Sospiro di sollievo per i prodotti agroalimentari made in Italy: il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha deciso di non estendere gli aumenti tariffari a vino, olio e pasta. Lo si apprende in seguito alla pubblicazione della nuova lista allargata sui prodotti Ue da colpire a seguito della disputa sugli aiuti al settore aereonautico. Le modifiche introdotte colpiscono però in maniera significativa Francia e Germania, risparmiando, oltre all’Italia, il Regno Unito (in negoziato bilaterale con gli Usa) e la Grecia, che è stata tolta dalla lista dei paesi colpiti da dazi sui formaggi.
Come fa notare Coldiretti, i nuovi dazi avrebbero colpito 3 miliardi di euro di cibo made in Italy, pari a 2/3 del totale, in un momento reso già difficile dall’impatto della pandemia sul commercio globale. Tra l’altro gli Stati Uniti sono il primo mercato extraeuropeo per i prodotti agroalimentari tricolore, per un valore che nel 2019 è risultato pari a 4,7 miliardi, con un ulteriore aumento del 4,8% nei primi sei mesi del 2020, anche se a giugno le difficoltà causate dal coronavirus hanno fatto segnare un’inversione di tendenza (-0,9%). Restano, invece, in vigore le tariffe aggiuntive del 25% entrate in vigore lo scorso 18 ottobre 2019 che hanno già colpito specialità italiane come Parmigiano Reggiano, Grana Padano, Gorgonzola, Asiago, Fontina, Provolone ma anche salami, mortadelle, crostacei, molluschi agrumi, succhi e liquori come amari e limoncello.
«Occorre impiegare tutte le energie diplomatiche per superare inutili conflitti che rischiano di compromettere la ripresa dell’economia mondiale duramente colpita dall’emergenza coronavirus», ha affermato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare l’importanza della difesa di un settore strategico per l’Ue che sta pagando un conto elevatissimo per dispute commerciali che nulla hanno a che vedere con il comparto agricolo. «L’Unione Europea ha appoggiato gli Stati Uniti per le sanzioni alla Russia che come ritorsione proprio all’inizio di agosto di sei anni fa ha posto l’embargo totale su molti prodotti agroalimentari, come i formaggi, che è costato al Made in Italy 1,2 miliardi ed è ora paradossale che l’Italia si ritrovi nel mirino proprio dello storico alleato, con pesanti ipoteche sul nostro export negli Usa. Al danno peraltro si aggiunge la beffa, poiché il nostro Paese si ritrova ad essere punito dai dazi Usa nonostante la disputa tra Boeing e Airbus, causa scatenante della guerra commerciale, sia essenzialmente un progetto francotedesco al quale si sono aggiunti Spagna e Gran Bretagna».
«È un’ottima notizia - ha dichiarato il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti - perché l’inasprimento dei dazi avrebbe posto un ostacolo in più sulla strada verso la piena ripresa del sistema agroalimentare italiano dopo l’emergenza sanitaria». Confagricoltura ricorda che gli Stati Uniti sono il primo mercato di sbocco del Made in Italy agroalimentare fuori dall’Ue. Nel 2019 l’export di settore ha superato 4,5 miliardi di euro. I vini, da soli, incidono sul totale per 1,5 miliardi.
Ettore Prandini, Massimiliano Giansanti, Ernesto Abbona
«Ancora una volta l’
Italia del vino rimane fuori dalla disputa commerciale Airbus», ha sottolineato il presidente dell’Unione italiana vini (Uiv),
Ernesto Abbona. «Nell’esprimere soddisfazione e gratitudine per quanto fatto in Italia e negli Usa a vari livelli dal settore, dall’indotto e dalle istituzioni, riteniamo questo un successo - fondamentale ma purtroppo non definitivo - della diplomazia in un mercato che vale circa
un quarto delle nostre esportazioni di vino nel mondo. Ora confidiamo che l’azione politico-diplomatica combinata che ha visto protagonisti, tra gli altri, il sottosegretario agli Esteri, Ivan Scalfarotto, e l’Ambasciatore italiano a Washington, Armando Varricchio, e oltre 27mila commenti anti-dazi pervenuti dai Paesi interessati agli uffici del Commercio americano, si concentri sull’indagine Usa relativa alla cosiddetta digital tax approvata l’anno scorso dal Governo italiano. L’obiettivo è scongiurare ancora una volta una ritorsione commerciale che si rivelerebbe perdente per l’Italia, l’Europa e gli Stati Uniti. Per questo servirà intensificare il dialogo incoraggiando, anche in sede europea e internazionale, un percorso di cooperazione con gli Stati Uniti sui due fronti aperti. Dobbiamo assolutamente evitare che il vino possa divenire nuovamente bersaglio di dispute alle quali è completamente estraneo».
Secondo le elaborazioni su base dogane dell’Osservatorio del vino Uiv,
gli Stati Uniti rappresentano il primo buyer di vino al mondo e l’Italia è tornata a essere il primo Paese fornitore, con un valore delle vendite nel primo semestre di quest’anno fissato a quasi 1 miliardo di dollari, in crescita sia a volume (+2,9%) che a valore (+1,8%) sul pari periodo 2019. La Francia, colpita dai dazi aggiuntivi e principale competitor oltreoceano, nello stesso periodo ha registrato una perdita a valore del 25,3%; anche la Spagna ha pagato dazio alle ritorsioni commerciali accusando un -12,3%. Tra i vini made in Italy, il cui risultato è ancor più significativo se si considera anche il calo complessivo delle importazioni di vino negli Usa (-10%, a 2,8 miliardi di dollari), gli spumanti (+4,7%) fanno meglio a valore rispetto ai fermi imbottigliati (+1,3%), che rimangono la tipologia più venduta con un controvalore di 742 milioni di dollari. In forte difficoltà invece i fermi imbottigliati francesi che, vittime dei dazi aggiuntivi, chiudono il semestre a -37%.
Dino Scanavino, Nicola Bertinelli
«Serve lavorare a livello europeo - ha commentato il presidente Cia-Confederazione italiana agricoltori,
Dino Scanavino - per salvaguardare il nostro sistema agroalimentare, che soffre a causa delle conseguenze della pandemia. La contrazione dei consumi interni di Parmigiano Reggiano, Grana Padano, Gorgonzola è stato, infatti, un ulteriore colpo per queste eccellenze italiane, già vittime della politica protezionistica Usa nel 18 ottobre 2019. Cia è preoccupata anche per i nuovi dazi annunciati su prodotti della Francia e della Germania, che non potranno non avere ripercussioni per il nostro Paese: la chiusura dello sbocco Usa per quelle merci creerà necessariamente una sovra-offerta nel mercato interno. Restiamo, comunque, fiduciosi che il lavoro negoziale del Commissario Hogan con l’amministrazione Usa possa risolvere una volta per tutte questa lunga guerra commerciale, anche in vista dell'atteso verdetto dell'arbitrato Wto sulla controversia Boeing, che dovrebbe risolversi in modo positivo per l'Europa».
Sospiro di sollievo per il Parmigiano Reggiano. «Non possiamo certo festeggiare perché restano in vigore le tariffe aggiuntive del 25% entrate in vigore lo scorso ottobre - ha precisato
Nicola Bertinelli, presidente del Consorzio - ma almeno Trump ha risparmiato l’Italia rispetto alla sua ipotesi iniziale di inasprire ulteriormente i dazi. In un momento difficile come quello che stiamo attraversando, sarebbe stato un altro duro colpo per la nostra Dop per la quale gli Stati Uniti rappresentano il secondo mercato estero (dopo la Francia), e il primo mercato extra Ue con volumi che superano le 10mila tonnellate di prodotto esportate ogni anno. Lavoreremo in sinergia con Governo e Unione Europea affinché siano eliminate queste barriere al libero commercio che nulla hanno a che fare con la questione del Consorzio Airbus: siamo pronti a fare gioco di squadra con tutti i settori del Food di qualità italiana per vincere questa battaglia, sperando in una drastica riduzione o addirittura in un’eliminazione delle tariffe nel 2021».
«Un’ottima notizia per le nostre filiere agroalimentari - ha dichiarato il ministro delle Politiche agricole
Teresa Bellanova - soprattutto quelle che negli anni sono state capaci di conquistare quote di mercato sempre più rilevanti nell’export verso gli Usa. E la dimostrazione evidente che quando a muoversi è, all’unisono, un intero sistema-Paese, politica e diplomazia, i risultati arrivano, come già era accaduto nei mesi scorsi. Ancora una volta abbiamo scongiurato il rischio di danni irreparabili per le nostre eccellenze agroalimentari e una filiera che la pandemia ha messo duramente a prova. Adesso più che mai non è tempo di guerre commerciali».
Teresa Bellanova, Cesare Baldrighi
«Già nel gennaio scorso - ricorda la Ministra - nell’incontro con il Segretario all’Agricoltura Usa Perdue avevo sollecitato con forza che l’agroalimentare italiano fosse considerato estraneo, come di fatto è, alla vicenda Airbus e avevo registrato condivisione e disponibilità. L’azione messa in campo a partire dalla Farnesina e che abbiamo esercitato anche nell’interlocuzione diretta con l’Europa conferma la necessità di agire in modo coeso e concertato. Ed è una lezione che dovremo far valere per convincere l’Amministrazione Usa a rivedere le decisioni ingiustificate e penalizzanti verso alcune delle nostre eccellenze, e che nei prossimi mesi sarà fondamentale proprio nel programma di sostegno all’export su cui stiamo già lavorando. Un programma che dovrà vederci impegnati anche negli Usa, a difendere i nostri prodotti, la nostra qualità, la nostra unicità. Alle guerre commerciali è preferibile, di gran lunga, la competizione virtuosa, che fa meglio in tutti i sensi e soprattutto parla direttamente ai consumatori, chiamandoli a scegliere la qualità. Continueremo a sostenere e incoraggiare il Commissario Ue al commercio Hogan a compiere ogni sforzo negoziale per la ricerca di una soluzione che garantisca benefici reciproci».
«Un ulteriore inasprimento dei dazi usa sarebbe stato drammatico per tutta la filiera delle Dop e Igp - ha ricordato
Cesare Baldrighi, presidente di Origin Italia, l’Associazione italiana consorzi indicazioni geografiche - soprattutto in questa fase molto complicata, in cui l’agroalimentare italiano sta cercando di ripartire, dopo le pesanti conseguenze dell’emergenza Covid e della chiusura a livello mondiale dei canali Horeca. Un danno che avrebbe interessato anche gli stessi consumatori americani che nei prodotti italiani a marchio ricercano una specificità. Quando il nostro Paese si muove in modo univoco riesce ad ottenere i risultati sperati. Abbiamo sempre riposto fiducia nel dialogo tra i diversi livelli istituzionali e oggi questo risultato ci conforta. Auspichiamo che venga trovata una soluzione condivisa tra le due sponde dell’Atlantico riguardo alle note dispute commerciali che ponga fine a queste ritorsioni che non giovano allo sviluppo commerciale di Usa ed Europa».