Buoni pasto, l'ira dei ristoratori «Riforma o non li accettiamo più»

Il sistema attuale genera una tassa occulta del 30% a carico delle imprese. Per ogni buono da 8 euro l’esercente ne incassa solo 6,18. Se ne è discusso con le associazioni delle imprese di distribuzione e ristorazione: Fipe, Federdistribuzione, Ancc Coop, Confesercenti, Fida e Ancd Conad

05 febbraio 2020 | 17:13
di Mariella Morosi
L'attuale sistema dei buoni pasto, usati ogni giorno da 2,8 milioni di lavoratori (tra cui un milione di dipendenti pubblici) genera a carico degli esercenti una tassa occulta del 30% sul valore di ogni ticket con una perdita di 3mila euro ogni 10mila euro di quelli accettati. È quanto hanno denunciato oggi a Roma, nella sede di Confcommercio, i rappresentanti delle sei associazioni di categoria che rappresentano le imprese italiane della distribuzione e della ristorazione: Fipe Confcommercio, Federdistribuzione, Ancc Coop, Confesercenti, Fida e Ancd Conad, per la prima volte ad un tavolo unitario.


il ristoratore "lascia" quasi 2 euro per ogni buono

Con un’azione concordata chiedono correttivi urgenti al sistema vigente a partire dalla revisione del codice di appalti della pubblica amministrazione. La richiesta è stata espressa in un documento dal titolo “I buoni pasto potrebbero non essere più buoni”, firmato da tutti da tutti i rappresentanti delle associazioni, che sarà subito inoltrato ai ministeri competenti - dello Sviluppo Economico e del Lavoro - ed esposto negli esercizi convenzionati. Annunciata anche la possibilità che i buoni, se il sistema distorto non sarà modificato urgentemente, non possano più essere accettati dagli esercenti.

Sono stati 500 milioni, per un valore di 3,2 miliardi di euro, quelli emessi nel 2019. L'obiettivo dell'azione è di garantire il rispetto del valore nominale dei buoni pasto lungo tutta la filiera. La perdita subita dagli esercenti - è stato sostenuto - è l'effetto delle gare bandite da Consip che hanno spinto le commissioni troppo in alto. Di fatto, il valore nominale del ticket è superiore a quello reale: per ciascun buono da 8 euro il bar, il negozio alimentare o il supermercato ne incassa solo 6,18. Una volta scalati anche gli oneri finanziari si arriva ad un deprezzamento del valore del 30% del valore nominale. Non è la prima volta che gli esercenti denunciano le criticità del sistema.


Le associazioni riunite al tavolo questa mattina

Neppure dopo il fallimento della società genovese Qui!Group, nel 2018, che ha lasciato 325 milioni di debiti, di cui 200 a carico degli esercizi commerciali, il governo ha dato risposte concrete. A portare le istanze delle associazioni al convegno di Roma sono stati Sergio Imolesi, Segretario Generale Ancd Conad, Luca Bernareggi, presidente Ancc Coop, Corrado Luca Bianca, coordinatore nazionale Fiepet Confesercenti, Claudio Gradara - presidente Federdistribuzione, Donatella Prampolini, presidente Fida Confcommercio e, per la Fipe Confcommercio, il presidente Lino Enrico Stoppani e il direttore Centro Studi Luciano Sbraga.

Il dibattito è stato moderato da Luciano Barisoni di Radio 24. «Il sistema delle gare al massimo - ha detto Lino Stoppani - è uno sconcio. O si riesce a dare economicità alla filiera o lo strumento è destinato a scomparire. Per il datore di lavoro e per il lavoratore sono un vantaggio, ma a perdere sono le imprese, i 100mila esercizi commerciali in cui si spendono i buoni».
Per Claudio Gradara il tavolo appena costituitosi, pronto ad una trattativa chiara con il governo, rappresenta il 90% del commercio italiano. «Se finora il sistema ha funzionato nell'ambito del concetto di cuneo fiscale, ora rischia di andare a morire per le commissioni insostenibili. La nostra non vuole essere una partita di contrapposizione con le istituzioni. Non vogliamo un tavolo di crisi ma ridefinire le regole. Negli altri Paesi che adottano il sistema dei buoni pasto, le commissioni non sono elevate come le nostre».


Il caos dopo lo scandalo QUI!Group

Confronto immediato, quindi con il governo in attesa di una convocazione perché i bilanci aziendali - come ha sottolineato Luca Bernareggi per le Coop - non possono sopportare questa situazione ancora a lungo. Bisogna tuttavia pensare anche ad una corretta informazione ai consumatori, per far conoscere il problema, e questo è anche lo scopo del volantino da affiggere negli esercizi. «Il decidere di non accettare più i buoni, come qualcuno ha fatto - ha detto Sergio Imolesi - avuto l'effetto di un calo di fiducia nei nostri confronti. E il nostro punto di forza sono proprio loro, i circa 3 milioni che utilizzano i ticket ogni giorno».

Per Donatella Prampolini non basta nella prossima trattativa con il governo mettere un limite alla procedura di gara al ribasso. «Bisogna rimettere in discussione tutta la normativa dei buoni per salvaguardarne il valore, e anche le società emettitrici devono rispondere ad un rating di affidabilità. Se poi tutte le nostre azioni in programma falliranno non li accetteremo più perché sarebbe una vendita in penalità».

È stato anche deciso di avviare un'azione di responsabilità contro la Consip per non aver vigilato abbastanza sulle vicende finanziarie della Qui!Group e sulla sua esposizione debitoria verso migliaia di attività commerciali e della ristorazione.

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Alberto Lupini


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