La pandemia che ancora fa paura per quanto perniciosamente presente nel nostro Paese come nel resto del mondo, ha provocato e continua a provocare danni ingenti all’economia. Ma lo strumento per porre rimedio ai suddetti ingenti danni non va individuato necessariamente nella ricostruzione tal quale del modello di business al quale siamo avvezzi.
Il Made in Italy tra turismo ed enogastronomia
Interessante a tale riguardo il gruppo Facebook: “Il mercatino dei prodotti alimentari 100% made in Italy”. Nato appena otto mesi, quindi poco prima del lockdown, conta già oltre 24mila iscritti, chef, food blogger, giornalisti, gourmet, buongustai, studenti). La brillante idea è di Paolo Zeoli, laurea in Economia e Commercio, docente di liceo. L’obiettivo del gruppo è promuovere e valorizzare il made in Italy nel settore alimentare, in esso includendo anche
le dinamiche del turismo enogastronomico. È un germoglio. Grande e benevola attenzione a come saprà e vorrà crescere.
Del resto maggiore efficacia, ne siamo persuasi, trarremo dalla costruzione di
modelli di business originali che abbiano a linea guida quelli che poi, e certamente ciò non è un caso, dovrebbero essere i vettori trainanti il Paese: disintermediazione, digitalizzazione, green economy. La disintermediazione è fenomeno che si palesa maggiormente quando si attenua l’asse di asincronia determinato dallo spazio e dal tempo. Riflettiamo insieme: comprare un prodotto agroalimentare, comporta per noi andare in un negozio. Sia esso il negozietto al dettaglio, sia esso il centro commerciale, comunque di buon grado e ritenendo più che naturale quanto imprescindibile il comportamento, effettuiamo acquisto di quanto ci necessita non dal produttore ma da colui il quale ha assunto il ruolo di colmare il suddetto asse di asincronia.
Il commerciante, detta in breve, ha contezza degli spazi e dei tempi del produttore e sa armonizzarli agli spazi ed ai tempi dell’acquirente/consumatore. Ma questo asse di asincronia è più un retaggio che non un’esistenza attuale. Volete che il produttore non sappia arrivare al consumatore? Ma, meglio ancora, volete che noi consumatori non sappiamo arrivare al produttore? Se la confidenza con la digitalizzazione e con i social media, scavalcando le banalità del chiacchiericcio perpetuo, del gossip, dei selfie e del “vedete come sono bello e come sono bravo”, si orienta ad applicazioni b2c (business to consumer) ed anche, la novità vera ed interessante, al suo reciproco
c2b (consumer to business), il nuovo modello nasce robusto,
prende vigoria nella sua crescita e diviene nel tempo breve la nuova normalità.