Il no deal come sbocco dei negoziati sulle relazioni commerciali con l'Ue per il dopo Brexit è sempre più probabile, come avrebbe fatto intendere la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, pur non dando percentuali sul successo del negoziato in corso.
La questione, dunque, anche per l’Italia si fa sempre più preoccupante. In particolare, come sottolinea il presidente della Coldiretti Ettore, senza accordo sulle regole con l’Unione Europea, la Gran Bretagna rischia di diventare il porto franco del falso Made in Italy in Europa per la mancata tutela giuridica dei marchi dei prodotti italiani a indicazioni geografica e di qualità (Dop/Igp), che rappresentano circa il 30% sul totale dell’export agroalimentare tricolore.
La Gran Bretagna potrebbe diventare un porto franco di prodotti di imitazione del Made in Italy
Gran Bretagna porto franco dei falsi Made in ItalyLa
Gran Bretagna potrebbe, infatti, diventare un porto franco per l’arrivo di prodotti agroalimentari di
imitazione del Made in Italy che nel mondo fatturano 100 miliardi e che vedono tra i maggiori
contraffattori gli
Usa, con i quali gli inglesi hanno stretto un accordo commerciale, ma anche il
Canada e
l’Australia che fanno parte del Commonwealth.
Non dimentichiamo il kit per produrre in casa falsi vini italianiSi tratta purtroppo di un rischio reale come dimostrano le vertenze Ue del passato nei confronti di
Londra con i
casi della
vendita di
falso Prosecco alla
spina o in
lattina fino ai
kit per
produrre in casa
finti Barolo e
Valpolicella o addirittura
Parmigiano Reggiano. Ma è anche possibile che in Gran Bretagna senza le regole sanitarie dell’Unione Europea arrivino prodotti arrivino prodotti vietati nell’Unione come il
pollo al
cloro o la
carne agli
ormoni permessi in Nordamerica.
L’etichetta “britannica” boccia l’85% del Made in ItalyIl rischio è peraltro che si affermi una legislazione sfavorevole alle
esportazioni agroalimentari italiane come, ad esempio,
l’etichetta nutrizionale a semaforo sugli alimenti che si sta diffondendo in gran parte dei
supermercati britannici e che boccia ingiustamente quasi l’85% del Made in Italy a denominazione di origine (Dop), compresi prodotti simbolo,
dall’extravergine di
oliva al
prosciutto di
Parma, dal
Grana Padano al
Parmigiano Reggiano.
In Uk l’export italiano ha raggiunto i 3,4 miliardi di euro nel 2019Le esportazioni di prodotti alimentari tricolori sono state pari a 3,4 miliardi di euro nel 2019, dopo il
vino che complessivamente ha fatturato sul mercato inglese quasi 771 milioni di euro, spinto dal
Prosecco Dop, al secondo posto tra i prodotti agroalimentari italiani più venduti in Gran Bretagna ci sono i derivati del
pomodoro con circa 350 milioni di euro nel 2020, con un aumento del 14% in valore nei primi nove mesi del 2020 ma che rischiano di subire l’impatto dei nuovi standard imposti con l’uscita della Gran Bretagna dalle Ue.
Nella filiera del pomodoro introdotta la tecnologia blockchainPer questo nel primo contratto di filiera pluriennale del
pomodoro da
industria per il sud Italia tra Princes industrie alimentari e Coldiretti è stata introdotta per la prima volta in Italia la
tecnologia blockchain in grado di fissare immutabilmente in un database pubblico tutti i dati relativi al “viaggio” del pomodoro dal
campo allo
stabilimento industriale.
Nella blockchain sono stati raccolti tutti i dati relativi
all’origine del prodotto (tutti gli appezzamenti di
terreno coltivati), ai lavoratori assunti per la
raccolta e ai
macchinari utilizzati nonché i dati relativi al
trasporto ed alla
trasformazione. Un progetto con la collaborazione della Casaleggio Associati che ha coinvolto 300 aziende agricole, 19 cooperative e 9 Organizzazioni dei produttori per un totale di quasi 3 milioni di quintali di prodotto destinato all’estero dove le grandi catene chiedono il rispetto di precisi standard sanitari, ambientali e di tutela del lavoro contro il caporalato.