Ron Busman, presidente dei barman Iba: «L’associazione punta ad evolversi»

06 agosto 2016 | 15:58
di Carmine Lamorte
L'olandese Ron Busman vanta una lunga esperienza internazionale nel settore del bartending; nominato presidente dell'Iba (International bartenders association) nel 2014, il suo compito è e sarà quello di verificare all'interno di molte associazioni aderenti all'Iba se gli scopi e le finalità professionali dei barman sono ancora perseguiti.

Ron, raccontaci qualcosa di te.
Sono nato nel 1953 in Olanda ad Amsterdam. Ho tre figli e con due di loro condivido la passione per il calcio (la squadra preferita da mio figlio minore è l’Inter). Attualmente non lavoro più come barman, ma occasionalmente svolgo delle consulenze nel mondo del bar. Passo molte ore dedicandomi ad Iba, scrivo articoli per Spirits Business Magazine la rivista ufficiale dell’associazione, attualmente sto scrivendo un libro sull’Iba per commemorare i 65 anni di fondazione (avvenuta nel 1951). Moltissimo tempo però lo sto dedicando alla costruzione di un cocktail bar all’interno di casa mia.


Ron Busman

Quando è iniziata la tua carriera e come si è sviluppata negli anni?
Il lavoro al bar è stato l’unico vero lavoro che abbia mai fatto in tutta la mia vita. Il mio primo vero lavoro fu a 11 anni a lavare i piatti, la domenica pomeriggio in un ristorante nei pressi della stazione ferroviaria di Amsterdam. A 15 anni, terminati gli studi, il mio desiderio fu quello di iniziare subito a lavorare, in quanto la mia situazione famigliare non era delle più rosee dal punto di vista economico, mia madre era infatti divorziata. Ebbi però una vita serena, per questo motivo non vedevo l’ora di trovare la mia indipendenza economica.

Quando mia nonna seppe che volevo iniziare a lavorare mi incoraggiò a farlo in un ristorante ad Amsterdam, dove lei stessa aveva lavorato per moltissimi anni, così da poter aver un occhio su di me vista la mia giovane età. Ero senza esperienza, mi misero in una dispensa dove avevo il compito di preparare le bevande, che poi i camerieri avrebbero servito al ristorante. Quel lavorò mi “folgorò” e decisi immediatamente il mondo del bar sarebbe stato il futuro della mia vita. Dopo questa partenza da “busboy” iniziai la mia carriera al bar. Divenni secondo barman prima e capo barman più avanti lavorando per diversi anni in hotel a 5 stelle lusso fino alla gestione in proprio per circa 30 anni di un locale, il Boston Club ad Amsterdam, un esclusivo night club con cocktail bar e discoteca.

Raccontaci la tua esperienza e l’ingresso nell’associazione olandese dei barman.
Da giovane barman scoprii l’esistenza della Nbc e immediatamente mi iscrissi; iniziai a partecipare alle varie attività, mi sentivo come un pesce nell’acqua, partecipavo agli eventi e alle gare di cocktail sia in Olanda che all’estero. Nel 1975 venni selezionato per rappresentare l’Olanda all’Iba training centre, che si teneva a Blackpool in Inghilterra. Ebbi la fortuna di conoscere e avere come insegnante l’indimenticabile John Whyte che mi fece vivere un fantastico periodo professionale.

Alla vigilia di questa esperienza, avevo 22 anni, mi sentii come un principe stavo per andare all’estero e fare il mio primo viaggio in aereo. Spesso ripenso a quei giorni e dopo quasi 40 anni ho mantenuto il contatto con alcuni dei colleghi barman dell’epoca. Di ritorno dal training centre partecipai al concorso nazionale d’Olanda e vinsi il mio primo premio in una gara, classificandomi al 2° posto, e da allora partecipai a tutte le gare nazionali fino a quando venni eletto presidente della Nbc. Durante quegli anni vinsi 4 volte il concorso nazionale olandese e ottenni una lunga serie di secondi e terzi posto, più un secondo posto al concorso mondiale Iba del 1979 a Optaija, in Jugoslavia, un secondo posto al Premio Pensiero Paissa (l’attuale Bacardi Martini Grand Prix). Fui finalista del Martini Grand Prix alla fine degli anni ‘70 e mi classificai primo al 1° all’Open international polish cocktail competition.

Alcuni anni dopo venni eletto nel board dell’associazione olandese, come segretario prima, occupandomi successivamente della pubblicazione della rivista Cocktail, fino alla mia elezione a presidente dell’Associazione nazionale olandese nel 2001. Fu nel 1978 che il mio percorso professionale incrociò quello dell’Iba e venni contagiato da quel magnifico gruppo di persone provenienti da tutto il mondo, che stavano insieme per gli stessi scopi, la passione per il mondo del bar e per la profonda amicizia che anno dopo anno si rafforzava. Col passare del tempo l’Iba diventava la mia famiglia, forse la famiglia che non avevo avuto da piccolo. Oggi mi trovo a “servire” due famiglie e mia moglie lo sa benissimo, e trovare il giusto equilibrio tra le due è davvero difficile a volte.



Come sei diventato presidente Iba?
Di base non sono una persona ambiziosa, come presidente dell’Associazione olandese ho lavorato molto duramente per il suo sviluppo e parte di questo lavoro fu quello di rappresentarla nei vari meeting Iba. A dire la verità fu il presidente onorario Iba Umberto Caselli che mi suggerì nel 2005 che avrei dovuto considerare di entrare nell’Iba board e richiedere la candidatura come vice presidente per l’Europa; consiglio che successivamente seguii venendo eletto in quella particolare elezione. Per nove anni sono stato vice presidente Europa per Iba, ma fu nell’ultimo triennio che il numero di associazioni che mi chiedevano di considerare di candidarmi per la carica di presidente Iba aumentò. Alla fine mi convinsi a candidandomi, e fui eletto nel 2014 al congresso di Città del Capo in Sud Africa.

Quante nazioni oggi sono iscritte nella grande famiglia Iba?
Oggi il variopinto mondo Iba è composto da 65 nazioni di tutto il mondo, includendo Georgia e Macau che sono attualmente nella lista delle nazioni in osservazione, prima di essere confermate definitivamente, rispettivamente la prima in un anno e la seconda in tre anni. Ma ci sono altri contatti per l’ingresso di altre associazioni che sono state recentemente fondate, come ad esempio Arzebajan, India, Mauritius, Mongolia, Tahiti e Trinidad e Tobago.

Ron, come ben saprai nel mondo esiste più di una associazione nazionale all’interno dello stesso Paese; in un certo senso credi che Iba rappresenti anche quei barman aderenti ad altre associazioni non affiliate all’Iba? O Iba deve rappresentare solo le associazioni iscritte?
Personalmente credo che anche questi barman dovrebbero essere rappresentati nel mondo, ma essendo io il presidente Iba il mio primo obiettivo è quello di salvaguardare e tutelare le associazioni aderenti tra quelle incluse nelle 65, salvaguardando gli interessi nazionali delle associazioni iscritte all’Iba. Di recente e con molta diplomazia ho iniziato però a menzionare il fatto che in futuro Iba dovrà considerare che in certe nazioni vi sono più di una associazione nazionale di caratura internazionale e attiva. Penso anche che la posizione di esclusività nei confronti di Iba che le associazioni aderenti hanno attualmente, non sia sufficiente motivazione ad alcune di loro di essere abbastanza motivate ed attive nelle loro nazioni.

Stiamo anche ricevendo degli appunti da parte di alcuni sponsor internazionali, che lamentano il fatto che in molte nazioni, le associazioni affiliate all’Iba, non sono più le sole, vi sono numerose altre associazioni nazionali e movimenti che rappresentano i barman, questi appunti sono tenuti in forte considerazione da parte mia e dall’Iba board, questo in un vicino futuro potrebbe significare che alcuni di questi sponsor internazionali potrebbero lasciarci, e questo sarà un forte messaggio per tutti coloro coinvolti nell’Iba. So che molti nostri sponsor accetterebbero di buon grado l’ingresso in Iba di altre associazioni nazionali e al riguardo ho già avuto molti incontri e dialoghi con coloro che dirigono e rappresentano le aziende sponsor.

Si deve però prendere atto che l’iscrizione di una sola associazione nazionale per nazione si basa su regole e tradizioni Iba e questo è sempre stato uno dei punti cardini su cui Iba basa la propria esistenza. Sicuramente si dovranno aprire prima o poi discussioni inerenti a questo tema, ovvero se aprire o no ad altre associazioni nazionali. L’Iba è come una vecchia signora, che questo anno raggiungerà i 65 anni, e per il proseguo della sua prosperità, per cambiare dovrà essere guidata attraverso un processo di evoluzione e non di rivoluzione. Uno dei principali punti critici, potrebbe essere, che quando in una nazione (logisticamente parlando) sarà organizzato il World Cocktail Competition, dove vi saranno due o più associazioni aderenti ad Iba e dove invece ve ne sarà solo una. Discussioni su cambiamenti così sostanziali nell’organizzazione di Iba in futuro, devono iniziare in modo responsabile e delicato già da adesso, ma le decisioni vere e proprie dovranno essere prese dalla prossima generazione di dirigenti Iba.



Molti barman diventano famosi perché passano più tempo sui social che al lavoro vero e proprio, abbiamo avuto un periodo esplosivo con il Flair Exibition alla fine degli anni ‘90, ora abbiamo l’esplosione estrema della Mixology Art dove alcuni barman pensano quasi di essere delle star cinematografiche più che operatori di bar. Cosa ne pensi di questi cambi veloci di mode negli ultimi 15 anni?

Penso che questi veloci cambi nel mondo del bar internazionale, abbiano contribuito ad una maggior popolarità del nostro lavoro, non solo parlando di cocktail, ma ci ha guadagnato la diffusione della figura del barman in senso positivo. Le giovani generazioni di barman si sentono sotto i riflettori mentre lavorano, le vecchie generazioni invece venivano educate a vedere i loro clienti come l’elemento più importante nel bar. L’impressione è che le generazioni di barman di questi ultimi anni si siano focalizzate un po’ troppo sulla loro abilità nel preparare drink con le più innovative tecniche e introvabili ingredienti, piuttosto che concentrarsi di più sul benessere e l’ospitalità verso il cliente. Devo però notare, che ultimamente i giovani barman stanno maturando la consapevolezza di invertire questo trend, e molti si stanno rendendo conto che non è sufficiente essere un talentuoso mixologist ma che è necessario avere capacità di accoglienza, ospitalità e intrattenimento così come saper preparare dei buoni cocktail.

Quali sono i compiti delle Associazioni che rappresentano Iba nella mediazione tra Iba e i barman associati, quali i compiti tra Iba e il mondo del beverage, cocktail e clienti?
Iba non collabora con le associazioni nazionali usando il termine “compito”, bensì parlando di intenti e alcuni di questi intenti sono:
  • Promuovere e mantenere rapporti internazionali tra le varie Associazioni membro;
  • Rendere accessibili le opportunità di scambio culturale inerente le novità, proposte e idee tra le associazioni, incoraggiando lo scambio di competenze nella professione del barman;
  • Promuovere un rapporto stretto e il collegamento tra i membri delle associazioni e l'industria affine in tutto il mondo;
  • Promozione del servizio al cliente promuovendo la conoscenza internazionale dei medesimi abitudini e gusti in rapporto ai loro gusti nel bere;
  • Incoraggiare la standardizzazione delle ricette per cocktail;
  • Organizzare e promuovere le gare internazionali per cocktail;
  • Promuovere corsi internazionali di bar per i giovani affiliati Iba.

In Italia oltre Aibes abbiamo altre importanti associazioni nazionali - Abi Professional, Federazione italiana barman, Associazione italiana barman e mixology, Unione barman italiani - e chi si iscrive spera di aver fatto la scelta giusta, molti invece non si iscrivono a nessuna di queste associazioni preferendo i movimenti liberi di bar. Con tutte queste novità Iba non dovrebbe rivedere alcune sue regole e aprire un dialogo con alcune di queste nuove associazioni?
L’Iba si rende conto che questo è un problema delicato, ma al momento non è in grado di trovare una soluzione accettabile per tutte le parti coinvolte. Concordo con il fatto che Iba dovrà cercare delle nuove vie in futuro per potersi relazionare con tutti i barman del mondo, magari attraverso una iscrizione all’Iba diretta e personale. Questo processo di cambiamenti che saranno l’evoluzione dell’Iba e non una rivoluzione come detto precedentemente, richiederà un certo periodo di tempo di discussioni tra le varie associazioni e i nuovi dirigenti per implementare la costruzione di una nuova Iba.

Potresti spiegare ai lettori italiani la stranezza di avere un presidente onorario Iba, Umberto Caselli, già presidente Aibes e Iba nel passato, e oggi fuori dall’Aibes nonché fondatore della nuova associazione Abi Professional?

Umberto Caselli fu nominato presidente onorario, quando era ancora in Aibes e per meriti verso Iba derivanti dalla militanza nei precedenti anni come presidente mondiale. I cambiamenti nella vita di Umberto Caselli non hanno influenzato la sua immagine all’interno dell’Iba. È assolutamente irregolare e vietato per qualsiasi associazione membra di Iba riconsiderare la posizione onoraria attribuita a singoli membri, come nel caso di Caselli. Come detto precedentemente Iba non è pronta ad avere più di una associazione membra per nazione, ma sicuramente questa è una cosa a cui dobbiamo guardare per il futuro, e prometto che questa cosa verrà discussa durante il nostro Iba meeting di Tokyo del 2016. Il problema principale sarà quello di trovare una soluzione alla coesione di due associazioni nazionali aderenti all’Iba particolarmente per la partecipazione al World cocktail competition.

Se una associazione nazionale affiliata all’Iba si dovesse dividere in tante piccole associazioni regionali limitando di fatto l’esistenza di una associazione di barman unica e nazionale, ma divenendo una federazione, ciò comporterebbe dei cambiamenti nei rapporti con Iba? Potrebbe una federazione composta da più associazioni nazionali aderire all’Iba?
Se ciò dovesse accadere, una nuova associazione o federazione potrebbe avviare la procedura di iscrizione futura all’Iba.

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Alberto Lupini


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