Sostenibilità, bio o imballaggi: sfide equivoche se non c’è attenzione al fattore umano

Il miglior proposito per quest'anno è quello di focalizzare l'attenzione sul valore delle persone sia come lavoratori sia come consumatori, in altre parole dare valore vero alla “filiera della professionalità”

18 febbraio 2023 | 08:30
di Massimo A. Giubilesi

Per molti operatori del settore Food&Hospitality il 2022 doveva essere l’anno della ripresa dopo la pandemia. Tutti speravamo nel cosiddetto annus mirabilis. Purtroppo, il 2022 ci ha proposto un altro evento drammatico che rischia di trasformarsi nel colpo di coda determinante per tantissimi attività. La guerra in Ucraina non solo ha scatenato una serie di problemi con conseguenze gravissime, ma sta svolgendo il ruolo di catalizzatore che ci costringe a cercare e direi, finalmente, “mettere a terra” soluzioni che da tempo dovevano trovare applicazione nei nostri modelli di business.

 

Esattamente un anno fa, gli esperti e gli analisti definivano il 2021 annus horribilis (anno orribile) che ha registrato diversi record negativi, tra i quali spiccano i dati sulle nuove aperture di attività nel settore della ristorazione: 300 in meno rispetto al 2020, e meno della metà rispetto a 10 anni fa. Nel 2021 hanno avviato l’attività 8.942 imprese, mentre poco meno di 23mila l’hanno cessata. Il saldo è negativo per quasi 14mila unità. Resta, quindi, elevato il turn over imprenditoriale nel settore. (fonte Ristorazione 2021 - Rapporto annuale Fipe).

In questo complesso scenario, che succederà nel 2023?

È ancora presto per dire quale sarà il saldo a fine 2022, ma basta guardarsi intorno per percepire i risultati che non promettono grandi soddisfazioni. Se l’estate bollente che abbiamo vissuto ha visto tanti imprenditori entusiasti dall'impennata di prenotazioni, la doccia fredda arrivata con le bollette energetiche ha spento il fuoco della speranza di una ripresa significativa. In questo complesso scenario, che ne sarà del 2023? Se fate un veloce giro sul web, troverete diversi trend che cavalcano in primis il concetto di sostenibilità ambientale, condito con innovazioni digitali e contornato dalle diverse esigenze dei consumatori. Personalmente penso, che salvo alcune previsioni, ponderate con analisi e studi seri, la maggioranza di questi trend inevitabili - secondo i loro autori - non sono altro che sforzi di marketing che hanno come unico scopo quello di far parlare del brand o del prodotto.

 

La realtà ci dice un'altra cosa

I lettori attenti notano anche che, per quanto riguarda i cosiddetti trend salutistici, cioè le tendenze che evidenziano la crescita dei consumi dei prodotti vegetariani, vegani e plant based, spesso nascondono una mera azione volta a dirigere le scelte dei consumatori verso prodotti definiti come buoni ed ecosostenibili, ma la realtà ci dice un'altra cosa. Produrre hamburger vegetali, bevande sostitutive del latte o tantissimi dei prodotti etichettati come “free from” oppure “clean” richiede processi produttivi che difficilmente possono passare come rispettosi verso l’ambiente, per non parlarne poi della necessità di aggiungere stabilizzanti, emulsionanti, conservanti e altri additivi che rendono alquanto sfumato il concetto di cibi salubri e naturali.

Gli imballaggi alimentari 

Un altro esempio in questa direzione sono gli imballaggi alimentari. Tralasciando le numerose polemiche più o meno corrette sulle recenti novità della Ppwr (Packaging and packaging waste regulation - adottata dalla Commissione Europea lo scorso 22 novembre) volta a promuovere riduzione, riutilizzo e riciclo degli imballaggi, è doveroso ammettere che innovazioni e trend futuri avranno un impatto positivo sui conti economici delle aziende, mentre quello sull’ambiente sarà tutto da valutare. Questo genere di novità inizia ad infastidire anche i consumatori, più attenti e capaci di informarsi su ciò che comprano e mettono sulla tavola. Aumentare i prezzi dei prodotti con la scusa dell’introduzione di un imballaggio ecosostenibile piace poco, soprattutto se contenitore e imballo, oltre a essere ingombranti nello smaltimento, costano più del prodotto che avvolgono. Dicendo ciò non voglio essere pessimista nè tanto meno sminuire gli sforzi che sta facendo l’industria sulla strada della svolta verso un’economia sostenibile e circolare. Possiamo discutere se sia meglio ridurre, riutilizzare o riciclare gli imballaggi, ma la sopravvivenza e la crescita degli operatori del settore non si può rinchiudere tra le mura della scatola legislativa che spesso risulta poco connessa con le problematiche reali del mercato.

Quattro pilastri fondamentali

La luce che personalmente intravedo nel fondo del tunnel sta in un consapevole e mirato ritorno alle radici e agli approcci imprenditoriali che si basano su quattro pilastri fondamentali: le cucine a km0 e filiera corta del territorio, la qualità al posto della quantità, il servizio professionale. Il tutto governato da un sistema efficiente di controllo informatico della gestione operativa che, a fronte di un budget sostenibile dell’attività, permetta di prevenire e aggiustare in tempo reale eventuali deviazioni inaspettate di costi e ricavi. La tanto decantata food experience perde qualsiasi valore, se non accompagnata da un servizio organizzato e attento che vede le persone al centro della cultura d’impresa e della qualità.

Ciò non significa però bandire le innovazioni e l’applicazione di nuove tecnologie di produzione e conservazione o le nuove forme di ospitalità. Tra le innovazioni che ci attendono nei prossimi anni, ormai in fase di immissione sul mercato o di sperimentazione avanzata in vari Paesi del mondo, sicuramente vedremo lo sviluppo dei “novel food”, ovvero i nuovi alimenti o i nuovi ingredienti alimentari di origine vegetale e animale (insetti e microalghe) e della “cultured meat", ovvero la carne coltivata originata dalle cellule staminali.

Riportare al centro il fattore umano

Ma il miglior proposito per il nuovo anno è quello di riportare al centro delle nostre aspirazioni il fattore umano, il valore delle persone sia come lavoratori che come consumatori, in altre parole dare valore vero alla “filiera della professionalità”. Chiudo con la celebre frase dal libro “Fisiologia del gusto” di Anthelme Brillat-Savarin pubblicato nel lontano 1825 - “Gli animali si nutrono; l'uomo mangia; solo l'uomo di spirito sa pranzare”.

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Alberto Lupini


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