Coperto al ristorante: come si stabilisce il prezzo sul menu

È un'antichissima usanza che risale al Medioevo e che in Italia è rimasta fino ai giorni nostri. È una vera e propria “tassa” usata dai ristoratori per sopperire ai costi vivi . Giacomo Pini, esperto di marketing della ristorazione, spiega il corretto valore da dare a questa voce, ormai contemplata soltanto nel nostro Paese, che spesso include anche parametri altamente soggettivi

11 marzo 2024 | 05:00
di Martino Lorenzini

È un'usanza tipica della tradizione culinaria italiana; affonda le sue radici nel Medioevo e poi si è via via evoluta fino a diventare una voce imprescindibile dello scontrino di un ristorante perché serve a coprire i servizi aggiuntivi al pasto: il coperto.

Da allora, quando il termine nacque perché le locande offrivano rifugio e di conseguenza un tetto a viaggiatori e pellegrini, il servizio si è evoluto per rimanere al passo coi tempi e oggi il coperto include tendenzialmente l'uso di posate, piatti, bicchieri, tovaglioli e anche il cesto del pane portato in tavola e può quindi variare in base alla qualità e al tipo utensili utilizzati.

Senza contare che in certi casi si considerano anche elementi dal valore soggettivo, come la posizione del tavolo, il prestigio, la storicità o l'atmosfera che si respira nel locale, nonché la professionalità del suo personale. Ma, mentre una volta questa pratica era comune in tutta Europa oggi è ancora diffusa soltanto in Italia.

Giacomo Pini, consulente ed esperto di marketing della ristorazione, nonché fondatore di GpStudios ed autore dei fortunati volumi "Risto Boom. Crea il successo del tuo locale", "L'Arte del Breakfast" e "Il marketing territoriale dell'Italia che non ti aspetti. Come vendere i luoghi magici fuori dai circuiti turistici commerciali", spiega quale sia il giusto prezzo per il servizio del coperto e fare in modo che non sia percepito come eccessivo da parte della clientela.

Coperto al ristorante: perché lo si paga

Secondo l'esperto di marketing della ristorazione il coperto è «quella voce che alcuni ristoranti inseriscono nel menu al pari di una sorta di “tassa” che i clienti devono pagare e in cui generalmente vengono soffocati i costi vivi dell’apparecchiatura per ogni singolo avventore - ha spiegato il fondatore di GpStudios - Alcuni ristoratori decidono di formulare un valore di coperto che includa anche una sorta di valorizzazione economica di ciò che si può considerare come “servizio extra”, come consumare il pranzo o la cena in una location prestigiosa, magari con una vista panoramica, oppure un tavolo speciale, posto in una posizione privilegiata rispetto agli altri, o, ancora, la professionalità del personale coinvolto per un servizio premium».

Coperto al ristorante: come stabilire il prezzo

Per Pini si parte dal presupposto che non esiste una regola di base valida per tutti i ristoranti utile a stabilire il valore di un coperto.

«Infatti, alcuni ristoratori lo calcolano partendo dal costo del tovagliato e delle posate utilizzati aggiungendo poi il costo del pane - ha ripreso Pini - Altri ancora tengono le voci separate, mentre c’è chi copia quello che fa il suo concorrente più “vicino”, sperando che poi non arrivino critiche sui social, perché troppo alto rispetto a quello che è il valore effettivo del servizio percepito così come dal cliente. In ogni caso il prezzo del coperto dovrebbe essere sempre proporzionale alla tipologia di mise en place e servizio fornito. Questo per un principio di trasparenza e rispetto verso chi consuma il proprio pasto fuori casa in un determinato locale».

Coperto al ristorante: esempi di servizio

Pini suggerisce di fissare il valore di un coperto in base alla tipologia e al costo effettivo del servizio offerto e percepito dalla clientela.

«Se consumo un pasto in un fine dining o comunque in un ristorante di un certo tipo, mi aspetto una mise en place curata, tovaglie ben stirate e di un tessuto pregiato e ben lavato - ha spiegato l'esperto di marketing della ristorazione - Ma anche posate di un certo tipo oltre alla presenza di più bicchieri e calici. Diversamente, se vado in una trattoria o una pizzeria, è più probabile trovarsi seduti a un tavolo con tovaglietta e tovagliolo di carta. Per questo motivo è normale aspettarsi un coperto molto variabile tra le due casistiche. Provando ora a giustificare questi esempi con numeri e dati precisi, il costo del tovagliato classico può pesare a un locale sui 60 centesimi per cliente servito, questo partendo dal costo di acquisto iniziale degli elementi della mise en place e considerando poi anche il costo della lavanderia. Quello della mise en place con tovaglietta americana e tovagliolo di carta invece la metà, arrivando a circa 30 centesimi. È chiaro che non bisogna per forza avere le fatture del fornitore sott’occhio per capire la differenza di costo: anche un cliente lo capisce, e se da cliente vado in un locale dove il coperto costa 4 euro e mi ritrovo una tovaglietta di carta, mi aspetto che il servizio sia di buon livello o magari che mi venga servito un cestino del pane prodotto internamente. In sostanza, è importante che il prezzo del coperto rispecchi quanto più possibile una quantificazione realistica delle voci di spesa sostenute per il servizio».

Coperto al ristorante: è giusto farlo pagare?

Infine, a chi si chiede se sia o meno giusto pagare il coperto Pini risponde con una serie di domande provocatorie. «Come vengono calcolati i prezzi sulla carta? A partire dal full cost o copiando quello che fa la concorrenza? Siamo davvero trasparenti quando formuliamo le voci sul menu tra referenze e coperto? Come gestiamo i pesi e le misure quando mettiamo in atto le tecniche di pricing per formulare il prezzo finale di vendita? Il coperto è una consuetudine a cui ormai i clienti di un ristorante sono avvezzi ed è generalmente accettato purché rispecchi il servizio che effettivamente viene offerto nel locale. Se ci mettiamo invece nei panni di un ristoratore, abbiamo il caso concreto di un locale dove solo la voce del coperto ha inciso per un 12% sulle vendite totali di un anno. Non proprio briciole insomma: eliminarlo dal menu comporterebbe una perdita sostanziosa di entrate; pertanto, togliere questa voce è una decisione da ponderare in maniera oculata e accorta, con i “numeri” sottomano. Per chi decide di abolirlo il consiglio è di abbattere il più possibile i costi legati al servizio e al coperto (magari valutando soluzioni alternative più sostenibili anche a livello economico) e di rivedere i prezzi sul menu e definirli in modo strategico, che siano competitivi rispetto al mercato, rispetto, quindi, a quelle che sono la concorrenza, il contesto e le aspettative della clientela target, ma soprattutto che rispettino la tipologia di proposta e di servizio del locale e soprattutto la sua struttura dei costi».

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Alberto Lupini


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