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Home restaurant, Gnammo si difende Ma mancano professionalità e garanzie

Dopo l'intervento di Pozzulo, presidente Fic, che descrive gli home restaurant e l'assicurazione di Gnammo come un guasto alla professione, il ceo della piattaforma ribatte l'impegno per formazione e legalità dei servizi. Alberto Lupini accusa però la non comprensione di sicurezza e competenza intrinseche al mestiere di cuoco

07 settembre 2017 | 11:17
Home restaurant, Gnammo si difende 
Ma mancano professionalità e garanzie
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Ma mancano professionalità e garanzie

Home restaurant, Gnammo si difende Ma mancano professionalità e garanzie

Dopo l'intervento di Pozzulo, presidente Fic, che descrive gli home restaurant e l'assicurazione di Gnammo come un guasto alla professione, il ceo della piattaforma ribatte l'impegno per formazione e legalità dei servizi. Alberto Lupini accusa però la non comprensione di sicurezza e competenza intrinseche al mestiere di cuoco

07 settembre 2017 | 11:17
 

Un fenomeno in continua espansione, nato un po' per passione un po' per necessità causa la crisi e la capacità delle persone di reinventarsi. Questa può essere un buon modo di introdurre gli home restaurant, che negli ultimi anni hanno ottenuto un successo tale da muovere il Governo a porne limiti e regolamenti. Tuttavia, un problema di fondo di questa realtà è stato lamentato da diversi, i cui pensieri possono si ritrovano nelle stesse parole di Rocco Pozzulo, presidente Fic - Federazione italiana cuochi: «Un fenomeno dilagante e alla moda [...], ma che, quale professionista e presidente di un'associazione di categoria, non trovo consono per i livelli di sicurezza sia alimentare che di responsabilità civile necessari». Pozzulo descrive tutto il format come una «mina vagante che va a logorare un comparto lavorativo già messo in crisi dalle vicende economiche.

Home restaurant, Gnammo si difende ma mancano professionalità e garanzie

A queste osservazioni, contenute in un editoriale pubblicato da Italia a Tavola, risponde ora Gnammo, la piattaforma online che ha sostenuto e in qualche modo rappresentato questo fenomeno sociale spingendo per regolarizzarlo. Gnammo due mesi fa ha ad esempio lanciato un'assicurazione social che offrirebbe una copertura di responsabilità civile sull'immobile e una forma di tutela ai ristoratori-a-casa-propria, per eventuali inconvenienti durante le cene. Per precisare meglio la posizione di Gnammo, Cristian Rigon, ceo e founder della piattaforma, ha inviato un alettera al direttore di Italia a Tavola  che sdis eguito riportiamo integralmente.


Egregio direttore,
sono Cristiano Rigon, ceo e founder della piattaforma Gnammo, citata da Rocco Pozzuolo sulla sua testata nell’articolo “Fic contraria agli home restaurant - Nessuna garanzia di sicurezza” del 18 agosto scorso. Mi permetto di scriverle per poter rispondere ad alcune affermazioni contenute nel pezzo che non corrispondono alla nostra realtà.

La digitalizzazione dell’economia, come ogni rivoluzione metodologica vissuta nella storia, prevede dei mutamenti sociali, imprenditoriali e personali, adattamenti che ciascuno, professionalmente e personalmente deve compiere per continuare a guardare avanti. Ancora di più, quando il fenomeno avviene sotto la spinta di un periodo di difficoltà economica, l’uomo cerca e si ingegna per trovare nuove forme di reddito, giustamente normate e trasparenti, ma che non devono necessariamente restare nelle gabbie dell’immobilismo confuso da tradizione e mancanza di coraggio.

In questo contesto Gnammo, come BlaBlaCar o AirBnb per citarne alcune, offre l’opportunità a molti di crearsi un reddito secondario che sia di supporto o che aiuti per le spese del quotidiano, reddito che potrebbe anche diventare importante ed aprire nuove strade anche professionali.

Abbiamo scelto di offrire a tutti gli utenti che si mettono in gioco nella nostra piattaforma una assicurazione, non facoltativa come per i ristoranti, ma obbligatoria proprio per lavorare nella direzione della sicurezza degli utenti, siano essi cuochi o Gnammers. L’obiettivo non è quindi il tutelarsi da presunti problemi, anche perché l’esperienza maturata in questi anni ci direbbe il contrario, dal momento che le 25mila persone che hanno riempito le tavole del social eating sono risultate sempre soddisfatte. L’assicurazione copre infatti l’intero svolgimento dell’evento, dall’arrivo degli ospiti nella casa privata, quindi l’inciampo sul tappeto, fino alla somministrazione vera e propria.

La polizza tuttavia non toglie che Gnammo ha sempre sostenuto la necessità che chi si mette ai fornelli abbia una adeguata formazione. Fin dalle audizioni a cui ho partecipato personalmente in commissione Attività produttive della Camera dei Deputati, abbiamo sempre sostenuto la necessità che i cuochi ricevessero una formazione sui protocolli di sicurezza Haccp, declinate all’ambiente domestico: inutile spiegare alla signora Maria come si gestisce la cella frigo, che non avrà mai, meglio insegnarle come mantenere al meglio, ad esempio, la propria lavastoviglie o dispensa. In questo Gnammo si era anche proposto di fornire la formazione ai cuochi, purché le regole fossero nazionali e non regionali. È opportuno inoltre rilevare che la quasi totalità dei cuochi più assidui sulla piattaforma ha già autonomamente provveduto a tale formazione, segno di quanto la community sia attenta alla sicurezza degli ospiti.

Quanto alla - ormai noiosa - questione del “nero”, ancora una volta, mi chiedo come si possa immaginare che una piattaforma che opera esclusivamente online, con transazioni interamente tracciate, senza contanti, possa permettere ai cuochi di operare nell’illegalità. Al contrario invece siamo sempre stati portatori di trasparenza ed onestà, e la scelta stessa di far transitare l’intero pagamento tramite Gnammo, e non solo un “acconto”, è significativa della nostra volontà. Mi rivolgo a tutti i “furbetti del contante” affinché scelgano una piattaforma che opera nella completa legalità, anche in vista delle nuove normative europee che saranno in vigore da gennaio 2018, perché credo che pagare una piccola fee non valga il rischio di operare nell’illegalità, gettando cattiva luce su tutto il settore, al solo scopo di evadere quanto giustamente dovuto al fisco. Mi dispiace quindi che il lavoro serio portato avanti da tutto il team sia additato a “mina vagante” e strumento per aggirare le normative. Così come la lungimiranza e lo spirito innovativo di Reale Mutua, invece che apprezzati, siano strumentalizzati e distorti.

Quello che abbiamo costruito non è concorrenza, ma complementarietà: l’home restaurant, nella sua declinazione di social eating, dove il cuoco propone cene, o special dinner, la versione di Gnammo on demand dedicata ai turisti stranieri, sono esperienze uniche impossibili da ricreare in un ristorante, così come è impossibile che in una casa privata si possa vivere il servizio che solo un ristoratore serio e professionale possono dare. Si tratta di due modi differenti di proporre il valore dell’enogastronomia italiana, servita con professionalità nella forma tradizionale e con familiarità ed accoglienza nell’home restaurant.


Di seguito la precisazione del direttore di Italia a Tavola, Alberto Lupini.

Chiamandolo in causa direttamente, lasciamo a Rocco Pozzulo di rispondere puntualmente alle osservazioni del presidente di Gnammo. Per quanto riguarda Italia a Tavola mi limito a ricordare che condividiamo in pieno la posizione della Federazione italiana cuochi soprattutto negli aspetti della garanzia che deve essere assicurata a chi di fatto “paga” per consumare del cibo.

Ci si può infatti trovare di fronte ad alimenti che, al di là di ogni buona intenzione e della conoscenza che non può essere data per scontata in tutti i privati, potrebbero essere avariati o combinati in modo da creare problemi alla salute. E non può certo essere una polizza assicurativa ad offrire quelle garanzie che la legge richiede invece a chi somministra cibo in presenza di regolari licenze.

Anzi, noi sosteniamo che non basti avere una licenza per gestire un’attività di ristorazione, tanto che chiediamo da tempo che vengano definiti per legge i parametri per cui ci si può definire “cuoco” (e in questo senso giudichiamo fuori luogo il termine usato dal presidente di Gnammo). Non solo, chiediamo che così come avviene per tutti i professionisti, anche per i cuochi sia richiesta una sorta di certificazione costante con tanto di corsi di aggiornamento da frequentare.

Riguardo alla trasparenza fiscale (che pure fa onore a Gnammo che se ne preoccupi), solo perché si fanno prenotazioni online ritengo non ci sia nemmeno da aprire un dibattito. Se consideriamo la difficoltà con cui si è svolta la questione dei b&b sul piano fiscale, credo che dagli home restaurant ci sia davvero poco da poter cavare un gettito per lo Stato. E poi, come dimenticarlo, siamo in Italia, e se uno dopo averlo conosciuto attraverso Gnammo, decide di frequentare l’home restaurant della signora Maria, chi può impedirgli di prenotare di nuovo per telefono?

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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