Domani, 28 settembre, si festeggia nel mondo l'International Poke Day. Prima di entrare nel ghiotto merito di questo piatto (anzi, ciotola) così intrigante e saporito, facciamo una duplice considerazione di metodo. Perché duplice e perché di metodo. Perché ci sono due considerazioni che inducono a riflettere su quanto permangano differenti i paradigmi spaziali e temporali tra noi mediterranei e gli statunitensi. Ed è bello così, sia detto. In Italia il mercato delle pokerie ha registrato 98 milioni di euro di fatturato nel 2021 e si prevede possa raggiungere i 143 milioni di euro nel 2024.
Alcuni esempi di poke bowl
Prima considerazione, quella spaziale
Poke è pietanza che, ad ascoltare gli statunitensi, nasce in un arcipelago sperduto nell’Oceano Pacifico, a 4mila km circa dalle coste della California, così piccolo, ma così piccolo che la superficie complessiva di questo arcipelago, il cui nome è Hawaii (che è anche il nome dell’isola più grande) è di appena 28mila kmq (circa). Bene, la nostra isola più grande, che è anche la più grande di tutto il Mediterraneo, parliamo della Sicilia, ha una superficie di circa 26mila kmq. L’arcipelago delle Hawaii è divenuto nel lontano 1959 il cinquantesimo Stato degli Usa. Quindi, prima considerazione, quella spaziale: la relatività del “piccolo” e del “grande” tra Nord America e area Mediterranea.
Ancora più interessante, la relatività temporale
Sì, il poke è un piatto di antica tradizione. Pensiamoci bene. Il poke nasce nei lontani anni ’70 dello scorso secolo. Ha ben mezzo secolo di storia. Giusto per restare in Sicilia, un piatto tipico qual è il cous cous risale al IX secolo, appena dodici secoli fa. Perché questa premessa di metodo ?! Non per farci belli ed esibire complesso di superiorità. No, assolutamente no. Bensì, per ammirare serenamente le abilità di valorizzazione world wide di un piatto hawaiano che è diventato tipico e famoso in pochi anni. Una grande percentuale delle richieste di cibo nel mondo riguarda le poke bowl. Chapeau.
Ma cosa è, e adesso entriamo nel merito, il poke ?
Il poke è portare il mare nella ciotola. Pesce crudo tagliato a dadini e marinato con sale, nocciole, alghe e piante marine locali ovviamente edibili. La parola "poke" in hawaiano significa "pezzo"; qui ad intendersi proprio il pesce fatto a pezzi. Una curiosità fonetica. La parola poke va pronunciata in modo che faccia assonanza con okay. Simile al sushi, il poke sta diventando il sushi di nuova generazione. In effetti, potremmo definire il poke una versione decostruita del sushi. La sua principale differenza rispetto ad altri piatti a base di pesce crudo che esistono in altre cucine, come il ceviche sudamericano, è che non utilizza lime, limone o altri agrumi.
Aloha è la parola hawaiana che sta per “benvenuto”
Ecco, il poke è preparato come spuntino di aloha per gli ospiti. In origine il pesce crudo usato per fare il poke era principalmente "aku", squisita specie di tonno locale striato, ma oggigiorno il poke è fatto anche con salmone e crostacei. In aggiunta, alghe (limu) e inamona (un condimento tradizionale hawaiano a base di noci kukui tostate e schiacciate). Considerato quindi cibo del benvenuto, ma anche comfort food, ci sono variazioni negli ingredienti utilizzati nel poke che si prepara lontano dalle Hawaii. In Giappone e Corea, il poke viene consumato con salsa di soia, pesce, uova e cipolle verdi. Altre contaminazioni virtuose vedono la felice intrusione di avocado, salsa ponzu (saporito contributo della cucina giapponese), funghi, coriandolo, ananas, cetriolo.Ma ancora, laddove si vuole avvertire la sensazione del piccante, jalapeño sottaceto e/o la salsa sriracha. Circa le modalità di marinatura, un’evoluzione significativa (la tradizione che non si ingabbia da sola, bensì evolve) nell’anno 2014 fu l’abbandono della pre-marinatura mediante il massaggio con il sale dei dadini di pesce, a vantaggio di una gocciolatura abbondante della salsa teriyaki. Quindi, in tutta evidenza, un’altra squisita contaminazione dalla cucina giapponese.
Il poke è un piatto hawaiano
Una poke bowl ha 150 calorie
Quindi, il poke è ad alto contenuto proteico ed è al contempo ipocalorico ed è ricco di vitamine. Le poke bowl sono facili da preparare ed è agevole presumere che possano diventare tra i piatti preferiti da ordinare a casa, così diversificando l’offerta di delivery per i ristoranti specializzati. In Italia, sovente la poke bowl è costituita da uno strato di base di riso bollito, pesce crudo o frutti di mare, verdure, con l'aggiunta di vari condimenti e salse. Un consiglio per quanti volessero accontentare i gourmet vegetariani che non vogliono rinunciare alla poke bowl: usare il tofu al posto del pesce, inventando così la ciotola vegetariana.
E se proprio ci si volesse cimentare e preparare in casa la nostra poke bowl?
Suvvia, è facile. Ci procuriamo 500 grammi di sashimi di tonno lo tagliamo a cubetti (altrimenti che “poke” sarebbe!). Voluttuosamente, a mani nude, mescoliamo questi dadini di tonno con tre cucchiai di salsa di soia, un cucchiaio di salsa teriyaki, un filino di olio (usiamo il nostro evo, sebbene la ricetta suggerisca / imponga l’olio di sesamo), un cucchiaino di aglio tritato e una manciata di cipolla. Non è che un po’ di peperoncino piccante ci stia male, ad ogni modo. Una volta amalgamato il tutto, lo copriamo copritelo con la pellicola trasparente e lo lasciamo in frigo per un'ora. E poi...evviva l’International Poke Day. Non dimentichiamoci di scattare una foto della nostra poke bowl e postarla sui social media con gli hashtag #InternationalPokeDay e #PokeDay.