La politica del gambero, per quanto riguarda costi, prezzi, tariffe, adeguamenti e via dicendo, non ha mai funzionato. Se si fa un movimento in avanti, meglio, uno scalino, al limite ci si ferma, ma guai a tornare sui propri passi. Una realtà che si manifesta in tutta evidenza se si mette sotto la lente il tema affitti. Ce n'è per tutti: dagli studenti fuori sede alle giovani coppie, alle attività professionali. Senza mettere troppo il dito nella piaga, è lampante la fuga dalle metropoli, vedi Milano, per cercare abitazioni nell'hinterland. Ma se si fa rotta verso l'universo pubblici esercizi l'onda lunga non cambia, anzi.
Affitti di bar e ristoranti: inflazione, caro bollette e canoni spesso ingessati
Il Covid ci ha piegato in due a tutto tondo, giusto per voler vedere il bicchiere mezzo pieno, ma entrando nel merito del canone quanti punti vendita hanno dovuto abbassare la saracinesca perché, pur costretti a chiudere per evitare assembramenti, dovevano versare il canone ai proprietari dei muri? Per carità, c'è chi si è messo la mano alla coscienza e quando ha potuto ha messo da parte il concetto di business is business. Nella stragrande maggioranza dei casi, però, la sopravvivenza è stata il minimo comun denominatore. Ha prevalso la legge del più forte. Oggi la miscela diabolica vanta la formula inflazione, caro bollette, canoni d'affitto spesso ingessati.
Affitti di bar e ristoranti, Fipe: «C'è una ripresa della domanda di locazioni»
Da tempo la Fipe-Federazione italiana pubblici esercizi cerca di tenera la barra dritta. A fine 2020, quando si era nell'occhio del ciclone, il direttore del Centro studi Fipe Luciano Sbraga lanciava l'allarme: «Il mercato delle locazioni commerciali sta conoscendo una flessione senza precedenti: chi stipula oggi un nuovo contratto beneficia di canoni più bassi fino al 15% rispetto a un anno fa e questo vantaggio se lo porta dietro per tutta la durata del contratto che solitamente è di 6+6 anni. Chi invece ne ha già uno in vigore, deve misurarsi con la disponibilità del proprietario a rinegoziare. In questo modo si creano imprese di serie A e di serie B, con evidenti squilibri di mercato. Da marzo a giugno (2020, ndr) ristoranti e bar hanno perso in un sol colpo il 67% dei loro fatturati, come è possibile che possano continuare a pagare lo stesso affitto di prima?».
Luciano Sbraga, direttore del Centro studi Fipe
E oggi? «Per quanto riguarda i nuovi contratti - spiega Sbraga - siamo di poco sotto i livelli del 2019. C'è una ripresa della domanda. In merito alle rinegoziazioni fatte a suo tempo, nessun proprietario le ha messe in atto sine die. Il che significa, una volta lasciata alle spalle l'emergenza, che si è tornati alla stipula primigenia». Sul fronte operativo, nel senso più stretto del termine, nella prima parte del 2023 le agenzie del Gruppo Tecnocasa che hanno realizzato operazioni sui negozi, nel 78,4% dei casi hanno avuto a che fare con locazioni e nel 21,6% con compravendite. «La locazione è la strada scelta da chi decide di iniziare un'attività imprenditoriale - spiega Fabiana Megliola, responsabile Ufficio studi Tecnocasa - Tra le attività per le quali spesso in passato si cercava uno spazio c'era la ristorazione. Avviare un'attività di questo tipo portava gli imprenditori a rivolgersi alle nostre reti specializzate per cercare spazi adatti da locare. La pandemia ha messo un fermo forzato alla ristorazione-somministrazione che ha avuto modo di resistere grazie alle piattaforme delivery a cui tanti imprenditori si sono appoggiati».
Affitti di bar e ristoranti, Tecnocasa: «Si cercano tagli più grandi e dehors»
Progressivamente si è rientrati alla normalità ed è ripresa, a detta delle reti specializzate del Gruppo Tecnocasa, la ricerca di spazi da destinare al food. «La ristorazione - sottolinea Fabiana Megliola - inizia a mostrare alcune nuove tendenze, tra cui una maggiore sofferenza per chi ha puntato sulla pausa pranzo perché, nonostante il ritorno in presenza di tanti lavoratori, lo smart working permane. In più, si assiste a una rimodulazione dei consumi con una maggiore attenzione alla spesa. Si punta maggiormente sulla cena, che risponde alla necessità di aggregazione e di socialità esplosa post pandemia e, per questo motivo, aziende e brand importanti del settore della ristorazione, con una presenza consolidata nel tempo, cercano spazi più ampi per aumentare le sedute». È in incremento la percentuale di chi ha preso in affitto tagli leggermente più grandi, da 100 a 150 mq, che sono passati dall'11,5% (primo semestre 2022) al 15,9% (primo semestre 2023). La concentrazione resta più elevata nella fascia fino a 100 mq. «La novità che ci segnalano le agenzie del Gruppo è la ricerca di spazi più “belli”, perché l'obiettivo che spesso i ristoratori si pongono è rendere il locale “instagrammabile”, alla luce del fatto che la visibilità sui social ha ormai sostituito il passaparola. Continua inoltre la ricerca di locali con canna fumaria, ormai una rarità, e di spazi esterni per la creazione di dehors».
Gli operatori dell‘universo Horeca sempre più sotto pressione per far quadrare i conti
Da sottolineare inoltre il fatto che gli imprenditori con un'attività di ristorazione avviata, che possono contare su una clientela fidelizzata o che hanno raggiunto una certa notorietà, si sono riposizionati in zone più periferiche e di minore passaggio per pagare canoni di locazione più bassi.
Affitti di bar e ristoranti: il peso dei costi delle materie prime
«Queste attività - puntualizza Fabiana Megliola - hanno registrato un crescente aumento dei costi delle materie prime e dell'energia e il riposizionamento in aree rese libere dalla chiusura di altre attività ha consentito loro di trovare una soluzione abbattendo i costi. Negli ultimi dieci anni i canoni di locazione hanno avuto un calo intorno al 26-27%, anche se già a partire da questa prima parte dell'anno il trend si sta invertendo e ci sono città che sono tornate in territorio positivo».
Analisi confermata da un intervento pubblicato sul Corriere della Sera: “C'è un sistema quasi infallibile per capire se una strada affollata ha canoni cari: l'assenza di ristoranti, perché l'incidenza dei costi del personale e della materia prima è tale da non permettere di sostenere anche un costo elevato dell'affitto”.
Affitti di bar e ristoranti, Epam: «L'adeguamento Istat è penalizzante»
«Sono due gli aspetti negativi che condizionano il settore - puntualizza Lino Stoppani, presidente Epam-Associazione provinciale milanese pubblici esercizi. Con l'inflazione aumenta il valore immobiliare e ne consegue un incremento del canone di affitto.
Lino Stoppani, presidente Epam-Associazione provinciale milanese pubblici esercizi
In impennata inoltre l'adeguamento annuale Istat che ha raggiunto anche il +75%, che per un contratto da 100 mila euro annui significa sborsarne altri 10 mila non previsti. E poi un imprenditore, già gravato da queste voci e da quella del costo del personale, quando investe per rendere più attraente, moderno ed efficiente il locale si trova ad arricchire i muri di un altro».