La psicosi generata dall’arrivo e dalla diffusione del coronavirus e soprattutto la chiusura totale del settore alberghiero (hotel, ristoranti, bar, caffetterie, ecc.) non ci possono non far pensare a come e con quali regole e norme dovremo e potremo riaprire i nostri locali. Tutto ciò mi porta a ricordare il lontano 1973: mi trovavo a Napoli quando scoppiò il colera, anche se son passati ben 47 anni il ricordo nella mia mente resta indelebile. Si usciva con la mascherina e con il disinfettante in tasca, si evitava di prendere i mezzi di trasporto... Ecco, oggi sto rivivendo quel momento, ma se allora ero poco più che un ragazzo e non mi resi conto della gravità, oggi nella mia mente sorgono tante paure e domande.
Sarebbe bello svegliarci domani mattina e sentire su tutte le tv, i giornali radio e i quotidiani che il virus è stato sconfitto e si è trovato il vaccino. Purtroppo non sarà così, ci vorrà ancora del tempo (speriamo che sia breve) e allora come tanti colleghi ecco che nella mente mi pongo tante domande, ad esempio: come faremo a riaprire e come faremo a far tornare i clienti nei nostri locali? Non possiamo dimenticare che i clienti sono lo scopo del nostro lavoro e senza di loro il nostro lavoro è inutile. Dovremo trovare tutte le formule necessarie per poter garantire la sicurezza in primis a noi e al nostro personale e poi alla clientela.
Tutti abbiamo voglia di riaprire, di accorciare i tempi, ma ecco che nella mia mente si formano tutte quelle domande che ancora oggi non hanno risposta. Dovremo ridurre la capacità del nostro locale del 50%? Dovremo inventarci una nuova figura che dovrà fare accoglienza prima di entrare nel locale e con il termine accoglienza intendo rilevare la temperatura a ogni cliente? E se uno ha una temperatura superiore a 37,5 come dovremo comportarci? Dovremo consegnare noi le mascherine ai clienti? Un nucleo familiare che vive sotto lo stesso tetto potrà sedersi allo stesso tavolo?
Queste sono solo una piccola parte delle domande che continuamente mi pongo e che mi pongono i soci di Amira. Non so dare e non so darmi risposte. La mia paura è che molti locali saranno obbligati a chiudere dopo tanti anni di sacrifici. Questi pensieri mi danno tanta tristezza, però una cosa mi fa sorridere e pensare positivo: la nostra Italia, il nostro territorio, la nostra storia, le nostre città, la nostra gastronomia, i nostri vini, ma soprattutto noi italiani sapremo rimboccarci le maniche e con la nostra professionalità torneremo più forti di prima. Sì, perché dopo ogni tempesta torna il sereno.