Ristoranti e caro bollette: “Per non chiudere serve l'analisi dei costi”

Rispetto a un anno fa le bollette di luce e gas si sono quadruplicate, ma non si possono far ricadere i costi sugli scontrini. Per Giacomo Pini, consulente nel marketing della ristorazione, è necessario rivedere in ogni minimo dettaglio il proprio modello di business, dal peso delle grammature degli ingredienti nei piatti al menu

24 settembre 2022 | 05:00
di Martino Lorenzini

Il caro energia impazza, i costi relativi alle bollette di luce e gas rispetto a un anno fa si sono di fatto quadruplicati per tutti, compresi i ristoratori che stanno protestando dal Nord al Sud Italia (emblematica l'iniziativa bollette in vetrina che invita gli esercenti ad affiggere le bollette del 2021 e del 2022 per mostrare gli evidenti rincari alla clientela). Le soluzioni governative per ridurre il caro energia finora sono risultate poco efficaci e, di fatti, secondo le ultime stime di Confesercenti, il nuovo decreto per calmierare i prezzi dell'energia potrebbe non bastare; in Italia ci sarebbero 100mila aziende a rischio chiusura.

I ristoranti, in particolare, si trovano di fronte a un bivio rifarsi sul cliente per salvare il margine di guadagno, ma con il grosso rischio di perdere sempre più avventori, oppure ridurre necessariamente i margini di profitto, ma con l'altrettanto grande timore di non riuscire a far rimanere aperta l'attività. E anche trovare una via di mezzo tra queste due strategie potrebbe non bastare.

Lo sa bene Giacomo Pini, imprenditore, Ceo e fondatore di GpStudios, azienda di consulenza e formazione in ambito ristorazione e turismo, nonché autore dei fortunati libri "Risto Boom. Crea il successo del tuo locale" e "L’Arte del Breakfast".

«Voglio essere franco: se l'aumento delle bollette ha raggiunto il 400% rispetto al 2021 credo che molte attività da qui in avanti inevitabilmente chiuderanno - ha spiegato Pini - A mio parere, investire adesso nelle nuove tecnologie con la speranza di ridurre subito i costi energetici potrebbe essere controproducente. Il rischio è di indebitarsi ulteriormente e di chiudere bottega ancora prima del previsto. Un ristorante non può nemmeno cambiare gli orari di apertura per risparmiare su gas e luce, come hanno potuto fare altre attività che si occupano di ristorazione, come le pasticcerie. L'unica soluzione è rivedere in ogni mimino dettaglio la propria attività attraverso un'efficace e minuziosa analisi dei costi. Probabilmente come non lo si è mai fatto prima. Sono convinto infatti che molte attività fossero già in difficoltà, oltre che per la pandemia, anche per questo motivo. Quello che sta succedendo ha quindi messo in luce criticità pregresse. Però per fare un'efficace analisi dei costi non è sufficiente andare dal proprio commercialista: è necessario rivolgersi ad aziende di consulenza specializzate».

Che significa per un ristorante rivedere il proprio modello di business?
Significa ripensare al layout delle cucine, alla linea di produzione dei piatti, al menu e al personale, il cui costo, ricordo, incide per il 40% di un'attività. Molte attività in Italia che si occupano di ristorazione sono artigianali. Questo, se da una parte è un bene, dall'altro può essere un limite nelle situazioni di crisi perché non si conoscono appieno gli strumenti per farne fronte al meglio.

Chi è in franchising ha più probabilità di cavarsela nelle crisi?
Sicuramente sì, perchè ha già messo in atto alcune buone pratiche legate all'ottimizzazione dei costi e alla standardizzazione delle procedure, imposte dall'attività di franchising o all'implementazione del servizio di take away e delivery. Cito alcuni esempi per essere più semplificativo: Signorvino, enoteca e wineshop specializzato nella vendita di vino 100% italiano di qualità e degustazioni, ha pianificato tra il 2022 e il 2023 15 aperture in tutto il mondo, di cui 10 si sono già concretizzate quest'anno. C'è poi il caso di Pacifik Poke, che punta a portare il numero dei propri locali a 30. Inoltre le pokerie in questo caso hanno un ulteriore vantaggio rispetto ai tradizionali ristoranti, consumano infatti meno energia perché utilizzano prevalentemente ingredienti freschi.

Da cosa si può partire per ottimizzare i costi?
Dai menu ingegnerizzati, puntando sui piatti che sono più facili da preparare o che hanno tempi di cottura più bassi e sono al tempo stesso più richiesti dalla clientela. Anche per le bevande è possibile standardizzare le ricette così da avere sempre il controllo sui costi e i ricavi. Questo vale per tutti e in particolare per bar e alberghi. Dopodiché, una volta che si ha ingegnerizzato il menu si decide una strategia di pricing basata su profittabilità e popolarità dei piatti. Oltre a questo possiamo lavorare anche sul fattore comunicazione. Ovvero, dobbiamo saper fare storytelling, saper raccontare la storia del locale, ma anche i suoi piatti, i suoi "cavalli di battaglia" e dobbiamo fare in modo che il personale sappia fare altrettanto; in questo modo potrà indirizzare la clientela nella scelta dei piatti più remunerativi. Ma queste tecniche di comunicazione servono anche per fidelizzare gli avventori. Se creiamo una sorta di legame sarà più difficile che "abbandonino" il proprio ristorante preferito.

 

 

Si può intervenire anche sul magazzino?
Certamente, anzitutto bisogna analizzare nel dettaglio le materie prime che si utilizzano per preparare i piatti. Insieme ai costi del personale, le spese delle materie prime assorbono circa il 50-75% dei profitti delle vendite. Dobbiamo quindi calcolare il Food Cost, ovvero la somma di tutti i costi relativi a ogni materia prima utilizzata. Per farlo bisogna pesare le grammature di ciascun ingrediente affinché escano sempre le stesse proporzioni, calcolando poi il Food Cost previsionale e anche il relativo consuntivo. Questo ci permette di ridurre gli sprechi e al tempo stesso calcolare esattamente quante materie prime mi servono per preparare un piatto e tenere controllata la quantità in magazzino.

In che modo si può agire sui prezzi degli scontrini?
Bisogna fare molta attenzione e ponderare bene le proprie scelte. Ogni decisione è fortemente influenzata da diversi fattori. Per intenderci: è meglio avere dieci persone che pagano uno scontrino a 100 euro o averne 1.000 che pagano un solo euro? Sicuramente per una catena come Mc Donald's è meglio la seconda ipotesi, perché si ha un margine più basso, ma garantito e perché già lì si lavora standardizzando le procedure. Se consideriamo una singola attività di ristorazione senza l'aiuto di esperti difficilmente si riuscirà a fornire la risposta giusta. La strategia migliore non è infatti univoca.

Per ridurre i costi in cucina è meglio lavorare con prodotti semi lavorati o con la materia grezza? 
Questo è un altro quesito difficile. La risposta più corretta è dipende, perché il semilavorato da una parte ti aumenta il Food cost, mentre dall'altra ti riduce il Full cost, che comprende tutti gli altri costi legati alla ristorazione, ovvero il costo del personale, delle attrezzature per la cucina e della loro manutenzione. Al tempo stesso affidarsi ai prodotti semilavorati potrebbe ridurre la qualità dei nostri piatti e quindi è difficile sapere quale sia l'azione più sostenibile da compiere dal punto di vista economico senza aver prima svolto un adeguato studio del business. Per questo nei nostri progetti di consulenza analizziamo nel dettaglio i piatti dell’offerta per bilanciarli poi in termini di popolarità e redditività e dare la migliore risposta a queste domande.

Cosa significa, invece, analizzare la clientela?
Significa capire per quale motivo decide di venire nel nostro locale. Ma non solo, bisogna capire di cosa si compone uno scontrino medio, quale sia la tipologia di avventori, ma anche con quanta frequenza vengono nel ristorante e pure il tempo medio di permanenza, di modo da calcolare anche le tempistiche di rotazioni dei tavoli e ottimizzarli con quelle di preparazione dei piatti.

 

 

In che modo si può invece agire sul costo del personale?
Il costo del personale incide sul 40% dei costi totali di un'attività di ristorazione. Quindi, si possono fare dei ragionamenti in cucina e capire se è meglio puntare su determinate attrezzature che ci permettano di preparare un buon prodotto rinunciando al tempo stesso a determinate figure professionali e ai relativi costi. Cito per fare un esempio concreto quello del cannolo. Lo preparo "da zero" o parto da un prodotto già pronto e di qualità? Nel secondo caso di norma posso fare a meno del maestro pasticcere e quindi puntare su personale meno qualificato e quindi meno costoso. Però, anche in questo caso, bisogna fare attenzione al tipo di ristorazione che si sta proponendo e da come viene percepita dalla clientela.

Quanto può costare un efficace servizio di consulenza?
Dipende, da poche centinaia di euro a diverse migliaia. È come quando si va dal dottore, tutto dipende dalla profondità dell'analisi richiesta. L'importante è non improvvisare, basarsi sul fai da te o su consulenti non qualificati. È necessario affidarsi a professionisti del settore; altrimenti si rischia di fare un buco nell'acqua e di perdere ulteriori risorse preziose.

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