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Ritorno al passato: gli chef italiani riscoprono le erbe selvatiche?

Foraging: moda o vera passione? La spinta verso la sostenibilità coinvolge anche gli chef, che vanno alla ricerca delle erbe selvatiche e spontanee. Occorre avere una formazione sulle bacche, radici o licheni. Sulle Alpi esistono 4mila specie tutte edibili, tranne due. Abbiamo contattato alcuni chef, che per loro fortuna hanno le montagne a portata di mano

31 maggio 2024 | 05:00
Ritorno al passato: gli chef italiani riscoprono le erbe selvatiche?
Ritorno al passato: gli chef italiani riscoprono le erbe selvatiche?

Ritorno al passato: gli chef italiani riscoprono le erbe selvatiche?

Foraging: moda o vera passione? La spinta verso la sostenibilità coinvolge anche gli chef, che vanno alla ricerca delle erbe selvatiche e spontanee. Occorre avere una formazione sulle bacche, radici o licheni. Sulle Alpi esistono 4mila specie tutte edibili, tranne due. Abbiamo contattato alcuni chef, che per loro fortuna hanno le montagne a portata di mano

31 maggio 2024 | 05:00
 

Era una consuetudine delle nostre nonne: esplorare il sottobosco alla ricerca di erbe selvatiche. Non c'erano tanti soldi e la natura aiutava. Oggi dunque si ritorna al passato, ai sapori veri, quelli che provavamo da bambini e che ora ci fanno gioire. Una cucina “etica”, come quella di Norbert Niederkofler, che si basa sul rispetto della natura.

Foraging, Paolo Griffa e le erbe selvatiche

È il caso di Paolo Griffa, noto chef stellato con il suo ristorante al Caffè Nazionale ad Aosta, che al mattino raccoglie le erbe selvatiche nei prati, colline e montagne lungo tutta la Valle d'Aosta, due volte la settimana. «Abbiamo anche un orto di erbe officinali dalla Fondazione Sistema Ollignan Onlus a Quart (Ao). Da quest'anno abbiamo a disposizione il giardino botanico vicino alla farmacia del Dottor Nicola ad Aosta, ricco di piante officinali ed erbe alpine. Inoltre ho lavorato per due anni dallo chef francese Serge Vieira, che mi ha insegnato molto sulle erbe spontanee, oltre ad aver letto, frequentato persone e chef che praticavano foraging», racconta Griffa .

Ritorno al passato: gli chef italiani riscoprono le erbe selvatiche?

Paolo Griffa

«Sono importanti perché spontanee, non siamo noi a determinarne la crescita: quando sono pronte per essere servite o utilizzate sono cento per cento naturali. Raccontano l'andamento climatico: se piove e poi fa bello le piante sono più morbide e dolci, mentre se è caldo e arido le erbe saranno secche e un aroma meno intenso. Le erbe si usano per lo più fresche, ma si possono anche estrarre oli essenziali e tinture madri, essiccare o congelare, si fanno pesti o altre preparazioni in base alla pianta e all'utilizzo che se ne vuole fare.», conclude Griffa.  

Foraging all'Hotel Tann con Barbara Plunger Untermarzoner 

All'Hotel Tann, immerso nel bosco e affacciato sullo skyline delle Dolomiti, la sostenibilità scandisce la giornata: dalla colazione alla cena con la cucina di Barbara Plunger Untermarzoner che usa ingredienti raccolti personalmente.

Ritorno al passato: gli chef italiani riscoprono le erbe selvatiche?

Barbara Plunger Untermarzoner

«La cucina del bosco è strettamente legata ai ricordi della mia infanzia, racconta Plunger, in particolare ai tempi in cui mia madre da bambini ci portava a raccogliere bacche, radici e funghi commestibili. Ancora oggi mi piace raccogliere questi tesori: mi rilassa e mi rendo conto di quanto sono felice e soddisfatta ogni volta che torno a casa. Con il tempo, ai funghi si sono aggiunti sempre più nuovi tesori che ho portato dal bosco, mescolandoli nelle mie ricette. È incredibile che, anche cambiando carriera, si possano sempre aprire nuove porte e assaporare la vita in tutta la sua diversità. Gli aromi sono insuperabili, trasformo ogni piatto in una nuova esperienza di gusto per molte persone. I nostri ospiti si identificano con la filosofia della nostra casa. L'Hotel Tann si trova a una radura del bosco a 1.500 metri di altezza, con le sue erbe spontanee è il nostro dono più grande e svolge un ruolo importantissimo. Non solo in cucina, ma anche per i trattamenti di benessere».

Alessandro Gilmozzi e il foraging

Alessandro Gilmozzi ha ricavato il suo ristorante El Molin in pieno centro a Cavalese, in Val di Fiemme, proprio nell'unico mulino rimasto tra i seicento che un tempo sorgevano nell'alveo del torrente Avisio. Qui tutto parla di natura: gli interni sono stati realizzati in legno di cirmolo o di cembro. «Ho cominciato – racconta - ad usare le erbe selvatiche e officinali fin dall' apertura del mio ristorante nel 1990, facendo un passo alla volta, cominciando con le più conosciute fino  ad oggi che ne abbiamo catalogate circa quattrocento. La valle dove vivo è sempre stata una zona di raccoglitori: la Valle di Fiemme e la sua comunità gestisce il bosco in modo equilibrato, dal legnatico alle erbe di sostentamento e i medicali».

Ritorno al passato: gli chef italiani riscoprono le erbe selvatiche?

Alessandro Gilmozzi

«Non va trascurato  - aggiunge - il fatto che ho avuto la fortuna di avere una zia botanica per passione e un nonno micologo: questi motivi hanno fatto sì che diventasse la mia identità di cucina. La sostenibilità è certamente un termine abusato, non basta avere un orto: per essere sostenibile noi abbiamo cominciato nel 2000 a chiederci come possiamo ridurre lo spreco a 360 gradi. Oggi con diciotto pagine di protocollo e una attenta formazione dei miei ragazzi ci ha permesso di ottenere la stella verde, ma la parte più importante sta nella sostenibilità umana.  Raccolgo le erbe personalmente con il mio staff: le usiamo sia fresche che essiccate per le stagioni fredde. Ci sono veramente tante tecniche, anche inusuali, per la conservazione, che in trent'anni abbiamo sviluppato nel mio laboratorio di ricerca.  Agli inizi la clientela era impreparata, oggi invece viene nel mio ristorante per fare un'esperienza. Grazie alla collaborazione di un gastroenterologo, abbiamo perfino uno studio per il benessere dell'ospite».

Foraging, l'Olivello spinoso delle Alpi trasportato a dorso d'asino utilizzato da Sven Wassmer

L'olivello spinoso delle Alpi è il limone delle montagne - viene utilizzato da Sven Wassmer, chef stellato del pluripremiato ristorante "Memories". Raccolto a mano a 1600 metri di altitudine, l'olivello spinoso delle Alpi trova la sua strada nel piatto della cucina gourmet - in Svizzera, la natura viene messa nel piatto. In alto nel Prättigau, dove la vegetazione è fitta, è praticamente impossibile raccogliere le capsule morbide direttamente dai cespugli.

Ritorno al passato: gli chef italiani riscoprono le erbe selvatiche?

Sven Wassmer

Così Margrit e Adolf Hartmann caricano i loro asini con rami interi e riportano a valle i loro animali attraverso il terreno accidentato. Per Adolf Hartmann, erborista in pensione - nonostante la raccolta e la lavorazione sia impegnativa - l'olivello spinoso alpino è una passione. Il Ristorante Firma di Sven Wassmer, "Memories", si concentra sulla consapevolezza del prodotto, l'innovazione e la stagionalità . «L'olivello spinoso delle Alpi è il limone delle montagne» ed entusiasma lo chef stellato: «Ha una meravigliosa acidità e un particolare sapore floreale e aperto - ed è estremamente ricco di vitamine».

Foraging, Nicola Bonora: un sapere tramandato

Lo chef Nicola Bonora del ristorante Motelombroso a Milano non ha frequentato corsi specifici, il suo è un sapere tramandato.

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Nicola Bonora

«Vista la posizione geografica e l'alto inquinamento ci limitiamo  alla produzione di erbe aromatiche nel nostro piccolo orto. Però in alcuni momenti dell'anno, abbiamo delle persone specializzate che, in montagna, raccolgono erbe, bacche e muschi per noi. Le erbe vengono utilizzate in tutto il menu, a seconda della portata e della ricetta decidiamo come trattarle. Si tratta di un prodotto incontaminato, non coltivato in serra, che ha tutto un altro sapore».

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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