Gualtiero Marchesi presenta il decalogo del cuoco dopo averlo condiviso con il comitato scientifico della
Fondazione Gualtiero Marchesi che si è riunito a Milano nella sede dell’Accademia Gualtiero Marchesi. Il decalogo, anticipato dal magazine di
Expo2015, nasce dal bisogno di chiarire nella terminologia (in italiano si dice "cuoco" e non "chef", e semmai
chef de cuisine!) e, soprattutto, nella sostanza il ruolo del cuoco.
Un concetto che Italia a Tavola sostiene da sempre, preferendo sempre la qualifica all’italiana (“cuoco”), anziché quella francese (“chef”). A questo proposito ricordiamo che nel 2011 il direttore di Italia a Tavola, Alberto Lupini, partecipò alla tavola rotonda, presso la sede milanese del
Sole 24 Ore, dal titolo “
Basta con gli chef! Torniamo ai cuochi?”, per accendere i riflettori su un tema che già allora meritava di essere approfondito. La tavola rotonda vide la partecipazione dello stesso Marchesi, dei giornalisti Davide Paolini (Sole 24 Ore) e Roberto Perrone (Corriere della sera) e dei cuochi Enrico Bartolini, Moreno Cedroni e Vittorio Fusari.
Una scelta, quella di preferire il termine “cuoco”, che si riconosce anche nel progetto di Italia a Tavola dal titolo “
Cuochi a Colori”, la collezione di ritratti dei più noti cuochi e ristoratori italiani, nata dalla collaborazione tra la nostra testata e l’artista Renato Missaglia. Anche in questo caso si è voluto puntare molto l'attenzione sulla scelta del termine "cuochi" invece del più inflazionalto "chef". Un'altra iniziativa in cui Italia a Tavola ha voluto sottolineare l'importanza di questa scelta lessicale è stato lo show cooking "
Tra Cuochi e Stilisti", il primo
fashion cooking della storia, tenutosi lo scorso anno a Firenze in occasione del
Premio Italia a Tavola.
Di seguito il decalogo messo a punto da Gualtiero Marchesi:
- Cuoco è un mestiere o meglio ancora è un servizio, un ministerium.
- La divisa, candida, individua della sua funzione le caratteristiche essenziali: l’onestà, la pulizia, il rispetto.
- La legge del cuoco è la ricetta di cui è esecutore, ricordando che ogni buona esecuzione presuppone una quota d’interpretazione, attentamente dosata, non eccessiva ma neanche assente, introdotta con rispettosa discrezione. A un livello più alto sta il compositore.
- Ai diversi gradi di esperienza e conoscenza corrisponderanno tre figure: l’esecutore, l’interprete e il compositore. Per raggiungere questi traguardi, il cuoco dovrà impadronirsi della tecnica e aver fatto pratica di tutte le partite: antipasti, primi, carni, pesci e pasticceria anche se, poi, deciderà di dare il meglio di sé in una di queste.
- Un elemento importante per arricchire le proprie esperienze gastronomiche, è sicuramente la conoscenza di luoghi: dell’acqua, della terra, dell’aria che del carattere del territorio conservano memoria dando a frutti e animali sostanza e gusto; degli abitanti e del clima, con cui gli uni e gli altri devono inevitabilmente misurarsi.
- Lo studio delle culture alimentari di altri Paesi, può contribuire a formare una conoscenza più ampia dell’arte culinaria e delle sue realizzazioni con differenti aspetti e contenuti.
- La capacità di un cuoco poggia su due pilastri: la conoscenza della materia e dei modi di trattarla nel rispetto della sua natura.
- Soluzioni tecniche e virtuosismi non possono prescindere dalla conoscenza di tecnica e materiali nella concezione e nell’esecuzione. La tecnica è uso appropriato, controllato e non distruttivo, degli strumenti più adatti all’operazione che si sta eseguendo, senza uccidere la materia.
- Ad ogni preparazione, il cuoco deve sapere perfettamente cosa è giusto fare: quali sono tempi e modi della cottura, l’esatta temperatura e, ove necessario, la durata della stabilizzazione, giacché anche il riposo è parte importante del trattamento, come la pausa o il silenzio nella partizione musicale. La presentazione finale dipende molto dalla scelta del contenitore più adatto.
- Uno dei compiti che fanno onore al buon cuoco, è quello di divulgare e incrementare la cultura gastronomica, per un verso insegnando a mangiar bene e correttamente con il cibo offerto in tavola, per altro verso istruendo i giovani e passando il testimone a chi lo merita, introducendolo alla Cultura gastronomica, che quando è veramente tale è esperienza consapevole, ricerca applicata in continuo perfezionamento e adattamento alla vita.
E infine, “creare è: non copiare”! Senza per questo inseguire il nuovo, il “mai visto” come attributo di per sé qualificante: possiamo riconoscere la novità tanto nel conosciuto quanto nello sconosciuto, importante è che attinga alla verità. L’arte è il porsi in opera della verità.