La traiettoria di Andrea Gualdoni sembra uscita da una startup che brucia le tappe: nel 2019 lavorava nella grande distribuzione, oggi guida la sommellerie del tristellato Core by Clare Smyth a Londra. Non un colpo di fortuna, ma la dimostrazione che studio, visione e testa dura possono ribaltare un destino professionale in un lampo. Dai Cerea a Shanghai fino alla capitale mondiale del fine dining, Gualdoni interpreta un nuovo modello di sommelier: meno accademia, più strategia; meno liturgia, più capacità di leggere un cliente internazionale che non vuole un professore al tavolo ma qualcuno che lo aiuti a godersi l’esperienza. È il segno dei tempi: chi sa parlare al mercato vola, gli altri restano a terra.
Chi è Andrea Gualdoni
Classe 1994, Andrea Gualdoni si è imposto all’attenzione nazionale nel 2020 conquistando il titolo di Miglior Sommelier della Lombardia, quindi il titolo italiano nel 2024. Originario di Treviglio, in provincia di Bergamo, e membro della delegazione AIS di Cremona-Lodi, la sua storia professionale non nasce nel mondo dell’alta ristorazione: diplomato ragioniere e impiegato in un punto vendita della grande distribuzione a Crema, Gualdoni ha scelto di cambiare completamente strada seguendo la passione per il vino, coronata dal diploma da sommelier ottenuto all’inizio del 2019. Da lì il percorso ha preso velocità: prima l’esperienza all’Osteria del Binari di Milano, poi, dal 2021, l’ingresso nella brigata dei fratelli Cerea, lavorando sia nel tristellato di Brusaporto (Bg) sia nel bistellato Da Vittorio Shanghai, dove ha consolidato il proprio profilo internazionale, prima di inizare l'avventura in un altro tristellato, il Core by Clare Smyth a Londra dove è head sommelier.

Andrea Gualdoni è stato eletto miglior sommelier d'Italia Ais nel 2024
Una clientela internazionale che cambia il modo di lavorare
Gualdoni, oggi Head Sommelier al Core by Clare Smyth, aveva un obiettivo chiaro sin dal suo esordio: confrontarsi con un mercato che riconoscesse pienamente il valore del sommelier. «Fin dal 2019 ho sempre pensato e desiderato fare un’esperienza a Londra», racconta. «Qui la sommellerie è presente e riconosciuta da più tempo: il servizio è una priorità assoluta e il vino è sempre stato messo al primo posto». Secondo Gualdoni, la capitale britannica garantisce qualcosa che in Italia spesso è più difficile trovare: un riconoscimento tangibile del valore economico del sommelier. «Un sommelier preparato vende di più, fidelizza i clienti e li fa tornare volentieri», afferma. «Per questo qui la figura viene considerata davvero fondamentale».

La sala del Core by Clare Smyth a Londra, il regno di Andrea Gualdoni
Londra, spiega, offre un osservatorio privilegiato sulla clientela globale. «Sono cinque anni che lavoro tra tre e due stelle, tra Brusaporto e Shangai: ho conosciuto tantissima gente dagli Stati Uniti, dall’Australia, clienti che viaggiano, si informano e si interessano davvero di enogastronomia». Un pubblico diverso, più abituato a delegare al sommelier le proprie scelte. La differenza principale è culturale: «Qui a Londra il cliente è completamente aperto. Non essendo un Paese produttore, si affida molto al sommelier». È un dato che incide direttamente sulla costruzione della carta e sull’esperienza in sala: «Domani posso vendere un vino sudafricano come se niente fosse. Ho 50 vini sudafricani in carta».
Shanghai: un mercato giovane, ma curioso
Gualdoni ha lavorato anche a Shanghai, sempre con Da Vittorio. L’esperienza cinese, però, richiede una chiave di lettura diversa: «Il vino è arrivato tardi e, per cultura e fisiologia, il cinese medio beve meno». Eppure anche lì si intravedeva un’apertura non scontata: «C’era già una carta leggermente internazionale, anche se nulla a che vedere con Londra». La Francia e l’Italia rimanevano punti fermi, ma la curiosità verso il nuovo era percepibile: «Fortunatamente Shanghai riusciva comunque a proporre un ventaglio più ampio rispetto ad altri contesti asiatici».
Il vino italiano a Londra: sempre presente, ma non dominante
In un mercato competitivo come quello londinese, il vino italiano ha comunque un ruolo rilevante: «Ovunque vado, che sia un pub o un tre stelle, trovo sempre i vini italiani». Tuttavia, l’ordine di priorità cambia: «La Francia è sempre al primo posto. Poi arrivano Spagna, Italia, Stati Uniti e i vini prodotti nel Regno Unito». Non si tratta di una perdita di terreno, secondo Gualdoni, ma di un diverso equilibrio: «L’Italia rimarrà sempre forte, con Toscana e Piemonte davanti a tutti. Ma la carta deve essere globale: un bravo sommelier deve sapersi muovere su tutti i fronti».

Per Andrea Gualdoni è importante avere una carta dei vini internazionale
Trend emergenti: rossi freschi, più bianchi e mercati in ascesa
Gualdoni osserva una tendenza chiara nei gusti dei consumatori londinesi: «Si sta cercando più freschezza. I rossi leggeri, serviti più freschi, stanno crescendo tantissimo. Il Pinot Nero è il principe». Al tempo stesso aumentano i bianchi: «Penso che i bianchi siano sempre un po’ in aumento». Sul piano geografico, segnala tre aree particolarmente dinamiche: «Stati Uniti, Sudafrica e Spagna: con questi Paesi sto lavorando tantissimo e sto scoprendo cose fantastiche».
Raccontare il vino con semplicità: il cliente non vuole un professore
Una delle riflessioni più nette di Gualdoni riguarda la comunicazione del vino: «Essere troppo tecnici non serve. Il cliente non è lì per seguire una lezione, ma per vivere un’esperienza». È un punto che considera centrale nel ruolo del sommelier contemporaneo.
«Cerco sempre di spiegare tutto nel modo più semplice possibile», spiega. «Vado molto sulla geografia: perché un vino vicino al mare ha certe caratteristiche, perché un Nebbiolo della Valtellina è diverso da quello del Barolo». Il rischio, oggi, è l’eccesso di tecnicismi: «Andare da un cliente e iniziare a parlare di legni nuovi, rese per ettaro e mesi di affinamento non serve. Lo confonde, soprattutto se vuole solo godersi un pranzo».
Quando la carta dei vini diventa strategia: «Il vino può valere il 50% del fatturato»
Per Gualdoni, la figura del sommelier non può essere improvvisata: «Dire “il cameriere può fare il sommelier” è sbagliato. È il sommelier che può aiutare la sala, non viceversa». Il motivo è anche economico: «Il vino può rappresentare dal 35 al 45%, a volte anche il 50% del fatturato del servizio».

Per Andrea Gualdoni il ruolo del sommelier va al di là del solo servire il vino
Un dato che si traduce in responsabilità concrete: «Quando inizi a vendere bottiglie da 500, 700, 2000 euro, alla fine del mese te ne accorgi». Gestione della cantina, costi, condizioni di conservazione, formazione del team: sono tutti elementi che ricadono sul sommelier.
Consumi, non è una questione generazionale
Sul presunto calo dei consumi, Gualdoni mantiene una posizione equilibrata: «Un ragazzo di 22 anni, se gli fai un pippone, si prende una birra ed è più contento. O magari nemmeno quella». La chiave, secondo lui, è l’adattamento: «Bisogna offrire proposte al calice, vini a bassa gradazione, selezioni leggere». A Londra, tuttavia, questo fenomeno appare più contenuto: «A parte la clientela asiatica, che per cultura beve meno, non vedo grandi cambiamenti. La questione generazionale c’era anche vent’anni fa».
Una carriera veloce, ma ancora tutta da costruire
Gualdoni ha iniziato nel 2019, ma il percorso è stato rapido: dalle osterie milanesi ai concorsi AIS, fino ai ruoli di responsabilità con Da Vittorio. «I concorsi mi hanno portato avanti: vincere il Miglior Sommelier Lombardia è stato fondamentale». Poi, la formazione internazionale: «Ho portato avanti la Court of Master Sommeliers, l’organo più importante della sommellerie mondiale». L’arrivo a Londra è avvenuto già da una posizione consolidata: «Sono arrivato come Head Sommelier al Core. È un ruolo che richiede tantissimo, ma dà anche tantissimo».
“ Il vino può rappresentare dal 35 al 45%, a volte anche il 50% del fatturato del servizio ”
Andrea Gualdoni
Sommelier
Guardando al futuro, gli obiettivi sono chiari: «Proverò il Diploma di Master Sommelier. Mi chiameranno nel 2027: è un esame passato da meno di 300 persone dal 1980». E poi, il sogno più ambizioso: «Un giorno mi piacerebbe partecipare al Miglior Sommelier del Mondo». Accanto alla sala, immagina anche sviluppi paralleli: «Un domani mi piacerebbe insegnare o avere una piccola importazione. Ma per ora mi vedo ancora sul floor».
Andrea Gualdoni: il sommelier che sta spingendo la sommellerie italiana a diventare adulta
La sua storia, a ben vedere, non è quella di un ragazzo “arrivato”, ma di uno che ha appena messo la seconda. Londra gli ha dato un palco globale, la Court of Master Sommeliers lo attende, il concorso mondiale è nel mirino e la voglia di restare sul floor è più forte delle sirene di facili scorciatoie. Se questo è solo l’inizio, prepariamoci: Gualdoni non sta inseguendo la sommellerie italiana. La sta spingendo, da fuori, a diventare finalmente adulta.