L’Italia non si può permettere di andare ad elezioni anticipate in piena pandemia e di fronte all’impossibilità di ricostituire un governo giallo-rosso guidato ancora da Conte, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, conscio del difficile momento, gioca la carta del governo istituzionale e chiama l’ex presidente della Bce, Mario Draghi, per guidare il Paese nel momento forse più drammatico dal Dopoguerra. Una scelta che mette tutti i partiti, dai 5 stelle a Fratelli d’Italia, di fronte alla scelta di una unità nazionale che mette in secondo piano, polemiche, divisioni ideologiche o più banalmente di potere. Siamo in piena emergenza.
All’uomo che già negli anni recenti ha salvato l’Europa e l’Italia dal disastro economico e finanziario toccherà quindi di cercare di guidare un Governo che, come ha chiesto Mattarella, dovrà essere di alto profilo. La crisi sanitaria ed economica «richiede un governo nella pienezza delle sue funzioni e non un governo con l'attività ridotta al minimo. Avverto il dovere di rivolgere alle forze politiche un appello per un governo di alto profilo per far fronte con tempestività alle gravi emergenze in corso», così ha detto con chiarezza il capo dello Stato dopo che il presidente della Camera, Roberto Fico, gli aveva certificato la rottura sui nomi del possibile Conte ter dopo il veto di Matteo Renzi sul nome del ministro della Giustizia, il 5stelle Alfonso Bonafede.
Al di là del merito delle polemiche interne a quella che ormai è l’ex maggioranza giallo-rossa, o delle richieste legittime delle destre di andare al voto, ci permettiamo di ricordare che da tempo auspichiamo un governo di unità nazionale per affrontare le drammatiche emergenze sanitarie ed economiche. C’è un Paese che ha bisogno di coesione e coerenza di indirizzi e ci sono aziende (in primis quelle dell’accoglienza e del turismo) drammaticamente piegate dalla pandemia e da provvedimenti sbagliati dei Governi Conte e 1 e Conte 2 che devono recuperare fiducia nelle istituzioni. E c’è un Recovery Plan che deve rimettere in pista un Paese malato di riforme sbagliate e demagogiche. C’è un Paese che ha bisogno di una larga maggioranza in parlamento per tracciare il futuro del prossimo decennio, scelta che deve riguardare tutti i partiti e non può essere frutto delle scelte di pochi, incompetenti, raccolti attorno a Palazzo Chigi.
Roberto Fico aveva certificato l’impossibilità di fare nascere un Conte ter dopo una giornata di altissima tensione e dopo le mancate intese su nomi e contenuti ai tavoli del programma e per la squadra di governo. Lo scambio di accuse tra gli ex alleati e Italia Viva aveva portato allo strappo finale. «Bonafede, Mes, scuola, Arcuri, vaccini, Alta Velocità, Anpal, reddito di cittadinanza. Su questo abbiamo registrato la rottura, non su altro. Prendiamo atto dei niet dei colleghi della ex maggioranza. Ringraziamo il presidente Fico e ci affidiamo alla saggezza del Capo dello Stato», così aveva scritto su Facebook Matteo Renzi.
Sergio Mattarella e Mario Draghi (fonte Il Fatto Quotidiano)
Ma anche veti incrociati al tavolo sulla squadra. Va detto che la fumata nera era già ufficiosa nel pomeriggio nel vertice di Matteo Renzi con Dario Franceschini, Vito Crimi e Roberto Speranza per cercare un'intesa sulla nascita di un governo Conte ter. Dal Mes al ruolo di Arcuri, non si sarebbero registrate le aperture attese. In particolare, Crimi avrebbe detto no alla richiesta di sostituire i ministri Alfonso Bonafede e Lucia Azzolina. In più, sarebbe stato "posto un veto" su Teresa Bellanova al ministero del Lavoro.
E va detto che sembra davvero una vergogna che alla fine ci si sia arenati sulle questioni dei nomi. Alla fine Renzi è riuscito nel gioco di uccidere in culla il Conte ter, ma non avrebbe alcun guadagno vero visto che in un governo di unità nazionale non conterebbe nulla. In questa palude Draghi non avrà certo un lavoro facile, ma va detto che anche da destra era stato più volte evocato come l’unico in grado di avere autorevolezza per superare i partiti. E questo era ben noto a Mattarella. Tanto che anche Salvini lo aveva indicato più volte. E sarebbe davvero strano se il Pd e Forza Italia, i partiti più europeisti, oggi non sostenessero uno dei padri della nuova Europa. Se poi nei 5 stelle dovesse prevalere l’ala movimentista … vorrebbe dire che tutte le dichiarazioni di europeismo delle ultime settimane erano solo l’ennesimo gioco di trasformismo. In queste condizioni potrebbero non essere indispensabili per fare un governo del presidente.