Tra un incontro con il Governatore della Campania, Vincenzo De Luca, che lo ha chiamato nella task force regionale, e una riunione con il Ministero della Salute, Gennaro Esposito, chef del bistellato Torre del Saracino di Vico Equense (Na), è da qualche giorno in prima linea per definire, insieme alle istituzioni nazionali, regole e comportamenti per la ripartenza della ristorazione italiana, fissata al prossimo 1° giugno. Il suo cellulare squilla in continuazione: colleghi, associazioni, rappresentanti delle istituzioni: per lui, che ha deciso di mettersi a disposizione dell’intera categoria per provare a risollevare un comparto in piena crisi, sono settimane di grande impegno. E intanto lancia la proposta di costituire un comitato di ristoratori per dare una mano a chi è più in difficoltà. «Stiamo lavorando per garantire una sicurezza esagerata all’interno dei ristoranti», assicura.
Gennaro Esposito
Chef Esposito, come state lavorando? Stiamo raccogliendo una serie di domande, dalle più banali a quelle che riguardano necessità che non vengono in mente di primo acchito. Le metteremo tutte sul tavolo e insieme al legislatore, alle autorità sanitarie e ai rappresentanti della Regione Campania cercheremo di lavorare per trovare soluzioni che siano rispettose della sicurezza dei clienti, dei lavoratori e dei ristoratori.
Ecco, appunto, i ristoratori. Loro chiedono poche regole, certe e soprattutto sostenibili. Quali possono essere? Siamo in una situazione in cui non bisogna comportarsi da “controparte”. È una dinamica nuova, è in atto un’epidemia, un evento catastrofico che non si era mai verificato prima e non abbiamo molta esperienza in questo campo. Dobbiamo essere prudenti e rispettarlo, questo nemico spietato. Perciò dico che atteggiamenti da controparte non funzioneranno mai. Bisogna partire dal fatto che per trasferire serenità ai nostri clienti, si deve innanzitutto garantire la sicurezza. E ci si può riuscire studiando i flussi, le situazioni e trovando soluzioni che siano il meno possibile invasive, più sostenibili e soprattutto rispettose del fatto che nessuno va al ristorante con lo stesso approccio con cui va dal dentista.
Quando arriveranno queste regole? A livello nazionale già esistono delle norme. Quello che manca è la parte pratica, i gesti che ognuno di noi dovrà compiere nell’attività quotidiana del proprio locale, dallo sbarazzato dei piatti, alla gestione dell’arrivo del cliente e dei suoi movimenti durante tutta la permanenza nel ristorante. Si dovranno eliminare tutte le possibilità di trasferimento del contagio. Partiamo dal presupposto che dovremo rendere l’uscita al ristorante il meno rischiosa possibile, ma pensare che ci siano zero rischi, è impossibile. D’altra parte, dobbiamo dire però che andare al ristorante sarà meno rischioso che andare a fare la spesa o salire sulla metropolitana.
A proposito di regole, la Fipe (Federazione Italiana Pubblici Esercizi) ha stilato un protocollo che rappresenta senz’altro una buona base di partenza per il vostro lavoro.Il protocollo della Fipe individua le macro aree di lavoro; noi vogliamo andare ancora di più nel dettaglio, eliminare qualsiasi tipo di equivoco di interpretazione della norma. Mi spiego: porteremo ancora il menu al tavolo, oppure no? Quali altre soluzioni possiamo proporre? E i tavoli, si apparecchieranno ancora? Sono queste le cose che interessano i ristoratori.
In tanti stanno chiedendo una riapertura il 18 maggio. Un'ipotesi praticabile?Così presto, penso propio di no.
Lei come vede il futuro?Forse il ruolo più difficile e delicato sarà proprio quello del cliente, che sta imparando a fare cose che non avrebbe mai pensato di fare prima. Cambierà senz’altro l’approccio al ristorante: dovrà prenotare, rispettare gli orari, le distanze, le nuove regole. Dovrà lasciarsi misurare la temperatura e indossare la mascherina quando si alza dal tavolo.
Sono tante le disposizioni che si dovranno osservare in maniera rigorosa. Tuttavia, immagino una situazione poco impattante, perché sono sicuro che insieme alle autorità sapremo tirare fuori qualcosa di intelligente e in grado al contempo di mettere al centro la sicurezza del cliente. Dopodiché bisognerà essere capaci anche di scherzarci sopra.
Lei ha detto che la misurazione della temperatura all’ingresso, dovrà essere presa come un gioco. Sì; è una pratica che nessuno prima d’ora avrebbe mai pensato di attuare, ma questa è la situazione. Dobbiamo giocare nella stessa squadra per difendere la salute; all’inizio sarà un po’ più noioso, poi ci faremo l’abitudine.
Si dice che in tanti non ce la faranno. Si salveranno i migliori o quelli più solidi?Non ci voglio neanche pensare, è una cosa che mi fa rabbia e tristezza. Abbiamo passato questi mesi a chiederci come sarà il futuro; abbiamo pensato di mollare, di fare altro, ci siamo depressi. È inutile nasconderlo, ci siamo leccati le ferite, abbiamo perso soldi, opportunità, abbiamo visto crollare cose che avevamo costruito negli anni. Ora però dobbiamo essere bravi a ripartire, come dopo un terremoto o uno tsunami. E io, nel mio piccolo, voglio farmi portavoce delle difficoltà di tutti. Se saremo bravi, riusciremo a creare un piccolo comitato, un fondo per poter aiutare chi è davvero in difficoltà. I temi economici sono quelli che affliggono di più la categoria.
Cosa ci dovrà aspettare dalla ripartenza?Ripartire non ha niente a che vedere con l’aspetto economico. Si ripartirà senza turismo, con gli alberghi che non sapremo neppure se apriranno e con una clientela più impaurita e impoverita. Non sono certo condizioni buone per un ristorante. Personalmente, ho bisogno di ripartire e di ricominciare dalle cose che ho costruito negli anni: la mia squadra di lavoro, la mia cucina, i nuovi piatti, i nuovi metodi di servizio e anche queste nuove norme.
Il compito più difficile, per voi, sarà quello di non far perdere appeal al ristorante.Ci saranno momenti in cui i ristoranti perderanno purtroppo parte del loro appeal, ma dovremo essere bravi a recuperarlo in altri aspetti. Penso ad esempio all’atmosfera dei tavolini nelle piazze italiane, raccontata persino dalla letteratura e al cinema. Perderanno un po’ di calore e del loro lato pittoresco, ma questa è un’emergenza, non un capriccio. La stessa cosa vale per i club, i bar, l’aperitivo. Sono stante le situazioni che cambieranno pelle.
Anche la ristorazione cambierà: si parla menu più corti e di un ritorno alla semplicità dei piatti.Non è detto che i piatti saranno per forza più semplici. Penso che probabilmente, per agevolare la sostenibilità, accorceremo il menu. Ma io, personalmente, non intendo semplificare: voglio continuare ad essere quello che sono sempre stato, anche per non disattendere le aspettative di chi viene a trovarmi. Dovremo piuttosto essere capaci di trasferire serenità e cercare di affrontare le difficoltà con il sorriso. Poi tireremo le somme. Speriamo di farcela, perché i primi mesi saranno tremendi.
Ci sarà una virata verso delivery e asporto? Lei come si organizzerà?Per ciò che mi riguarda, i miei piatti non si coniugano bene a questo tipo di pratica. Forse un giorno mi verrà voglia di pensare a questo tipo di servizio, con piatti che possano fare parte di una modalità di questo tipo. Per me è più facile immaginare la ripartenza; abbiamo lo spazio necessario per garantire il giusto distanziamento. Ma non per questo non mi sono voluto interessare della situazione generale. Mi ero stufato di guardare il mondo dalla finestra e volevo essere utile agli altri.