Nei giorni scorsi abbiamo puntato i riflettori sui dati al ribasso dell’affluenza nelle città d’arte e le disdette a valanga che hanno ingessato il mercato alberghiero. Eravamo abituati bene. Secondo i dati dell'Organizzazione mondiale del turismo (Unwto), l’agenzia Onu di riferimento, nel 2019 più di 1 miliardo e 300 milioni di turisti avevano varcato le frontiere del proprio Paese di residenza.
Un hotel in ristrutturazione
Una marea orientata a concentrarsi sempre sulle mete più ambite, quelle classiche, con l’Italia ben ancorata ai vertici delle fantasie globali di benessere. Una pressione che alimentava il circolo virtuoso degli investimenti e dello sviluppo delle strutture. Poi la doccia fredda, che ha spinto l'Associazione Italiana Confindustria Alberghi a dichiarare, solo una settimana fa: «A dieci giorni dall'esplosione dell'emergenza Coronavirus in Italia
il settore turistico alberghiero sta affrontando una situazione di fermo assoluto su tutto il territorio nazionale. Aumentano le segnalazioni di aziende costrette a chiudere a fronte della completa assenza di ospiti».
A questo quadro si aggiungono la “chiusura” dell’Italia,
zona arancione da nord a sud, lo stop ai voli internazionali e la certezza della quarantena al rientro per chi è già qui per motivi professionali. Come dire, il nostro Paese in molti settori sta grippando.
E pensare che nel 2019, secondo il report di World Capital sugli “Immobili a uso ricettivo”, il mercato immobiliare alberghiero ha registrato un volume di investimenti di oltre 3 miliardi di euro, pari a più di un quarto degli investimenti in real estate del 2019. Un settore florido e che era in espansione per soddisfare a furor di riconversioni o realizzazioni di complessi ex novo una potente domanda di mercato: 64 milioni di presenze annue tra Roma, Venezia, Milano e Firenze, con una percentuale rilevante di quelle internazionali. Un dato per tutti: l’86% nel capoluogo veneto. Bocce ferme su tutti i fronti, quindi. Da una parte gli investitori internazionali nel nostro appetibile real estate, dall’altra i fruitori del loro impegno, i turisti. Con una previsione al ribasso, da oggi a fine maggio, secondo uno scenario ipotizzato da Confindustria-Confcommercio, di 31,6 milioni di presenze per un valore di 7,4 miliardi di euro.
«Il 15% dei 4 stelle in città sono chiusi – sottolinea un pool di direttori d’albergo di Milano e provincia – il 90% delle camere occupate sono andate perse, il personale è ridotto del 70% e quando si saranno esaurite ferie e permessi cosa accadrà?». Domanda agghiacciante su cui pesa la spada di Damocle di una possibile requisizione di strutture alberghiere per ospitare persone in sorveglianza sanitaria, isolamento fiduciario, permanenza domiciliare.