Il posticipo del Vinitaly, dal 14 al 17 giugno, sta mettendo a dura prova il sistema nervoso del nostro mondo enologico, già sotto pressione per la chiusura dei pubblici esercizi. Mentre il lavoro in vigna non si ferma, per molti si dovrebbe dare uno stop anche alla 54ª edizione del Salone dei vini e distillati.
Ferma la posizione della Fivi- Federazione italiana vignaioli indipendenti. «Ci siamo confrontati internamente sulla questione di un Vinitaly a giugno – dichiara Matilde Poggi, presidente Fivi -La maggioranza dei 220 vignaioli che avevano già dato adesione alla fiera si è detta ora faborevole a uno slittamento al 2021». Tra le motivazione addotte nel corso del confronto con VeronaFiere, la situazione di emergenza che vede in prima linea l’Italia, ma che sta coinvolgendo in modo esponenziale gli altri Paesi europei e il resto del mondo, e la reale difficoltà delle cantine a conduzione famigliare a essere presenti a Verona per la metà di giugno, quando il lavoro in vigna è intenso.
Sulla stessa posizione anche la ben più "pesante" Federvini, che ha esortato «a ripensare l’evento in una modalità diversa, compatibile con il mutato scenario globale». Di fondo il problema dei costi che dovrebbero sostenere le aziende per essere presenti a Verona con la certezza della totale assenza dei buyer esteri. Quali opportunità?, ci si chiede da più parti.
Di traverso anche il Consorzio vini Alto Adige. «Ne abbiamo parlato in comitato direttivo e la nostra linea è che non ci sembra il caso di partecipare - spiega il vicepresidente Martin Foradori Hofstatter – A giugno avremo altri problemi e la nostra clientela del canale Horeca avrà altre priorità che venire in fiera. Lo stesso varrà per gli operatori esteri».
Martin Foradori Hofstatter
Una deriva in essere da quando è stata presa la decisione di rendere operativo lo spostamento della fiera da aprile a giugno. Un movimento dall’andamento carsico che Italia a Tavola ha intercettato nei giorni scorsi sentendo il parere in merito dei vertici di alcuni Consorzi.
«Sto sentendo i produttori - ha dichiarato Carlo Veronese, direttore del Consorzio di Tutela dell’Oltrepò Pavese - e molti non sono per niente convinti di venire a Vinitaly perché i giochi per il 2020 a quel punto saranno ormai fatti. Il problema è capire chi potrebbe esserci, con gli asiatici che sono tra i più colpiti e i nordamericani - per noi importanti - che non sappiamo in che condizioni saranno: fare una cosa tra di noi non avrebbe senso. C’è una questione anche di costi, perché Vinitaly è investimento con un po’ di ritorno; uno stand anche piccolo costa migliaia di euro e poi bisogna alloggiare negli alberghi e mangiare fuori. È sicuramente una manifestazione che funziona, ma se dietro c’è un ritorno di immagine. L’idea di investire tanto per una cosa che non sappiamo come possa andare è rischioso, forse varrebbe la pena saltare per quest’anno».
«Noi abbiamo compreso i motivi che hanno portato al rinvio di Vinitaly – ha precisato Ettore Nicoletto, presidente del Consorzio di Tutela del Lugana - Ne prendiamo atto considerando gli aspetti sanitari e presupponendo la timida reazione di altri Paesi che avrebbe impedito il solito afflusso commerciale alla fiera. Si parla di futuro, ma l’arresto è già avvenuto. Pensiamo però che se il mercato italiano è stato il primo a essersi fermato, sarà anche il primo a ripartire. Ce lo auguriamo perché è una fetta che non abbiamo mai dimenticato e che per noi conta il 30% delle vendite. Peccato, perché nei primi due mesi la nostra denominazione stava andando bene. Dire ora cosa succederà al mercato tra qualche mese è difficile anche perché in questo momento la tendenza è contrastante. In ogni caso vogliamo essere ottimisti e andare avanti cercando una programmazione alternativa per portare avanti la promozione dei nostri vini».
Sulla scia della presa di posizione di Fivi, Federvini e Consorzio vini Alto Adige, abbiamo voluto ampliare il campo per capire da che parte sta girando il vento.
«Manifestiamo una certa perplessità legata al rapporto costi-benefici di un’eventuale partecipazione all’edizione di Vinitaly posticipata a giugno - ha dichiarato il presidente del Consorzio tutela vini d’Abruzzo Valentino Di Campli - Abbiamo infatti ricevuto diverse sollecitazioni da parte del mondo produttivo circa la dubbia efficacia di tale manifestazione che fa proprio dell’internazionalità la sua forza, considerata l’ampia diffusione del coronavirus in tutto il mondo che non lascia presagire una soluzione a breve termine. Invitiamo quindi gli organi competenti a un’ulteriore riflessione circa la possibilità di rinviare al 2021 come del resto hanno già fatto altre organizzazioni fieristiche».
«Il Vinitaly a giugno no - dichiara Gianni Napolitano, direttore di cantina Attems - Converrebbe solo al Comune di Verona e all’Ente Fiera. Sono veramente dispiaciuto per loro, ma in giugno una manifestazione di questo livello non avrebbe senso. Il vino si vende ora. Pro Wien è slittato e anche per il Vinitaly, per conto mio, si dovrebbe passare direttamente al 2021».
Una presa di posizione netta. Se però vengono rappresentate più imprese si aprono più opzioni, come nel caso del Consorzio Vini Venezia. «Le nostre aziende – annota il direttore Stefano Quaggio – sono divise. Un parte sostiene che lo svolgimento a giugno è troppo spostato in avanti. Un momento non positivo sia per la stagione turistica in corso sia per la stesura dei contratti. Un’altra ritiene che mancando Pro Wein un Vinitaly in giugno sarebbe una buona opportunità. La vetrina è importante. Insomma, opinioni alterne. Si naviga a vista».
Più orientato all’annullamento Filippo Mobrici, presidente di Piemonte Land of Perfection, istituto che riunisce 14 Consorzi di tutela del vino della regione. «Se dobbiamo prendere una posizione sullo svolgimento del Vinitaly in giugno o nel 2021, al momento siamo più per la seconda opzione - spiega – Al momento non ci sono certezze. Giugno è ancora lontano e non è stato ancora raggiunto il picco del contagio. Mi augurio che si possa fare fra tre mesi, anche se sarà un Vinitaly “interno”, solo italiano; un Vinitaly però sacrificato. Vista la situazione, sarebbe forse meglio ornganizzarne un’edizione in pompa magna nel 2021».
Dalla Sicilia un vento di speranza. «Siamo vignaioli e non ci fermiamo – puntualizza da Licata (Ag) Carmelo Bonetta, rappresentante della famiglia che guida l’azienda vinicola Baglio del Cristo di Campobello – Mi auguro che il Vinitaly possa andare in scena in giugno: sarebbe la conferma che stiamo ritornando alla normalità. Certo, siamo consapevoli che non verrà nessuno dall’estero, ma daremo comunque al mondo un segnale forte, quello che l’Italia è in ripresa».
Da VeronaFiere, il direttore generale Giovanni Mantovani ha fatto sapere che una decisione definitiva verrà presa dopo il 3 aprile. Prowein, per parte sua, ha già rinviato al 2021.