etichette, cui se ne aggiungono 53 di vini bianchi, 34 di bollicine e 33 di rosé. Il calo complessivo della clientela e la minor capacità di spesa da parte delle famiglie hanno determinato una flessione nei consumi di vino al ristorante. Gli italiani scelgono in gran parte i vini sulla base del territorio di provenienza (68,2%), apprezzano particolarmente le etichette certificate bio (42,2%), ma tengono anche sempre più d’occhio il prezzo della bottiglia (48,9%)».
Vola l'alta gamma
«Il mercato si sta dividendo – ha sottolineato Fabio Acampora – Il bene di lusso è sempre più ricercato e c’è una fascia consistente di clientela che è disposta a spendere anche il 20% in più per prodotti di alta gamma. C’è stato un recupero rispetto agli anni della pandemia, ma oggi il vero problema è quello energetico. L’aumento della bolletta è pari all’utile del locale».
Da sommelier a manager del vino
«Il sommelier – ha puntualizzato Paolo Porfidio – non solo deve aiutare l’ospite a esaudire il suo desiderio in tema vino, ma si deve trasformare in un manager enologico. Ci sono carte dei vini molto ricche, ma presentate male. Creano confusione. La sala è un punto nevralgico e gli imprenditori del settore devono puntare su figure professionali in grado di muovere la cantina, oltre che comunicare con chiarezza l’offerta vinicola e gli abbinamenti. Oggi è cambiata anche la logica degli acquisti: si comprano minori quantità».
Rapporto stretto tra cuoco e sommelier
«Il cuoco e il sommelier – ha commentato Alessandro Negrini – devono avere un rapporto strettissimo. La proposta culinaria influisce notevolmente sulla vendita del vino e la cucina italiana sa vendere bene la cantina. In molti casi si sceglie il ristorante anche in base alla professionalità del sommelier. Il 70% della clientela si fa consigliare e la carta o, meglio, il tablet che la sta sostituendo, è appannaggio solo degli esperti».