Di questi tempi, tutti parlano di esperienze: che si tratti di vita, di lavoro o al ristorante, oggi sono proprio le esperienze quelle che “vendono”. In particolare nel mondo del cibo che ha vissuto grandi evoluzioni nell’ultimo decennio, tanto da trasformarsi in un mondo esperienziale di avanguardia e di innovazione. Ci siamo abituati ormai ad acquistare ciò che può portarci un qualche tipo di vantaggio, una qualche misura di soddisfazione in risposta alle nostre esigenze: caratteristiche tecniche e frasi fatte ormai non spostano più l’ago della bilancia quando si tratta di prendere decisioni in merito a un acquisto. Ma come si fa a migliorare l’esperienza dei clienti in un ristorante o in un locale? Lo sa bene Giacomo Pini, imprenditore, Ceo e fondatore di GpStudios, azienda di consulenza e formazione in ambito ristorazione e turismo, nonché autore dei fortunati libri "Risto Boom. Crea il successo del tuo locale", "L’Arte del Breakfast" e "Il marketing territoriale dell'Italia che non ti aspetti. Come vendere i luoghi magici fuori dai circuiti turistici commerciali". Insieme al suo staff ogni giorno organizza corsi specifici dedicati alla formazione del personale di sala sulle tecniche di vendita.
Per Giacomo Pini la vera sfida oggi nel settore della ristorazione è infatti quella di offrire al cliente una customer experience indimenticabile. «Non basta più presentare un buon piatto sul tavolo, bisogna saperlo vendere, raccontare, esaltare», ha spiegato l'esperto consulente.
Come si inserisce il concetto di customer experience nell’attuale contesto economico?
Anche se ormai sono passati 20 anni dalla prima volta in cui si è utilizzato il termine “experience economy” (termine anglosassone per definire la vendita di esperienze memorabili ai clienti, ndr), bisogna ammettere che solo negli ultimi tempi le imprese hanno iniziato davvero a capire cosa significasse vivere in un mondo in cui cliente ed esperienza sono assolutamente centrali per il business. E lo hanno capito perché hanno vissuto il cambiamento in prima persona. Non basta infatti più presentare un buon piatto sul tavolo, bisogna saperlo vendere, raccontare, esaltare. Altrimenti il cliente prima o poi si stufa e cerca qualcos’altro che possa stimolare di più il suo interesse e la sua curiosità. Nella ristorazione, infatti, rispondere a questo cambiamento apportando modifiche al proprio modello di business e al proprio modus operandi può davvero fare la differenza tra chi sopravvive anche a situazioni di crisi varie e chi invece chiude la serranda per sempre.
Ci puoi fare un esempio pratico?
Nello sviluppo del proprio modello di business bisogna partire dalle basi del marketing, ovvero il marketing mix. Una volta si parlava di modello delle 4P, che includeva la definizione di prodotto, prezzo, posizione fisica dell’impresa e promozione. Oggi l’evoluzione alla experience economy avviene attraverso la definizione di un’esperienza, di uno scambio di valore, della capacità di cancellare il confine fisico posto dalle pareti del proprio locale così come quello tra online e offline, nonché della capacità di far sì che si possa innescare un passaparola positivo e creare una relazione con il cliente talmente forte da renderlo brand ambassador, cioè promotore del nostro locale, del nostro brand, della nostra idea di cucina, dei nostri valori, di ciò che ci rende unici.
Quindi consiglieresti ai ristoratori di affinare il loro modo di gestire la clientela?
Nonostante dovrebbe essere un paradigma per chi fa dell’ospitalità e dell’accoglienza il punto cardine del proprio lavoro, troppo spesso vediamo situazioni in cui certi dettagli vengono lasciati al caso. Un’organizzazione poco efficace del lavoro, un livello troppo basso di empatia quando si serve il cliente, o, ancora peggio, un atteggiamento troppo aggressivo possono distruggere per sempre il rapporto che si viene a creare tra locale e clientela. Per gestire i clienti in modo corretto bisogna quindi necessariamente essere capaci di vendere.
Cosa intendi quando parli di essere capaci di vendere bene?
Imparare a vendere bene significa essere in grado di applicare tutte quelle tecniche persuasive di comunicazione e vendita che possano essere vantaggiose sia per il cliente, in quanto puntano alla sua soddisfazione massima, sia per il locale, in quanto a livello di numeri questo comporta un più alto ricavo e, se si è veramente bravi, anche un margine più elevato.
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Quanto ritieni sia importante che il personale sia adeguatamente formato su questo?
In un momento storico in cui tutti i costi diretti si alzano, non si può più far finta di niente, se si vuole continuare a rimanere aperti. Trovare soluzioni alternative per alzare lo scontrino medio e garantirsi un utile da portare a casa ogni mese è fondamentale. L’innalzamento brutale dei prezzi sul menu non porta da nessuna parte nel lungo termine. Bisogna lavorare su altro, tra cui anche la formazione del personale affinché da mero costo diventi una risorsa, un investimento che non si può più evitare per la buona riuscita del locale.
Tutto questo come si traduce in numeri?
Basta considerare il costo che un ristoratore deve sostenere per gestire il suo pacchetto clienti. Cercare un solo cliente nuovo costa dalle 5 alle 10 volte in più rispetto a mantenerne uno fidelizzato; per l’aggiunta, la probabilità di vendere a un nuovo cliente è del 40% più bassa rispetto a vendere a un cliente che già ci conosce. Se poi tentassimo di recuperare un cliente passato alla concorrenza, arriveremmo a spendere addirittura dalle 50 alle 100 volte in più per convincerlo a tornare da noi. Con questi numeri vorrei sottolineare il fatto che, se si imposta una buona strategia di marketing e di promozione, così come alcuni standard di accoglienza e gestione del cliente, è possibile tagliare tanti costi inutili che ora le imprese ristorative non possono di certo pensare di sostenere. Applicando poi le tecniche di vendita suggerita è possibile poi anche aumentare scontrino medio e margine per piatto venduto.
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In che modo si forma il personale sulle tecniche di persuasione?
Si tratta di lezioni che possono essere svolte tradizionalmente, frontali con un docente che condivide nozioni teoriche e il suo expertise sul tema, oppure con una formazione on the job, che permette un’applicazione concreta e immediata dei concetti più rilevanti riportati sulla situazione tipica del servizio proprio del locale. È una cosa che in GpStudios facciamo con diversi locali di ristorazione, proprio per far sì che ogni addetto in sala sappia come gestire gli ospiti dall’inizio alla fine della loro esperienza nel locale, riflettendo al contempo valori e immagini del brand del locale nel modo di porsi e di presentare l’offerta. Riconoscere il cliente e costruirne il profilo a partire da alcune caratteristiche, alcuni suoi modi di fare e di esprimersi; adattare il proprio atteggiamento per creare un legame empatico e riuscire a stabilire e mantenere nel tempo una relazione; comprendere le sue esigenze, o ancor meglio anticiparle. Sono passaggi fondamentali, ma che spesso si danno per scontato, oppure piccolezze che si fanno senza rendersi conto che facendole meglio si potrebbero avere risultati ancora migliori. Perché quello che fa davvero la differenza sono la flessibilità nel gestire ogni situazione, anche quella più impensabile e imprevista, e, ovviamente, i dettagli, che rendono un servizio eccellente, che soddisfano il cliente e che gli permettono di vivere un’esperienza talmente positiva da fargliene parlare con tutti, online e offline.
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Alberto Lupini
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