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Non è un coprifuoco Ma i locali pagano il prezzo più alto

Non senza lasciare nodi irrisolti e dubbi interpretativi, il nuovo Dpcm pone nuovi limiti all’attività della ristorazione e dei bar. Decisivo il ruolo della Fipe che ha impedito che passassero regole più rigide. Quello che serve subito sono contributi a fondo perduto per coprire i mancati incassi e pagare i costi fissi.

di Alberto Lupini
direttore
 
19 ottobre 2020 | 18:12

Non è un coprifuoco Ma i locali pagano il prezzo più alto

Non senza lasciare nodi irrisolti e dubbi interpretativi, il nuovo Dpcm pone nuovi limiti all’attività della ristorazione e dei bar. Decisivo il ruolo della Fipe che ha impedito che passassero regole più rigide. Quello che serve subito sono contributi a fondo perduto per coprire i mancati incassi e pagare i costi fissi.

di Alberto Lupini
direttore
19 ottobre 2020 | 18:12
 

Non è un coprifuoco come in Francia, ma l’ennesimo Dpcm di Conte (siamo al 17° da febbraio ad oggi...) potrebbe essere solo un modo per prolungare l’agonia di molti locali. Se da un lato è fondamentale avere in qualche modo garantito, praticamente unici in Europa, un minimo di attività per le aziende dell’accoglienza (a parte il taglio degli aperitivi serali in piedi e dell’intrattenimento notturno), dall’altro non ci si può nascondere che le nuove norme sono pasticciate e all’insegna di un pressapochismo che fa un po’ paura.

NON SI PUO' SCARICARE TUTTA LA RESPONSABILITA' SUI COMUNI
Anche ammettendo che sia giustificata una stretta sulla movida (causa già dall’estate di una ripresa dei contagi...), ci chiediamo che senso abbia aver scaricato la responsabilità sui Sindaci per la chiusura di piazze o strade. O gli assembramenti vanno bloccati a prescindere (e già il Dcpm della scorsa settimana aveva vietato code fuori dai bar o dai ristoranti...), e allora è una questione di ordine pubblico, anzi di sicurezza nazionale. Oppure non è un problema reale di cui si occupa il Governo e ogni riferimento ai Sindaci, sia pure corretto in corso di stampa del decreto, è davvero ingiustificato. I Comuni, già a corto di risorse, non hanno i mezzi per bloccare gli assembramenti che in ogni quartiere si possono formare. Per non parlare del rischio che molti giovani optino per rave improvvisati nei tanti luoghi abbandonati delle nostre città (fabbriche in disuso, edifici disabitati, ecc.) per consumare alcolici che si possono comprare durante il giorno nei minimarket. L’averne bloccato la vendita dopo le 18 in Lombardia sembra solo una foglia di fico per evitare di fare controlli seri, visto che c’è un’intera giornata per rifornirsi.

Il nuovo Dpcm ha imposto una stretta sugli assembramenti e la movida: chiusura di tutti i locali a mezzanotte; bar la vendita in piedi termina alle 18, poi solo servizio al tavolo - Non è un coprifuoco Ma i locali pagano il prezzo più alto
Il nuovo Dpcm ha imposto una stretta sugli assembramenti e la movida: chiusura di tutti i locali a mezzanotte; bar la vendita in piedi termina alle 18, poi solo servizio al tavolo

DUBBI SULL'USO DEGLI SGABELLI AL BANCO DEL BAR
Ma andiamo oltre. Il Dpcm vieta per i bar il servizio in piedi dalle 18. E qui si aprono non pochi problemi visto che spesso ci sono sgabelli davanti ai banconi che, di fatto, trasformano questi in tavoli... La mancata chiarezza del decreto potrebbe essere fonte di discussioni in caso di controlli. Anche perché, dobbiamo dircela tutta, gli assembramenti nei bar si possono fare anche durante la giornata o per il caffè pomeridiano o per una semplice colazione.

E che dire di tutta l’attività dei catering? Restano le norme sui distanziamenti (ovviamente) e sulle feste con al massimo 30 persone, ma essendo vietati convegni, meeting e fiere, il lavoro praticamente è annullato. Tanto che le imprese del comparto (che hanno già perso il 90% del fatturato annuo) parlano di un fossato scavato intorno a loro. Già, ma fino a ieri erano permesse le sagre, per ragioni politiche, dove non c’era certo più sicurezza, e ora di fatto si deve chiudere tutto. Ma - e qui sta veramente il mistero - perché un ristorante può magari ospitare 150 clienti, se ha sale capienti, e in un banchetto, magari in saloni ancora più ampi e con tavoli rigorosamente con non più di 6 posti (quelli giusti giusti del tavolo degli sposi...) non si possono avere 150 ospiti? Per non parlare del nuovo impulso allo smartworking che taglia ulteriormente le gambe ai gestori delle mense, oltre che ai ristoranti.

Si tratta di misteri su cui sarebbe utile capire la ratio, anche se temiamo non ci sia. Del resto come spiegare le parole del ministro del Turismo, Dario Franceschini, che adesso, bontà sua, dice che forse bisognerebbe stanziare soldi per bar, ristoranti e catering in crisi, ma nel Dpcm non ci sono espliciti impegni in questo senso?

Non è un coprifuoco Ma i locali pagano il prezzo più alto

DECISIVO IL RUOLO DELLA FIPE
Per ora, pur avendo il timore che ci potranno essere altri Dpcm che restringeranno ulteriormente le maglie di questa rete, non possiamo che sperare nel senso di responsabilità dei gestori dei pubblici esercizi che, sia pure a caro prezzo, possono continuare a lavorare. E ciò grazie al sostegno, davvero decisivo, della Fipe che ha impedito con ogni mezzo che passassero regole più rigide che avrebbero azzerato un sistema e messo in ginocchio anche quel poco che riesce a resistere della filiera dell’agroalimentare di qualità. Il tutto a condizione che lo Stato metta però queste aziende nelle condizioni di sopravvivere. L’ultimo Dpcm, al di là di ogni valutazione, avrà infatti un effetto devastante con una nuova mazzata sui fatturati dei pubblici esercizi di almeno 470 milioni di euro ogni mese. Servono immediatamente contributi a fondo perduto per coprire i mancati incassi e pagare i costi fissi.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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