È tempo che la politica affronti l’emergenza della mancanza di personale nei pubblici esercizi. È una crisi di sistema che va affrontata con interventi immediati sul costo del lavoro e sulla formazione. Ci sono città, da Roma a Milano, dove in molti ristoranti, anche nei pochi hotel cittadini aperti, quest’estate si è dovuto “tagliare” l’offerta e il servizio: meno piatti in menu e livello dell’accoglienza ridotto. Il perché è noto a tutti: manca il personale. E le cause sono molte.
Tante le cause della carenza di personale nelle imprese dell’accoglienza
La prima è che molti addetti se ne sono andati per paura del futuro dopo mesi di chiusure e per il clima negativo creato attorno ai pubblici esercizi, i primi a chiudere ad ogni ondata della pandemia. E non è detto che non riaccada vista la irriducibilità di tanti “no vax” che godono del sostegno politico di leader come Meloni e Salvini, o di mezzi leader come Fratoianni.
C’è poi da considerare che molti dei precari che venivano impiegati nei momenti di picchi (la stagione o il weekend), dagli studenti universitari ai disoccupati, o sono tornati a casa per il covid studiando in Dad e non devono magari pagarsi l’alloggio nelle città universitarie, o godono di trattamenti più favorevoli come il reddito di cittadinanza. E aggiungiamo che l’eliminazione dei voucher, che un tempo regolamentavano questi lavori, ha reso tutto ancora più difficile.
E poi c’è la questione delle nuove leve, gli studenti delle scuole alberghiere, che spesso non sono preparati e non sembrano interessati, o motivati, per un lavoro che all’inizio è poco remunerato e “pesante”.
Si devono trovare nuove risorse per garantire stipendi adeguati
Che fare? A questo interrogativo che si pongono tanti gestori pare non esserci purtroppo una risposta facile. E soprattutto non immediata. Per recuperare personale qualificato, che magari nel frattempo ha trovato altri impieghi, ci sarebbe una soluzione apparentemente facile: aumentare gli stipendi. Ma per aziende, per lo più a conduzione famigliare e che in questi due anni hanno dovuto raschiare il fondo del barile per sopravvivere, non è facile recuperare nuove risorse.
Serve una revisione della formazione scolastica
Né è del resto facile pensare che si possano dare motivazione e formazione a ragazzi non adeguatamente preparati dalla scuola senza periodi di stage formativi davvero efficaci e correttamente retribuiti. E questo senza parlare della necessità di un innalzamento vero del livello di studio che dovrebbe prevedere corsi di laurea ad hoc, a partire da quello dell’accoglienza che Italia a Tavola propone da anni e senza il quale la gestione delle realtà importanti del turismo italiano sarà sempre più dipendente dall’estero.
Detto dei grossi limiti che ci sono, va però ripetuta la domanda: che fare? Non è che si debba gettare la spugna perché ai danni della pandemia si sono aggiunti quelli di una scuola alberghiera che va rivista totalmente nei suoi programmi e nel reclutamento degli insegnanti.
Il personale di bar, ristoranti e alberghi non è una risorsa facilmente recuperabile sul mercato del lavoro. Fin dai primi giorni della crisi da Covid avevamo lanciato l’allarme di non disperdere un patrimonio di professionalità ed esperienze! Ma i limiti di una cassa integrazione asfittica e col contagocce e la paura del futuro hanno lasciato il segno. E la carenza della formazione scolastica dura ormai da anni ed è dovuta a programmi obsoleti, alla mancanza di attrezzature e alla falsa immagine del lavoro creata dalla tv.
Il problema è che l’intrecciarsi di queste situazioni negative ha portato all’emergenza estiva che non sembra essere stata colta fino in fondo dalle istituzioni per le conseguenze che può creare. Il danno che può derivare al nostro turismo (che dà segnali quasi insperati di ripresa, in linea col resto dell’economia) è forse incalcolabile.
Se quest’estate si è cercato di “tamponare” con gli studenti delle scuole alberghiere, quando questi torneranno a studiare (o troveranno altri impieghi, se diplomati) il problema si ripresenterà immutato. Anzi, peggiorato dal fatto che nel frattempo sono nati nuovi locali, come abbiamo segnalato nei giorni scorsi, che hanno innescato anche una competizione per strappare ai concorrenti camerieri, cuochi o baristi.
Il tutto mentre, come detto, l’Italia sta ripartendo e, Covid permettendo, un po’ tutte le imprese hanno ripreso a lavorare e anche per i pubblici esercizi dovrebbe finire la crisi da astinenza di clienti nei centri storici dovuta alla doppia assenza degli impiegati (a casa in smart-working) e dei turisti.
Ora tocca al governo trovare delle soluzioni
Già, ma se il personale non si trova come si fa? Qui tocca oggi più che mai alla politica dare una risposta, dopo troppi mesi di smarrimento. A partire dal ministro del Turismo che in questi mesi è sembrato spesso volare sopra le nuvole senza affrontare tematiche spinose come l’obbligo della vaccinazione per tutti i dipendenti di bar e ristoranti (indispensabile per la sicurezza di lavoratori e clienti) o, appunto, la mancanza di personale.
Il Governo e le Regioni devono chiarire se vogliono sul serio rafforzare il turismo e quindi mettere le aziende del comparto nella condizione di affrontare una sfida internazionale. E in questa logica uno dei primi temi è quello di una drastica riduzione del costo del lavoro per il mondo dell’Horeca, così da poter trasferire più reddito ai lavoratori e farli rientrare in campo (anche più motivati). Vanno reintrodotti i voucher per favorire il lavoro saltuario di studenti, disoccupati e pensionati. E un po’ di risorse potrebbero essere recuperate da strumenti gestiti male come il reddito di cittadinanza.
E contestualmente serve una riforma radicale delle scuole alberghiere e di tutto il percorso di studio e formazione specializzata per le diverse professioni (facendole diventare dei licei e non le scuole di chi non vuole studiare...), fino all’Università, prevedendo periodi di stage autentici (pagati dalle istituzioni) per permettere ai giovani di fare pratica senza essere sfruttati e senza gravare sui conti di chi deve trasferire loro cultura, manualità e pratica. E per questo è fondamentale un’alleanza vera fra Stato, bar, ristoranti e alberghi per garantire un futuro certo al nostro turismo.
La questione di fondo è che, per avere più forza, il turismo ha bisogno di personale qualificato e preparato (e non di chi ci lavora magari solo per “ripiego”). Ovviamente servono professionisti motivati, pagati il giusto e in grado di contribuire alla crescita e al successo dell’azienda in cui lavorano, dall’hotel a 5 stelle al bar di quartiere.