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Arte della cucina al tavolo: un’usanza da recuperare

La pratica del flambé è un’arte di grande impatto scenografico, che oggi si sta riconquistando le luci della ribalta, e lo sarà ancor di più con il termine di tutte le restrizioni dovute al Covid-19

di Valerio Beltrami
presidente Amira
 
11 giugno 2021 | 08:00

Arte della cucina al tavolo: un’usanza da recuperare

La pratica del flambé è un’arte di grande impatto scenografico, che oggi si sta riconquistando le luci della ribalta, e lo sarà ancor di più con il termine di tutte le restrizioni dovute al Covid-19

di Valerio Beltrami
presidente Amira
11 giugno 2021 | 08:00
 

Dopo aver trattato nell’articolo scorso l’argomento dell’accoglienza, ora voglio parlare dell’arte della cucina al tavolo, un modo per incuriosire il nostro ospite. Come la definisco io, “una coccola in più”. La cucina al flambé è nata dall’esigenza di scaldare le vivande. Le prime testimonianze parlano di scaldavivande alimentati con della brace con candele o alcol che permettevano di mantenere le pietanze in caldo in sala da pranzo. Il ricettario “Cuisinier Moderne” del 1742 presenta le prime testimonianze in cui si parla di un piatto di pernice preparato in cucina e rifinito in sala su una specie di lampada ad alcol. Pare che il primo ad utilizzare la lampada fu il maître d’hotel del Cafè de Paris di Montecarlo Henry Charpertier nel 1895. Una sera quando la cucina era già chiusa, al Cafè giunse il principe di Galles che divenne poi Re Edoardo VII; il maître riuscì a trovare delle crêpes già pronte in cucina, le portò in sala, sistemò la lampada su un carrello, lo avvicinò al tavolo e diede inizio alla sua creazione che risultò essere straordinaria, tanto che ancora oggi viene proposta. Queste furono le prime crêpes della storia che il principe chiamò “Suzette” in onore della donna che aveva cenato con lui.

Arte della cucina al tavolo Un’usanza da recuperare



Il periodo che esaltò l’arte della cucina al flambé fu quello della Belle époque, dove tutti i grandi hotel e ristoranti adottarono questa tecnica con grandissimo successo. Oggi come allora la pratica del flambé, cioè la cottura in sala da pranzo, è un’arte di grande impatto scenografico, che oggi si sta riconquistando le luci della ribalta, e lo sarà ancor di più con il termine di tutte le restrizioni dovute al Covid-19. Ogni movimento del maître deve essere calibrato, in sala non sono ammessi errori il piatto deve essere perfetto, cucinare davanti al cliente esige una precisione che si acquisisce solo dopo tanta esperienza. Il cliente viene emozionato e stregato dal fascino che il maître e la lampada riescono a trasmettere, dai movimenti eleganti, dal fuoco e infine da quella fiamma che illumina tutto il ristorante.

Esistono vari tipi di lampade (realizzate in argento, in acciaio, in rame), di altezze diverse, ed esistono anche dei carrelli predisposti per cucinare. Possiamo dire che non ha importanza il materiale che viene usato, è invece importante che tutto sia sempre ben pulito. Per la padella si consiglia quella di rame ad alto spessore con interno in acciaio inox 18/10 e con il manico in legno, questo per evitare che si surriscaldi e crei problemi a chi sta lavorando. Il lavoro alla lampada può sembrare facile, ma va ricordato che chi opera dietro a un guéridon oltre ad essere un buon attore deve conoscere perfettamente il lavoro che sta svolgendo, questo per evitare di rovinare tutto con un risultato contrario a quello che si desidera, richiede una perfetta mise en place, questo perché durante la preparazione non si può mai interrompere il lavoro che si sta portando avanti.

Come ultima cosa, aggiungo che vi potrà capitare di vedere le stesse ricette preparate in maniera diversa, ad esempio per la frutta si può usare o no il burro, un distillato invece di un altro, ecc. Non sono errori ma usanze, questo perché il lavoro alla lampada dà spazio ad ognuno di personalizzare le varie ricette.


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