Vivere fino a 100 anni: se alla longevità sostituissimo la fullgevità?

Tra i fattori che si ritiene contribuiscano ad arrivare ad un’età “a tre cifre” c’è, primo tra tutti, l’alimentazione. Forse però bisognerebbe spostare l’attenzione dalla durata alla pienezza

18 aprile 2024 | 07:30
di Vincenzo D’Antonio

Quanti concetti fondamentali, efficacemente denominati “ancoraggi della vita” per come e per quanto disegnano i nostri modelli di pensiero e i nostri modelli comportamentali, sono “storicamente determinati”, ovvero variano in funzione dello scorrere del tempo e delle correlate modifiche che plasmano la convivenza sociale. Tra questi assume posizione di rilievo il concetto di “longevità”.

Che cosa è la longevità?

La longevità è da intendersi come una durata della vita che va oltre la durata media. Ergo, le persone longeve esse stesse determinano l’innalzamento della durata media della vita e pertanto concorrono a un’aggiornata valutazione di cosa abbia da intendersi come longevità. Una longevità storicamente determinata, dunque. Ad oggi, la sfida per definire longeva una persona è che costei abbia rotto il limite delle due cifre bastevoli per esprimere l’età. Insomma, a dirla semplicemente, la longevità è attribuzione a cui appartengono gli ultracentenari.

L’alimentazione alleata numero uno della longevità

Tra i fattori che si ritiene contribuiscano ad arrivare ad un’età “a tre cifre” c’è primo tra tutti, l’alimentazione. Non a caso: “noi siamo quello che mangiamo”, è meditata e saggia affermazione del filosofo tedesco Ludwig Feuerbach: era l’anno 1850, circa due secoli fa. Illustre, pur con le ovvie differenze dovute al salto di oltre due millenni, il predecessore di Feuerbach, Ippocrate, che già 400 anni prima di Cristo ebbe a dire: «Fa’ che il cibo sia la tua medicina e che la medicina sia il tuo cibo».

Longevità e Dieta mediterranea

La sterzata scientifica, dando al filosofo Feuerbach il merito dell’intuizione e dell’accorta divulgazione del suo profondo pensiero, è di circa un secolo dopo e la si deve al celebre medico statunitense Angel Keys, lo scopritore della Dieta Mediterranea (siamo negli Anni Cinquanta dello scorso secolo). La Dieta Mediterranea è l’unica dieta che è stata “scoperta” e non “inventata”: una riflessione è d’obbligo.

Angel Keys dopo decenni di indagini svolte nel Cilento, giunse alla conclusione che l’alimentazione a base di pane, pasta, frutta, verdura, legumi, olio extravergine di oliva, pesce e poca carne era la responsabile della longevità sulla popolazione cilentana. Questo tipo di alimentazione venne chiamata Dieta Mediterranea, dichiarata dall’Unesco “Patrimonio immateriale dell’Umanità”. I suoi studi vennero compendiati nel famoso libro “Eat well and stay well”, ovvero Mangiar bene e Stare bene. Insomma, a farla breve, con Feuerbach prima e con Keys dopo, assimiliamo che per vivere a lungo dobbiamo stare bene attenti a ciò che mangiamo, a come e di cosa ci nutriamo.

Longevità: e se invece di allungarla “allargassimo” la vita?

Ma poi, e siamo a cavaliere tra il XX e il XXI secolo, subentra un altro filosofo, un ingegnere filosofo napoletano, tale Luciano De Crescenzo che invita a una riflessione atta a riconsiderare il concetto stesso di longevità. In poche parole, l’ingegnere filosofo invitava suadentemente, irresistibile il suo vago sentore ironico, a riflettere sul fatto che tutti noi ci diamo da fare per allungarci la vita, quando invece dovremmo darci da fare per “allargarla” piuttosto che allungarla, la vita! Ovvero, non tanto fare per più tempo le stesse cose, bensì fare, a parità di tempo, più cose: invito gagliardo e gioioso a una vita attiva. Senza dubbio De Crescenzo conosceva il pensiero del suo collega filosofo, l’austriaco Karl Popper che disse “ognuno ha l’età dei suoi pensieri”, e del drammaturgo irlandese George Bernard Shaw: “L'uomo non smette di giocare perché invecchia, ma invecchia perché smette di giocare”.

Viviamo da malati per morire sani? Il concetto di fullgevità

L’insegnamento di Feuerbach è caro all’illustre antropologo Marino Niola che con lodevole arguzia scrive: «Siamo quello che mangiamo diceva Feuerbach. Bene, oggi noi siamo quello che non mangiamo. Viviamo da malati per morire sani». È praticamente l’ortoressia.

Disegniamo un esagono e ad ogni angolo dell’esagono collochiamo i sei giganti che ci hanno sin qui aiutato con i loro pensieri a rimeditare il concetto di longevità. In un angolo c’è Angel Keys che indicandoci la Dieta Mediterranea da lui scoperta, continua a dirci, per il nostro bene: “Eat well and stay well”. In un altro angolo c’è Ippocrate: «Fa’ che il cibo sia la tua medicina e che la medicina sia il tuo cibo».

Ancora, in un altro angolo c’è Karl Popper: «Ognuno ha l’età dei suoi pensieri». E ancora, in un altro angolo c’è Luciano De Crescenzo: «Il guaio è che gli uomini studiano come allungare la vita quando bisognerebbe allargarla». Cioè, introduciamo qui un neologismo, spostare l’attenzione dalla longevità alla fullgevità: dalla durata alla pienezza. E ancora, in un altro angolo c’è Ludwig Feuerbach: “noi siamo quello che mangiamo». Nel sesto angolo, proprio vicino a Feuerbach, c’è il professore Marino Niola, antropologo: «oggi noi siamo quello che non mangiamo. Viviamo da malati per morire sani, e questa è ortoressia».

Noi siamo al centro dell’esagono e assimiliamo i pensieri di tutti e sei i grandi pensatori. Ne consegue che diviene dovere, oltre che diritto, essendo saliti sulle spalle di sei giganti, provare a produrre sparso pensiero proprio. E se provassimo a valorizzare la vita fino alla fine? Svegliarsi al mattino con la radiosa consapevolezza che il nuovo giorno che sta cominciando è proprio un giorno speciale. E perché speciale? Ma come perché! È il primo giorno della rimanente parte della nostra vita e quindi, un giorno così importante, vorremo mica sprecarlo? Si tratterà di valorizzare quella ricchezza che, riuscendo a non impigrirci e a non rassegnarci, il tempo che viene ci saprà donare. Sia così benvenuta la nuova longevità, apportatrice della capacità di reinventarsi e godere a lungo di serena vita creativa, anche grazie al miracolo digitale che la tecnologia ci sta offrendo.

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Alberto Lupini


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