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Koinè Restaurant a Legnano: la cucina come linguaggio comune

La cena a sei mani proposta dal cuoco di casa Alberto Buratti, intitolata “Fermenti, la cucina “Oltre”, ha visto protagonisti David Reartes, chef di “Re.Art” e di “Pomona” a Ibiza, e il maestro panificatore Matteo Cunsolo

 
27 settembre 2023 | 11:16

Koinè Restaurant a Legnano: la cucina come linguaggio comune

La cena a sei mani proposta dal cuoco di casa Alberto Buratti, intitolata “Fermenti, la cucina “Oltre”, ha visto protagonisti David Reartes, chef di “Re.Art” e di “Pomona” a Ibiza, e il maestro panificatore Matteo Cunsolo

27 settembre 2023 | 11:16
 

Un ristorante di Legnano (Mi) può costringerti, inaspettatamente, a ritornare sulle tracce del greco classico, abbandonato nella soffitta dei ricordi liceali insieme al vocabolario greco-italiano di Lorenzo Rocci, ora polveroso. Per capire cosa voglia richiamare la sua insegna: Koinè, che come aggettivo sta a indicare ciò che è collettivo e come sostantivo l’idioma comune. Gli storici identificano la “koinè diàlektos” come la lingua franca del periodo ellenistico, caratterizzato dall'espansione della civiltà e della cultura greca in buona parte delle coste mediterranee. E non basta, ecco un altro arricchimento concettuale: la cena a sei mani proposta da Alberto Buratti, chef e titolare del Koinè legnanese, s’intitola “Fermenti, la cucina “Oltre”, e vede come protagonisti lo spagnolo David Reartes, chef di “Re.Art” e di “Pomona” a Ibiza, e il maestro panificatore Matteo Cunsolo, titolare de “La panetteria” di Parabiago e contitolare di “Pomona”.

Koinè Restaurant a Legnano: la cucina come linguaggio comune

Alberto Buratti, Matteo Cunsolo e David Reartes

Una cucina che valorizza le storie in comune, è sempre in fermento e si spinge oltre, questa la trama messa insieme sfruttando gli indizi; ma potremmo anche parlare di laboratorio di idee, costruzione in evoluzione che partendo dalla tradizione trasforma le ricette di un tempo, attraverso l’utilizzo di tecniche contemporanee rispettose della materia prima e del territorio. «La cucina “oltre” - spiega chef Buratti - nasce dalle antiche ricette che raccontano la storia e la cultura di ciascun popolo e oggi superano le barriere del tempo e i confini, per essere ripensate con materie prime provenienti da tutto il mondo, attraverso nuovi metodi e tecniche». E difatti ad allietare la serata “Fermenti & Oltre” troviamo fermentazioni orientali, l’abbinamento con alcuni tipi di Kombucha (tè zuccherato e fermentato) e l’escabeche, un procedimento, di origine araba, utilizzato per la conservazione di alimenti sotto aceto, successivamente rielaborato dalla tradizione culinaria spagnola e italiana, in particolare siciliana.

Cena a sei mani al Koinè Restaurant: il pane servito dal maestro Cunsolo

A partire dall’Oltre legnanese (non un Oltrepò, al massimo un Oltreolona, questo dice il territorio), se davvero vogliamo saltabeccare da una cultura all’altra dobbiamo puntare i piedi su un terreno che è più che mai nostro: il pane, servitoci in più versioni dal maestro Cunsolo, ad iniziare dal croccante di lievito madre speziato, accompagnato da kombucha, basilico e limone; e poi proposto a coronamento della pasta al sugo, di mirabile semplicità, con tutti i sapori-madre della nostra “Italia a tavola“ in rassegna. Semplicemente splendido, per il croccante tenace della crosta, il tenero-ma-umido della mollica, un sentore lieve di lievito madre in sottofondo: la scarpetta che ne è seguita è di quelle che fanno scuola. «Il pane che accompagna i piatti - puntualizza Cunsolo - è lavorato con lievito madre liquido, a lunga fermentazione (30 ore), con farina normale e autoctona ibizenca come la xeixa, che utilizziamo abitualmente a Pomona Ibiza». Alla base del progetto del Bakery store, avviato sull’isola bianca delle Baleari, che unisce l’artigianalità del maestro Cunsolo con la creatività di chef Reartes, c’è proprio il profondo rispetto della cucina verso il territorio, delle materie prime locali e del lavoro degli artigiani.

Koinè Restaurant a Legnano: la cucina come linguaggio comune

Il pane preparato e servito da Matteo Cunsolo

Cos’altro, a parte pane e pasta? Un’originale ceviche di frutta e verdura che sembrava tutta farina del sacco di David Reartes, ma il Buratti ci avrà senz’altro messo il becco; poi la ventresca di tonno alla brace con escabeche giapponese, e siamo di nuovo a parlare del trionfo della cucina “umile”, perché potremmo pure tentare il piatto e la sorte da soli, nel nostro spoglio cucinotto, avendo gli strumenti e gli ingredienti appositi; ma dovremmo possedere anche solo il 10% della furbizia e dell’esperienza che ci ha messo Alberto Buratti, e chi ce lo garantisce? Per finire, la torta brianzola “Michelasc”, quella che originariamente è fatta con avanzi di pane raffermo, cacao, amaretti, uvetta, pinoli, ma qui al Koinè è reinterpretata e viene ammannita con pane e carrube ibizenche, gelato al caprino e fichi fermentati: perfettamente equilibrata, anche se abbiamo provato a spiegare al Buratti che quella noce di gelato al caprino posta lì accanto dava un sentore forte di ovino che alcuni (e noi, degustatori incalliti, siamo fra quelli) magari trovano geniale ma tanti altri un po’ troppo “oltre”.  Ci ha candidamente risposto che quella preparazione aveva riscosso un successo unanime, tra i suoi commensali giornalieri. Che i degustatori incalliti amano sottovalutare, sbagliando clamorosamente.

Koinè Restaurant a Legnano: la cucina come linguaggio comune

La pasta al sugo di mirabile semplicità

Cena a sei mani al Koinè Restaurant: l'unica perplessità è sui vini scelti

Bilancio consuntivo? Una serata allegra, internazionale, a sei mani, circondati dall’austerità seriosa degli interni del Koinè, perfettamente in linea con il pensare degli architetti più trendy, e alle prese con una posateria che voleva darsi un tocco di originalità; che va bene, se non diventa antifunzionale. La perplessità, l’unica di una serata davvero godibile, viene dalla scelta dei vini, cosiddetti naturali, che vanno a infilarsi in quell’intrico spinoso di norme inadeguate e filosofie allegre all’ombra del naturale, biologico, biodinamico, ancestrale, vegano, Triple A … e basta così, perché il mal di testa è già arrivato al degustatore incallito, figuriamoci al commensale giornaliero. Vogliamo dire che il “Pet Nat” Corvagialla bianco naturale e il “Rosso Anfora” dell’abruzzese Lammidia li abbiamo trovati piatti e un po’ stanchi, poco espressivi. La conosciamo bene, l’obiezione dei naturalisti, biodinamicisti etc.: è perchè tu sei abituato al sapore dei trattamenti chimici, alle fermentazioni non indigene, alle chiarificazioni, agli aggiustamenti di acidità in corso d’opera e ad altro che non osiamo nominare. Ma davvero? E perchè il lievito selezionato è un infame e l’indigeno no, cosa li differenzia, a livello biochimico? In quale ambiente paradisiaco cresce e si sviluppa l’indigeno? Vogliamo inoltrarci in questa selva oscura?

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Ma no, dopotutto, meglio il ricordo armonioso dei tre moschettieri Buratti-Reartes-Cunsolo e di una cena al ristorante che ha allietato gli incalliti e i giornalieri insieme, grazie alla leggerezza delle pietanze, della kombucha, della tisana purificatrice “Remedium n. 8- Reborn”, che ci hanno fatto sentire soddisfatti ma non oppressi dal cibo e dalle bevande. Una cena per divertirsi e non per rimpinzarsi, e chi gradisce l’asfissia da alimentazione forzata resti pure a distanza di sicurezza: da Legnano, dal Koinè e dalla sua ricerca di identità comunitarie, tradizionali eppure aperte alla contaminazione fra codici apparentemente distanti. “Koinè diàlektos”, appunto, per  parlare un linguaggio comune e amichevole tra culture diverse.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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