Passo indietro dell'Italia sulle concessioni balneari: se la scorsa settimana le Regioni hanno sperato di aggrapparsi al tentativo del Governo di salvaguardare le attuali concessioni demaniali, assicurando continuità fino al 2020 alle gestioni di stabilimenti già in essere, oggi quella speranza si allontana. L'Unione europea è intervenuta lasciando scarse possibilità di manovra: la nuova legge non potrà essere costruita per tutelare gli attuali titolari; se la concessione verrà ceduta ad altri, ai gestori oggi attivi potranno essere riconosciuti indennizzi limitati, senza eccessi nel valorizzare la professionalità ed esperienza acquisita.
Lo ha spiegato chiaramente la direttrice generale del dipartimento Crescita dell'Unione, Lowri Evans (nella foto): «È legittima l'aspettativa degli operatori di ammortizzare gli investimenti passati, ma non va confusa con il desiderio di prorogare le concessioni per ottenere guadagni futuri». La controffensiva Ue al tentativo di tutela italiano è stata così giustificata: «il sistema nel complesso dovrebbe guardare al futuro e non al passato».
Un duro colpo quello inflitto quindi dall'Unione, che va a stroncare la (già concessa) proroga automatica di tutti i rapporti fino alla fine del 2020. Le proteste, com'è facile immaginare, non si sono fatte attendere, dalla categoria, forte di 1.300 aziende in Liguria e 30mila in Italia. L'Italia, per salvarsi in corner, sferra come prima contromossa un'ulteriore norma da inserire nel decreto legge Enti locali (in discussione in questi giorni), che salvi le concessioni già in essere. Questo per evitare che la caduta della proroga al 2020 costringesse a partire immediatamente con le gare e scatenasse un putiferio.
Ieri a Roma il governo - nella persona del ministro per gli Affari regionali Enrico Costa - ha incontrato i rappresentanti delle Regioni italiane. Tra questi, l'assessore regionale al Demanio e all'urbanistica Marco Scajola (nella foto). «L'europa - ha detto l'assessore della Liguria - si ostina a non riconoscere il valore delle nostre imprese e la peculiarità del nostro territorio. Come Regioni insistiamo su quali dovranno essere le linee guida irrinunciabili della nuova legge: le imprese non sono solo esposte sul fronte degli investimenti, ma hanno un valore storico, sociale e culturale. L'Italia non può essere messa sullo stesso piano di Paesi che non hanno mai avuto una storia balneare».
Lowri Evans e Marco Scajola
Un forte appello, motivato da un'altrettanto grande preoccupazione, che deriva dalla netta presa di posizione del direttore generale Lowri Evans, che venerdì ha incontrato il sottosegretario per le Politiche europee Sandro Gozi. Di fronte a un piano che accontenti da una parte l'Europa, che tanto vuole introdurre la libera concorrenza anche nel settore balneare, dall'altra l'Italia, che non vuole stravolgere l'attuale geografia delle spiagge, la Evans non è stata entusiasta, anzi.
Per l'Ue il modello proposto dall'Italia è troppo protezionista, e incentrato sulle esigenze degli operatori già attivi (e troppo poco su quelle dei potenziali subentranti): il Belpaese deve tenere più conto dei principi generali sanciti dalla direttiva Bolkestein. Lowry Evans tornerà in Italia a settembre per discutere con il governo. Ma se Roma non cambierà rotta, è scontato lo scontro.