Solo nel 2020 hanno chiuso in Italia 20mila aziende tra i pubblici esercizi e nel 2021 se ne stimano altrettante. Mancano i turisti, il ritorno dello smart working impatta e le attività chiudono. Lo segnala la Fipe, la Federazione italiana pubblici esercenti. E a essere particolarmente colpite sono le città d’arte, dove a causa del drastico calo di presenze, molti pubblici esercenti sono costretti a chiudere o a ridurre l'orario di esercizio. Emblematico il caso di Roma dove il calo dei consumi nei pubblici esercizi ha raggiunto picchi del 30%. Mentre Confcommercio lancia l'allarme: «Se il Governo non interverrà con una proroga degli ammortizzatori Covid sono a rischio altri 50mila posti di lavoro solo nel settore dei pubblici esercizi».
La crisi pandemica sta facendo chiudere le aziende
Decine di migliaia di posti di lavoro sono a rischio. L’emergenza pandemica sta mettendo nuovamente in ginocchio, bar, ristoranti, aziende di caterging, mense, discoteche e sale giochi. In particolar modo a essere maggiormente colpite sono le città d’arte. Lo segnala la Federazione italiana pubblici esercenti (Fipe). «Mancano i turisti, il ritorno dello smart working impatta e le attività chiudono», ha dichiarato il presidente Roberto Calugi.
Il caso di Roma
A Roma la situazione è particolarmente drammatica dove la Fiepet (la Federazione italiana degli esercenti pubblici e turistici Confesercenti) segnala che duemila aziende, pari al 15% circa dei pubblici esercizi, hanno dovuto ridurre l'orario di lavoro a causa di quarantene e casi Covid. Ma non solo, dai dati dell’ente emerge un drastico calo dei consumi, pari al 30% in meno, rispetto alla media. Questo sarebbe causato secondo Fiepet da un mix di fattori, dalla paura di entrare nei locali all'aumento dello smart working fino ai contagi. Nella capitale si preannunciano già 8 mila licenziamenti negli alberghi.
Confcommercio: «Urge una proroga degli ammortizzatori sociali»
«Se il Governo non interverrà con una proroga degli ammortizzatori Covid sono a rischio altri 50mila posti di lavoro solo nel settore dei pubblici esercizi». E’ l’allarme lanciato da Roberto Calugi, presidente di Fipe-Confcommercio, la Federazione italiana dei Pubblici esercizi insieme alla sua associata Aigrmi (l’Associazione delle Imprese di Grande Ristorazione e servizi Multilocalizzate), in seguito all’esaurimento degli effetti della Cassa integrazione Covid, scaduta lo scorso 31 dicembre e che, se non prorogata, rischia di generare gravi ripercussioni sulla tenuta occupazionale del settore, a fronte del perdurare delle difficili condizioni sanitarie causate dalla pandemia. Migliaia di posti di lavoro sono a rischio, dunque, e l’ulteriore dispersione delle competenze presenti nel comparto, già messo a durissima prova da due anni di pandemia.
La richiesta: ulteriori 13 settimane di cassa Covid
La richiesta di ulteriori 13 settimane di cassa Covid, riguarda soprattutto quelle attività che più di altre stanno subendo le conseguenze delle limitazioni e dall’incertezza creata dal risalire della curva dei contagi. In particolare, i pubblici esercizi presenti nelle città d’arte, colpiti dalla mancanza di turismo internazionale, alle attività di catering e banqueting, legate a cerimonie ed eventi, alla ristorazione collettiva, penalizzata anche dal massiccio ricorso allo smart working, e quella commerciale, svolta soprattutto lungo gli accessi turistici del Paese: aeroporti, stazioni ferroviarie, aree di servizio autostradali. A queste fattispecie si aggiunge la drammatica situazione delle discoteche e dei locali di intrattenimento a oggi nuovamente chiuse, e le difficoltà delle sale gioco lecito, pesantemente colpite dalle misure di restrizione.
Servono misure di ristoro tempestive
«Le catene della ristorazione in viaggio in particolare nelle stazioni ferroviarie e negli aeroporti, stanno soffrendo in modo particolare della recrudescenza della pandemia - ha aggiunto Cristian Biasoni, presidente di Aigrim – Così come la ristorazione che beneficiava ampiamente dei flussi turistici. Inoltre, per la ripartenza dello smart working, anche i normali flussi dei pendolari si stanno riducendo notevolmente». E alle sue parole sono seguite quelle del presidente di Confcommercio Lino Enrico Stoppani. «La Fipe chiede misure urgenti per evitare dolorose iniziative di “legittima difesa” – ha detto – Porterebbero infatti a licenziamenti e a drastiche riduzioni di posti di lavoro, con gli annessi problemi sociali e le prospettive per un settore strategico per l’economia del Paese. È indispensabile, invece, preservare le competenze professionali del settore per consentire la ripresa delle attività in sicurezza quando questa fase critica sarà superata».
Undicimila controlli, ma pochissime sanzioni allo scattare del Super green pass
L’introduzione del Green pass rafforzato ha portato nella giornata di lunedì 10 gennaio a 11mila controlli che hanno riguardato tutte le attività. Le sanzioni sono state soltanto 120, pari a poco più dell’1%. Sono invece state soltanto cinque le attività che hanno dovuto chiudere dopo essere state sanzionate tre volte nell’arco della stessa giornata.
Nel frattempo Tni Italia lancia un presidio di protesta
Nel frattempo Tni Italia (Tutela Nazionale Imprese associazione che si batte a tutela dei diritti del settore Horeca) annuncia un presidio di protesta per chiedere un maggiore impegno e supporto economico da parte del Governo al settore. Si svolgerà domani, mercoledì 12 gennaio, a partire dalle 12, in piazza dei Santi Apostoli a Roma (tra l’altro, visto l’alto numero di contagi, anche altre città stanno organizzando iniziative locali). L’associazione segnala che agli alberghi non mancano solo i non vaccinati, ma anche i turisti e moltissime sono le famiglie bloccate a casa tra isolamenti e quarantene. Mediamente da oggi le imprese della ricettività e della ristorazione perderanno una nuova fetta del loro fatturato: un -20% ulteriore che si va a sommare al -40% perso da Natale in poi. L’associazione teme 10mila eusuberi.