Era il poeta del miele Andrea Paternoster, cultore delle cose belle e buone del made in Italy, apicoltore appassionato che aveva nobilitato l'arte del cosiddetto "nomadismo" e di cui oggi piangiamo la morte sopraggiunta dopo che giovedì scorso era stato coinvolto in un incidente stradale. Aveva 54 anni.
Andrea PaternosterOgni anno spostava i suoi alveari (oltre 1.500) nei luoghi più vocati per la produzione di mieli monofloreali:
dal Trentino alla Sicilia, dal Friuli al Cilento, dalla Lombardia alla Maremma, dal Polesine alla Sardegna. Amava esplorare i territori, amava viaggiare da un capo all'altro della Penisola per scoprire - grazie al racconto dei contadini e dei monaci di alcune abbazie - i luoghi migliori per le sue api.
Nel 2007 gli avevo dedicato un ampio reportage, corredato dalle splendide immagini del foreporter
Renato Vettorato, sulla rivista mitteleuropea bilingue (italiano e tedesco)
Papageno. Titolo: "Tutti i colori del miele interpretati da Andrea Paternoster". Mieli
valorizzati da molti ristoratori stellati. Tra i primi
Peter Brunel che al Ristorante "Chiesa" di Trento gli aveva dedicato un menu monotematico. Protagonisti i
mieli di Castel Thun: il rarissimo miele di corbezzolo, l'altrettanto raro e prezioso miele di rododendro, il miele di tarassaco, il miele di lavanda, il miele di rosmarino, il miele di girasole.
Ed ancora:
il miele di tiglio, di eucalipto, di sulla, di castagno, di carrubo, solo per citarne alcuni. Una sinfonia di colori, profumi e sapori che si sposavano in una sorta di
matrimonio d'amorosi sensi con i formaggi, le carni, il pesce, le erbe spontanee e molte altre preparazioni gastronomiche. Già al primo incontro a Castel Thun i mieli di Andrea Paternoster mi avevano affascinato. Cosiccome mi avevano entusiasmato le gemme di pino mugo immerse in un delicatissimo miele di acacia. Ultime sue creazioni: l'idromiele spumantizzato, l'acquavite di miele e l'aceto di miele.
Andrea aveva superato il concetto di
miele "dolcificante" e nel corso dei numerosi incontri con gli amanti della buona tavola amava ripetere: «Usate pure il miele quando avete il mal di gola o il raffreddore, usatelo per addolcire il caffè o una tazza di latte, ma gustatevelo con le persone care nei momenti più piacevoli della giornata poiché il miele è gioia, è vita, è convivialità».
La sua filosofia era racchiusa in due parole:
tempismo nel seguire lo sviluppo delle fioriture e sensibilità nella selezione dei mieli, premessa fondamentale per ottenere quella "quintessenza" di mieli monofloreali che sottolineavano la purezza di quel miracolo della natura che filosofi, poeti e scrittori dell'antichità definirono "dono del cielo" (Aristotele), "alimento divino" (Apicio), "rugiada celeste" (Virgilio). Caro Andrea, ora ti immagino lassù a volteggiare, spensierato,
tra le api celesti del paradiso. Buona passeggiata.