L’opinione diffusa dei sardi è di essere... distanti. Ma il concetto di distanza è relativo. Si è distanti da cosa? E, complementarmente, si è vicini a cosa? E come si misurano oggi le distanze? Contando miglia o km? O calcolando il tempo necessario a percorrerle? E quante distanze - grazie al web - sono rasenti lo zero.
Un elemento acqueo che ha nel nome il suo avvolgere le terre emerse, ovvero il mare Mediterraneo, da sempre accarezza, talvolta con dolcezza vellutata e talvolta con mistica rudezza, la più antica delle terre emerse, quella che potrebbe essere stata la mitica Atlantide. Parliamo della Sardegna. Terra magica, con le lambenti acque divenute attrattive da alcuni decenni per variegati segmenti di turismo, dal luxury della Costa Smeralda alla massa vacanziera agostana. Terra di grande fascino, che ancora poco sa raccontare se stessa.

La Sardegna è al centro del Mediterraneo; e se non proprio di centro geografico può parlarsi, di certo lo è in termini profondi del concetto stesso di mediterraneità. La Sardegna, del suo connaturato Mediterraneo, serba la triade magica: il grano, l’ulivo, la vite. La coltivazione del grano risale a millenni addietro. La Sardegna fu il granaio di Roma caput mundi. E dal grano, nelle sue derivazioni di farine e di semole, le caratteristiche paste fatte a mano nelle case, i tipici pani e gli squisiti dolci. Dolci che qui hanno come elemento apportatore di sapore dolce il miele ben più e ben prima che lo zucchero. E dall’ulivo, dalle olive, oli tra i migliori dell’area mediterranea e quindi, sia detto, del mondo. E dalla vite, dalle uve, grandi vini.
Recenti e meditate degustazioni ci hanno riavvicinato ai grandi vini sardi, con la riproposizione dei due protagonisti: il Cannonau e il Vermentino. Si visita la
Cantina di Dorgali. Realtà molto interessante per come, coeso e ben guidato il top management, hanno saputo impostare anni addietro un coraggioso processo di miglioramento qualitativo che necessariamente principiò dalla vigna, suadentemente imponendo ai conferitori il must delle basse rese per ceppo. A seguire, in cantina, la tecnologia bastevole affinché adeguatamente fossero esaltate le caratteristiche varietali del Cannonau.
E nel merito, ci piace menzionare il Cannonau di Sardegna Villa di Isalle. Quale gioia nel percepire al naso il connotante profumo di mirto. Lo vediamo, come da manuale, abbinato alle grandi carni rosse. Lietissima sorpresa, poi, con il Rosa e Luna, uno spumante molto fine, piacevolissimo, ottenuto da sole uve autoctone. E qui l’abbinamento è con il pesce.

Ad Oliena si visita la
Cantina Gostolai, di cui è appassionato patron Tonino Arcadu. Affabulatore colto, è un piacere ascoltarlo. Avoca a sé competenza e la passione immensa per la sua isola, per Oliena e per i suoi grandi vini. Sorprendenti per carattere i suoi bianchi; qui si menziona un suo piccolo capolavoro: il Cannonau di Sardegna Classico Nepente di Oliena 2013, che ben vediamo abbinato al robusto Pecorino Sardo Dop maturo.
Ed al netto dei flussi vacanzieri estivi - sui cui benefici nel medio e lungo termine, allorquando i numeri sono eccessivi e le abitudini sono scostumate, opportune sarebbero approfondite riflessioni - è sul saper porgere gli esiti sedimentatisi in millenni di cultura materiale della suddetta sacra triade del Mediterraneo che il turismo incoming si gioca il suo futuro.
L’abilità dovrà consistere nel non sentirsi necessariamente attrattivi più di tanto né verso il villeggiante, portatore del concetto obsoleto di villeggiatura, né verso il turista mordi e fuggi, avido collezionista di selfie e poco interessato ad approfondire la conoscenza della Sardegna vera. Una Sardegna fatta di borghi abitati da gente ospitale. Ed è qui che si palesa il cimento al quale sono chiamati i sardi nell’imminenza del terzo decennio del secolo: saper commutare la figura di turista in quella di temporary citizen. Saper accogliere e mettere a loro agio quelle persone, in prevalenza Millennials, che vogliono provare l’esperienza del vivere mediterraneo in quella terra che del Mediterraneo è culla tanto schiva quanto profonda e schietta.

Encomiabile in tal senso l’agire, frutto di strategia ben meditata e validamente attuata nei suoi primi step, dell’ente camerale di Nuoro. Agostino Cicalò, presidente della
Camera di commercio di Nuoro, sta imprimendo al suo territorio quella svolta acceleratrice in virtù della quale, stante il coinvolgimento pieno e consapevole di tutti gli stakeholders, davvero potrà accadere, in tempi brevi, che il volano virtuoso generato da questo emergente fenomeno del nuovo modo di intendere il turismo nella società reticolare, arrechi gli attesi benefici alla comunità nuorese e delizi, regalando emozioni ed esperienze introvabili altrove, i turisti commutatisi in temporary citizens.