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Cibi fermentati e intestino: perché fanno bene e come integrarli nella dieta

Dalla fermentazione nascono alimenti ricchi di microrganismi e composti bioattivi che migliorano l'equilibrio del microbiota intestinale, con effetti su digestione, immunità e infiammazione

 
25 luglio 2025 | 07:30

Cibi fermentati e intestino: perché fanno bene e come integrarli nella dieta

Dalla fermentazione nascono alimenti ricchi di microrganismi e composti bioattivi che migliorano l'equilibrio del microbiota intestinale, con effetti su digestione, immunità e infiammazione

25 luglio 2025 | 07:30
 

La fermentazione è una delle tecniche più antiche al mondo per conservare il cibo. Fin qui nulla di nuovo. Quello che oggi inizia a diventare più chiaro è che, oltre a prolungare la vita degli alimenti, questo processo può giocare un ruolo importante anche nella salute dell'intestino. Non è un caso se yogurt, kefir, kimchi e compagnia bella stanno vivendo una stagione di grande attenzione scientifica e popolare, ritrovandosi sempre più spesso nei frigoriferi di chi cerca un'alimentazione più consapevole.

Cibi fermentati e intestino: perché fanno bene e come integrarli nella dieta

Cibi fermentati: benefici per l’intestino e salute del microbiota

Un'antica pratica con benefici attuali

La pratica della fermentazione accompagna l'uomo da circa ottomila anni e affonda le radici nelle tradizioni alimentari di moltissime culture, dall'Asia all'Europa, passando per il Medio Oriente. In origine serviva soprattutto a rendere sicuri e durevoli alimenti facilmente deperibili, come il latte o le verdure. Il principio resta lo stesso: grazie all'azione di microrganismi come batteri e lieviti, il cibo si trasforma, sviluppando caratteristiche diverse dal punto di vista chimico, nutrizionale e organolettico. Per capire meglio il legame tra cibi fermentati e benessere intestinale abbiamo chiesto un parere alla dottoressa Maria Bravo, biologa nutrizionista di Humanitas San Pio X. «Durante la fermentazione - spiega - i microrganismi modificano le componenti dell'alimento, migliorandone la stabilità e abbattendo sostanze potenzialmente dannose. In alcuni casi possono anche aumentare la disponibilità di vitamine e minerali, come il calcio, facilitandone l'assorbimento». In sostanza, il cibo fermentato diventa più “amico” dell'intestino, non solo perché si conserva meglio, ma anche perché può offrire un valore nutrizionale maggiore.

Come agiscono i cibi fermentati sull'intestino

Alcuni di questi alimenti contengono microrganismi vivi capaci di superare l'ambiente acido dello stomaco e arrivare fino all'intestino, dove possono contribuire a mantenere in equilibrio la flora batterica. Ma anche quando i microrganismi non sopravvivono al passaggio gastrico, restano le tracce del loro lavoro: enzimi, acidi organici e altri composti bioattivi che continuano a dialogare con il nostro microbiota, influenzando positivamente il metabolismo, la risposta infiammatoria e il sistema immunitario.

Quali alimenti fermentati scegliere e come integrarli nella dieta

I cibi fermentati, del resto, non sono affatto difficili da trovare o da integrare nella dieta quotidiana. Lo yogurt, per esempio, è forse il più comune: ottenuto dalla fermentazione del latte, contiene lactobacilli che aiutano a digerire il lattosio e a sostenere la flora intestinale. Il kefir, più liquido e variegato dal punto di vista microbico, è un altro valido alleato del microbioma. Ci sono poi prodotti meno familiari alla dieta mediterranea ma sempre più diffusi, come il kimchi coreano, speziato e ricco di fibre, o i crauti, tipici del Nord Europa, che al di là del sapore pungente sono una fonte naturale di vitamina C e probiotici.

Dall'Oriente arrivano anche il miso e il tempeh, entrambi derivati della soia. Il primo viene utilizzato come base per zuppe e salse, ed è apprezzato per la presenza di enzimi digestivi; il secondo ha una consistenza più solida ed è una buona fonte di proteine vegetali. Anche il kombucha, tè fermentato dal gusto acidulo, ha guadagnato popolarità negli ultimi anni grazie al suo potenziale probiotico. Più di nicchia, infine, il natto giapponese: non a tutti piace, ma è un concentrato di vitamina K2, importante per la salute delle ossa e del cuore.

Cibi fermentati e intestino: perché fanno bene e come integrarli nella dieta

Fermentazione e benessere intestinale: cosa dice la scienza

La letteratura scientifica sta iniziando a confermare quello che molte culture avevano intuito da secoli. Una revisione di studi clinici ha messo a confronto gli effetti dei cibi fermentati rispetto a una dieta ricca di fibre, valutando l'impatto sulla composizione del microbioma intestinale e sull'attività del sistema immunitario. Dopo 17 settimane, solo il gruppo che consumava alimenti fermentati - fino a sei porzioni al giorno, tra yogurt, kefir, verdure fermentate, kombucha e formaggi - ha mostrato un aumento della diversità batterica intestinale, considerata un indicatore positivo per la stabilità dell'ecosistema microbico.

Oltre a questo, si è osservata una crescita di ceppi favorevoli come Ruminococcaceae e Streptococcaceae, una riduzione di Lachnospira - associata a processi infiammatori - e un generale calo dei marker infiammatori nel sangue. Risultati che aprono una riflessione interessante: i cibi fermentati potrebbero avere un impatto più diretto e rapido sulla salute dell'intestino rispetto alla sola fibra alimentare. Questo non significa certo che si debbano abbandonare legumi, cereali integrali o verdure fresche, ma suggerisce che includere quotidianamente alimenti fermentati in un regime alimentare equilibrato potrebbe essere una strategia efficace per favorire un microbiota più resiliente, ridurre l'infiammazione e migliorare il metabolismo.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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