In ambito gastronomico le feste di cui stiamo vivendo la coda in questi giorni sono state caratterizzate, su tutti, da tre fatti che hanno destato particolarmente scalpore. Dalla “pasta, pesto e pollo” di Weston McKennie, centrocampista statunitense della Juventus che ha ammesso di mangiare un piatto composto da tali ingredienti, alla pasta con le vongole di Bruno Barbieri, lo chef bolognese che ha mostrato come utilizzare il burro nella ricetta. Si è parlato, soprattutto, della pizza all’ananas made by Gino Sorbillo, il noto pizzaiolo napoletano con un debole per le provocazioni e trovate di marketing che spesso e volentieri sanno rivelarsi virali. E virale è stata proprio la sua ultima “idea”: una pizza con l’ananas proposta nel suo locale “Presepe napoletano” durante gli ultimi giorni del 2023.
Una trovata capace di deflagrare, grazie al tam-tam spesso incontrollata dei social, sino ad arrivare anche all’estero. Ne hanno parlato il Times, il Daily Mail e il Der Spiegel, oltre a tutta la stampa nazionale di settore. In tanti sono trasaliti di fronte alla pizza con l’ananas, una delle varianti storicamente più “impertinenti”, sicuramente tra le più discusse che ci siano, per quanto questa ricetta circoli (nel mondo così come in Italia) ormai da parecchi anni, ma per lo più con base rossa e condita anche col prosciutto.
Una serie di fattori, tra cui sicuramente l’autore della pizza, la città in cui è stata proposta e il senso di difesa verso la “tradizione” che più o meno potente si cela in ogni italiano hanno contribuito alla viralità della notizia. Fatto sta, la pizza con l’ananas di Sorbillo (proposta in bianco, con tanto formaggio) ha invaso i social, grazie anche all’impegno del pizzaiolo che negli ultimi giorni ha spammato quanto possibile la sua ultima trovata (22 post sulla sua pagina Facebook dal 29 dicembre). Ma, a distanza di qualche giorno dalla pubblicazione della prima foto, quante pizze con l’ananas ha venduto Sorbillo? E soprattutto è stata un’iniziativa estemporanea oppure questa pizza verrà proposta anche negli altri locali della catena? L’abbiamo chiesto al diretto interessato.
Gino Sorbillo: «Vendute una ventina di pizze con l’ananas»
«Fino a oggi ne abbiamo vendute una ventina – ci ha detto Sorbillo – e per ora la propongo solo in questo nuovo locale, Presepe napoletano, ma ho intenzione di inserirla nei menu anche degli altri miei negozi. Tra i clienti devo dire che sono stati i napoletani i primi, spinti dalla curiosità, a ordinarla. In tanti devo dire si sono anche ricreduti, anche se non tutti ovviamente. Ma ho voluto giocare anche su questa provocazione, sull’istinto di dire "no" da parte di tanti, e devo ammettere come la metà dei clienti che ha provato questa pizza alla fine ha ammesso di averla apprezzata, ordinandola magari dopo aver mangiato la pizza più “tradizionale” e dividendola tra i commensali al tavolo».
I clienti sono stati più italiani o stranieri? «Per lo più italiani devo dire, forse perché magari gli stranieri la pizza con l’ananas già la conoscono nei loro Paesi d’origine quindi non hanno trovato tutta questa novità, prediligendo invece una variante più classica e legata all'italianità». Il clamore creato era stato certamente previsto e cercato da Sorbillo, che a proposito ci dice: «Sono voluto partire da tutti i pregiudizi che ci sono attorno al mondo pizza: meno di 10 anni fa sembrava impensabile trovare pizze con ingredienti tipo, faccio qualche esempio, la granella di pistacchio o le spume. Negli ultimi anni c’è stata una riscoperta e uno sviluppo del mondo pizza impensabile solo pochi decenni fa. Quindi mi domando: perché la pizza con l’ananas dovrebbe tradire la tradizione? Fino a 20 anni fa a Napoli non c’era mica la pizza con lo speck dell’Alto Adige che invece ora propongono in molti. I miei colleghi mica facevano la crema di patate viola che ora si trova ovunque, quindi se tanto è già stato sdoganato perché dire no a prescindere alla pizza con l’ananas?».
Pizza con l’ananas, Alberto Grandi: «Trovata di marketing, ma ben vengano per destare curiosità»
Per parlare della questione, da un punto di vista più sociologico e accademico, abbiamo contattato anche Alberto Grandi, storico dell'alimentazione e docente presso l'Università di Parma, nonché voce del podcast Doi - Denominazione di origine inventata. «Il dibattito sui piatti italiani si è molto radicalizzato, basti vedere cosa è successo con la ricetta originale della carbonara riproposta poco tempo fa dal mio amico Luca Cesari. L’altro aspetto è legato al personaggio Sorbillo che solo fino a qualche mese fa si ergeva a difensore della conservazione, quindi vederlo ora con la pizza all’ananas, per quanto con evidenti scopi di marketing, sicuramente crea dibattito. Poi in ambito alimentare sicuramente abbiamo, come italiani, dei nervi scoperti e quando questi vengono toccati parte una giostra di reazioni quasi sempre scomposte e ingiustificate. Secondo me sono questi i fattori che hanno scatenato così tanto dibattito. Detto ciò la pizza con l'ananas nel mondo esiste da decenni quindi non è tutta questa novità, e anche in Italia si mangia ormai da qualche anno. Devo ammettere, comunque, di non averla mai assaggiata ma vorrei farlo quanto prima».
«Da osservatore esterno il dibattito sul cibo si è abbastanza incancrenito quindi basta poco, anche una non novità come questa, per generare reazioni anche scomposte. Registro in tal senso anche un’altra forma di ipocrisia: a Napoli condannano così tanto la pizza con l’ananas, ma allo stesso tempo in città si fa la pizza con le patatine fritte e il würstel, quindi perché questi ingredienti non sono considerati “aberranti” alla stregua dell’ananas?».
«Qual è la differenza, perché l’ananas genera questa cosa mentre patatine fritte e würstel no? Secondo me c’è un retaggio anche abbastanza “americanizzante”: la pizza con l’ananas è legata agli Stati Uniti e ciò, per varie ragioni, la rende più respingente perché da italiani ci rifiutiamo quasi di mangiare qualcosa che ha le sue radici in America. Quindi un po’ di antiamericanismo per me esiste. Detto ciò ben venga la curiosità di coloro che, di fronte a queste iniziative, decide di informarsi e approfondire, per risolvere qualche dubbio andando a studiare la storia della cucina italiana e capire qualcosa in più in maniera più distaccata e meno ideologica. Secondo me qualcosa si sta muovendo, anche se ancora in piccole percentuali di fronte alle masse che criticano solo per il gusto di farlo. Se quindi iniziative come quella di Sorbillo, seppur fortemente marketing oriented, possono servire per destare un po’ di curiosità e fare informazione, ben vengano».
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Alberto Lupini
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