Trovare il giusto abbinamento tra bevanda e cibo per chi fa ristorazione significa, di fatto, creare uno stretto collegamento tra sala e cucina, qualcosa di più che una simbolica stretta di mano fra il cameriere, il cuoco e il barman. Trovare il giusto abbinamento (in inglese pairing) oggi significa raggiungere un connubio di sapori e gusti, sensazioni organolettiche e tattili all’interno del palato tali da lasciare al commensale un ricordo più o meno duraturo. Ma per chi si occupa di ristorazione fare food pairing significa anche trovare il giusto bilanciamento tra costi e benefici economici. Di fatti il pairing negli anni è diventata una vera e propria materia di studio. Lo sa bene Giacomo Pini, consulente ed esperto di marketing della ristorazione, fondatore di GpStudios, nonché autore dei fortunati libri "Risto Boom. Crea il successo del tuo locale", "L’Arte del Breakfast" e "Il marketing territoriale dell'Italia che non ti aspetti. Come vendere i luoghi magici fuori dai circuiti turistici commerciali che insieme al suo staff analizza gli abbinamenti vincenti al bar, in cucina e... in cassa.
Perché il pairing è vincente nella ristorazione
La premessa del fondatore di GpStudios è che il pairing esiste da sempre, soltanto che fino a poco tema fa nessuno si era mai preso la briga di analizzarlo nel dettaglio.
«Se inizialmente questo processo poteva avvenire per caso, a partire dagli anni Novanta-Duemila è stato studiato scientificamente e teorizzato – ha spiegato Pini – Dopodiché, da materia di studio è diventato un trend raggiungendo locali in tutto il mondo. Fino ad arrivare ad oggi, ma con un ruolo decisamente diverso rispetto all’origine. Il food pairing oggi è quel mezzo che permette a chi fornisce un servizio di ristorazione di arricchire e personalizzare l’offerta culinaria proposta al cliente. E questo funziona ovunque: dal ristorante, nella creazione di ricette in cui i sapori originano sinfonie di gusto sorprendenti, al cocktail bar, dove le miscelazioni e il finger food garantiscono di sperimentazioni culinarie assai gradite. Ma il food pairing funziona anche in pasticceria, dove anche il più piccolo e semplice dei pasticcini e la più raffinata e artistica torta possono trovare conforto ed esaltazione in accompagnamento a tè e caffè provenienti dai cinque continenti.
Food pairing: come funziona
Food pairing significa letteralmente «abbinamento alimentare». «Nell’accezione più tecnica e scientifica richiede l’accostamento di composti molecolari simili individuabili sulla base di una serie di fattori – ha ripreso Pini - Nel concreto, potremmo dire che il food pairing avviene secondo diverse modalità e approcci differenti. A partire dal gusto, può prevedere una composizione aromatica per assonanza o similitudine, andando a creare una sinergia di sapori per cui il gusto finale risulta particolarmente intenso, in quanto maggiore della somma degli aromi utilizzati nell’abbinamento. In alternativa, il food pairing per contrasto o contrapposizione viene utilizzato per aumentare la sensibilità del palato a sapori differenti, e funziona solo se trova il suo equilibrio. Come accennato, il pairing funziona tra cibi e cibi e tra cibi e bevande».
Food pairing: i cinque sapori fondamentali
Si parte quindi dai 5 sapori fondamentali (acido, amaro, dolce, salato, umami) e da lì si costruisce il pairing valutando anche texture, preparazioni e consistenze.
«Prendiamo ad esempio due piatti forti della bella stagione: fritto misto di pesce e grigliata di carne - ha spiegato il consulente di marketing - In abbinata a un fritto di pesce l’acido del limone e del lime si sposa perfettamente, così come un vino bianco o meglio una bollicina per sgrassare il palato. O, ancora, l'effetto sgrassante può garantirlo un cocktail fresco, dissetante e acidulo, come possono esserlo il Mojito, il Moscow mule o il Cosmopolitan. Se parliamo invece di carni rosse, la struttura gustativa più complessa richiede l’abbinamento a salse grasse e olii, a vini rossi corposi e tannici o, in alternativa, a cocktail come il classico Americano o il popolare Gin Tonic.
Come fare food pairing al ristorante
Cosa comporta quindi per un'attività di ristorazione proporre efficaci abbinamenti tra cibo e bevande? «Per proporre un food pairing in grado di arricchire realmente l’esperienza del cliente bisogna innanzitutto che chi si occupa delle ricette in cucina e chi si occupa della cantina o del bar si parlino tra loro - ha spiegato Giacomo Pini - Altrimenti il tanto ricercato gioco delle sinfonie non regge. Poi bisogna creare la carta vini o la carta cocktail o aggiungere gli abbinamenti nel menu. Due aspetti a questo punto sono fondamentali. Anzitutto non bisogna esagerare con le proposte: gli abbinamenti possibili sono infiniti, mentre magazzini e dispense no. Per non parlare delle risorse economiche richieste per garantire il servizio. Quindi, è importante operare in maniera oculata su questo aspetto. Ma non solo; bisogna anche impararle a vendere queste proposte. Come? Inserendo la proposta del pairing in carta, senza forzare il cliente ad optare per l’abbinamento, e sfruttando le tecniche di vendita e di storyselling per accompagnare il commensale nella scelta. Questo significa nel concreto fargli prendere consapevolezza rispetto all’esperienza che può vivere optando per il pairing; ad esempio, suggerire vino o cocktail e portata. Se poi il pairing si focalizza proprio sulla proposta di cocktail e miscele, bisogna ricordarsi di curare anche l’estetica del cocktail e non solo del piatto, per attirare lo sguardo e la curiosità di tutti i commensali».
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Food pairing: i vantaggi economici
Ma quanto costa avviare un efficace proposta di abbinamenti fra cibo e bevande? «L'investimento è evidente e consistente - ha ripreso Pini - Ma nel breve termine potrà essere completamente ammortizzato grazie alle vendite. Il food pairing, se fatto con tutti gli accorgimenti del caso, porta a un incremento dello scontrino medio e a un passaparola positivo capace di attirare nuovi clienti ad alto potenziale di fidelizzazione. L'avventore, infatti, potrebbe essere portato a voler tornare più volte per sperimentare tutti gli abbinamenti possibili proposti nel menu».
Food pairing: le ultime tendenze
Per Giacomo Pini, se nel pairing, oltre al vino, consideriamo anche altre bevande, le alternative alcol-free o a basso contenuto alcolico stanno diventando sempre più popolari, generando di conseguenza un volume d’affari sempre maggiore. «Se 10 anni fa inserire mocktail (abbreviazione anglosassone delle parole inglesi mock e cocktail, ovvero finti cocktail caratterizzati dall'utilizzo di bevande analcoliche, ndr) in carta garantiva di colmare un gap di vendite con risultati mediamente poco soddisfacenti, oggi le proposte di questa categoria possono incidere fino a un 8% delle vendite complessive. E la percentuale è destinata a crescere».
Per Pini c'è poi un altro trend ed è legato all’uso della tecnologia; «in particolare dell’intelligenza artificiale – ha ripreso il fondatore di GpStudios - Per scovare, categorizzare e conservare nuovi abbinamenti, a partire dai dati di vendita e di consumo e da un’analisi organolettica di alimenti e bevande. A nostro avviso, comunque, l’intuito prettamente umano nell'abbinamento fra cibo e bevande non potrà mai mancare per dare un tocco personale, unico e irripetibile capace di rendere la proposta food and beverage vincente».
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Alberto Lupini
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